Green microfinance: microcredito come investimento per iniziative sostenibili
Origini del microcredito e successo della Grameen Bank.
Come anticipato all’inizio del presente capitolo, parlare di microcredito impone di tratteggiare la storia dell’istituzione che a livello internazionale viene associata al termine microcredito: Grameen Bank.
Per spiegare gli impressionanti risultati raggiunti da questa, come da altre istituzioni che si occupano di microcredito è però opportuno fare un breve excursus storico, partendo dalla nascita del credito per arrivare poi all’odierna idea di microcredito.
Le origini del credito si possono collocare in Babilonia intorno al 3400 a.C., quando i sacerdoti del Tempio di Uruk fecero fruttare le offerte raccolte concedendo dei prestiti in natura la cui contabilità era tenuta con l’aiuto dei pittogrammi. Da lì in poi il sistema del credito si evolve costantemente fino ad arrivare al Medioevo, che da nuova linfa al sistema del credito. Tra il XIII e il XIV secolo, infatti, quando l’Italia e tutta l’area Mediterranea divennero il centro della vita economica e culturale dell’Europa, che vede proprio in questi anni nascere le prime figure di mercante-banchiere.
All’interno di questa categoria sono compresi i grandi mercanti-banchieri lombardi, che acquistavano e vendevano merci in tutta Europa e i prestatori, cioè banchieri il cui raggio d’azione era circoscritto all’ambito cittadino e i cui clienti appartenevano alle categorie sociali di più basso livello rispetto ai clienti dei mercanti-banchieri.
La figura del mercante-banchiere, orientata al profitto e alla speculazione, subì però la condanna della Chiesa, che propose l’istituzione nel 1462 i Monti di Pietà a Perugia. Si trattava di istituti bancari fondati dall’ordine francescano che avevano come principio fondamentale quello per cui l’elemosina del buon cristiano non era uno strumento sufficiente a sostenere le classi sociali meno agiate, né tanto meno poteva innescare un meccanismo di inclusione economica. I Francescani, dunque, erano stati i primi a percepire, ben prima della rivoluzione del microcredito, che anche i poveri, garantendo determinate condizioni di accesso al credito, sono in grado di generare ricchezza autonomamente. Con i Monti di Pietà si concedevano prestiti di piccole entità in cui al centro dell’operazione di anticipazione c’era un pegno il cui valore doveva superare almeno di un terzo la somma del prestito. Se alla scadenza pattuita il prestito non fosse stato ancora rimborsato, l’oggetto in pegno veniva venduto in aste periodiche. Nel caso in cui il valore dell’oggetto venduto superasse il prestito, la somma eccedente veniva rimborsata al debitore. Questo tipo di prestito era generalmente di breve durata, dai sei ai dodici mesi, lasciando comunque al debitore la possibilità di liberarsi dal prestito anche prima della scadenza.
Nei Monti di Pietà i tassi d’interesse applicati al prestito variavano dal 4% al 12% annuale e rappresentavano una fonte di copertura dei costi legati ai servizi offerti.
I principali clienti dei Monti di Pietà erano le fasce più svantaggiate della popolazione, solitamente artigiani e contadini. In ogni caso, coloro che chiedevano un prestito dovevano giurare di essere realmente bisognosi e che i loro scopi fossero leciti e onesti. Erano, invece, esclusi dall’accesso al credito coloro che non appartenevano alla comunità cittadina.
Tra il XVII e il XVIII secolo si cercò, però, di ostacolare l’operato dei Monti di Pietà, così che vennero divisi in due soggetti istituzionali differenti: uno perseguiva le finalità iniziali (prestito su pegno) mentre l’altro praticava prestiti a interesse, come un tradizionale istituto bancario dei giorni nostri.
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Beatrice Brugia |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Macerata |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia bancaria |
Relatore: | Alessandro Giovanni Grasso |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 90 |
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