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Elleniche e barbare: il caso di Medea

Passività e privazione di diritti, i punti salienti di un progetto politico che esclude la donna

Prima di entrare nello specifico, passando in rassegna gli argomenti centrali del seguente paragrafo, è bene capire in modo definitivo quali siano stati i diritti umani in Grecia, almeno quelli oggetto di discussione da parte della critica più fervente. Si inquadrano, questi ultimi dal punto di vista giuridico, osservandoli più da vicino, considerati come principi fondamentali che fanno capo alla natura umana, ovviamente tutelati in base a codici ben definiti. Il panorama politico della Grecia di un tempo contemplava, ad esempio, l’esistenza di una condizione che può dirsi legittimata riguardo all’esposizione dei figli indesiderati, frutto dell’unione coniugale. In buona parte della Grecia vigeva la schiavitù che politicamente e giuridicamente attribuiva agli uomini collocati più in basso nella società la condizione di schiavo, una condizione che trovava un pieno punto di approdo per i suddetti, nei semplici e modesti abitanti di una singola parte del territorio, oppure attraverso il reclutamento degli stessi in guerra. In questo modo, gli schiavi non godevano di alcuno diritto sia politico, sia civile. Vigeva (questo è il vademecum più interessante che di fatto fa scaturire un certo grado di subordinazione tra l’uomo e la donna), un certo tipo di riconoscimento dei diritti che all’occasione vennero sanciti dalla “giurisprudenza” in base al sesso. Così, la figura femminile sebbene avesse un ruolo di fondamentale importanza all’interno di un legame coniugale di un dato valore con l’uomo, non godeva di alcun diritto di partecipazione alla vita politica della città. Tutti i cittadini, a causa di errati comportamenti e/o modi di pensare ed agire diversi rispetto a quanto contemplato dal disegno politico del territorio, potevano essere esiliati con durata decennale, e quindi condannati all’allontanamento forzato dal proprio luogo di origine per molti anni. Un importante quesito, inoltre, nasceva in fatto di cittadinanza; per quanto riguarda Atene, ad esempio, soltanto i figli nati dal matrimonio tra ambedue genitori autoctoni potevano partecipare attivamente alla vita politica, prima come cittadini, dopo come uomini liberi e individui adulti. Tracciate le opportune linee parallele, che sono di particolare rilevanza per tutto quanto concerne l’ordinamento di leggi vigente nella Grecia antica, è bene specificare ancora una volta che la donna, in quanto massima rappresentazione del matrimonio, è in tempi più antichi relegata ai margini di un progetto sociale e politico che la escludeva totalmente. Solo dal punto di vista giuridico, almeno per un determinato periodo di tempo, essa era considerata libera, pur non potendo godere di buona parte dei diritti politici invece concessi al sesso opposto. Come più volte chiarito finora, la loro quotidianità passava attraverso il semplice e subordinato svolgimento delle faccende domestiche, che trovava uno suo punto di riferimento diretto nel “triste” gineceo. Proprio in questo luogo, ovvero nella sua dimora, la donna svolgeva le varie funzioni di casa, quali ad esempio il filare la lana, il tessere la tela, il semplice fatto di gestire il lavoro degli schiavi, accompagnato dall’imperterrito, puntuale e preciso esercizio di crescita esercitato sui propri figli. Persino le uscite, quelle intese come semplice svago, erano rare e considerate desuete per la donna, che d’altro canto vedeva come unica e sola occasione di evasione dalle quattro mura domestiche l’arrivo delle celebrazioni o delle festività religiose che nella Grecia dell’avanti Cristo ricoprivano un’importanza tale da coinvolgere uomini e donne di ogni estrazione sociale, fascia d’età, hobby, interessi, passioni, compiti.

In qualche modo, la donna assurgeva pienamente al ruolo di garante nella salvaguardia della validità e della continuazione del matrimonio, prima inteso come unione familiare, poi considerato nel senso più generico del termine, quale massima espressione del senso di comunità. Per quanto concerne il patrimonio economico in forza ad una singola famiglia, invece, si sottolinea come la piena e diretta gestione dello stesso fosse nelle mani del capo famiglia, ovvero dell’uomo. Così come accade oggi, anche per l’antica Grecia il matrimonio era prima di tutto un contratto tra le parti, dove i contraenti sapevano per tempo ed in ogni modo quale fosse il ruolo da svolgere e ben conoscevano le dinamiche che trovavano riscontro nella totale gestione della politica dei territori, più vasti, meno vasti. Le donne erano addirittura considerate da chi deteneva il potere come dei beni da poter cedere a terzi, dove soltanto l’uomo in qualità di figura maschile poteva esercitare il diritto di divorzio e decidere, in qualsiasi momento, di rescindere il contratto stipulato con la donna per opportune ragioni. Anche in questo caso, per meglio definire l’aspetto puramente sociale della donna di altri tempi ci viene incontro l’importanza del mito, soprattutto di quella che ha trovato, trova e continua ad intercettare la sua massima espressione nella letteratura. La più clamorosa interpretazione del mito, ove ci si riferisce alla creazione della prima donna in assoluto prende il nome di Pandora, con Esiodo, figura eloquente e rappresentativa in fatto di raffigurazione della donna nell’antichità. Al poeta greco originario della Cuma Eolica vanno attribuiti i maggiori meriti per aver lasciato intendere all’altrui opinione l’esatta dimensione dell’altro sesso inteso come portatore di ogni sorta di male che affliggeva il mondo. Leggermente differente era la condizione della femmina di Sparta, dove la stragrande maggioranza delle donne venivano considerate dall’uomo e da chi esercitava i diritti politici come portatrici di fertilità, intesa nel pieno senso della sua concezione. A differenza di quanto accadeva ad Atene, le donne venivano accudite così come succedeva per l’uomo, dove almeno fino alla giovane età di ogni singola fanciulla sembravano non esserci particolari differenze. Fonti certe che hanno negli anni dimostrato di avere fondamenta ben distinte, ci raccontano inoltre come le donne a Sparta fossero delle vere proprie capo-famiglia, dove il semplice fatto di potersi sostituire all’uomo era per loro motivo di grande orgoglio personale. In questo modo venivano a prefigurarsi, soprattutto nei periodi di assenza dell’uomo dal contesto familiare a causa di battaglie, scontri e guerre contro i nemici, autentiche ed innovative forme di matriarcato. A differenza di quanto accadeva in altre Polis, la donna di Sparta era per certi versi più privilegiata. Così, le donne spartane potevano diventare veri e propri punti di riferimento del governo, dove la maggior parte dei compiti a loro assegnata in altri contesti come la tessitura, l’esecuzione delle faccende domestiche, i lavori di pulizia del contesto abitativo erano interamente attribuiti ai cittadini che vivevano in una totale condizione di schiavitù. Gli iloti rappresentano un valido ed esaustivo esempio di quanto appena affermato. Troviamo anche nella letteratura l’esistenza di figure femminili che se da un lato ricalcano quella condizione di subalternità e sottomissione forzata rispetto all’uomo, dall’altro lasciano intravedere uno spiraglio diverso. Questo è sicuramente il caso di Cinisca, la prima donna della storia diventata vincitrice di una competizione consumatasi nei giochi olimpici del 396 a.C.. Eurileonide, una giovane donna spartana di cui non si hanno fonti complete riguardo alla sua vita da fanciulla e giovane madre, si aggregò, ad esempio, a Cinisca, nella vittoria di una competizione delle famose Olimpiade, occupando la seconda posizione tra i meritevoli atleti degni di un titolo di riconoscimento. In altre parole, sebbene si respirasse nella Grecia antica un certo clima di tensione per tutto ciò che riguarda il modo e le possibilità in favore della donna in senso stretto, si è sicuri del fatto che in alcuni territori dell’entroterra, vi era qualche spiraglio aperto che garantiva fiducia, lasciando prefigurare quantomeno, per la donna più diligente, un’esistenza ed un orientamento diversi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Elleniche e barbare: il caso di Medea

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Informazioni tesi

  Autore: Brunella Orlando
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2022-23
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Linguistica moderna
  Corso: Linguistica
  Relatore: Marcello Rosario Caliman
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 98

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