Quando il fare è un dire. La performance artistica nel mondo delle cose.

L’unione di musica e parole, di musica e immagini o qualsiasi altra forma d’arte è di per sé una forma di linguaggio e in base alle analisi finora affrontate si può configurare essenzialmente come un modo di agire: punto di partenza nello studio di questo linguaggio sono gli atti che si compiono nel momento in cui viene “parlato”. Prendendo spunto dall’analisi che Austin fa degli atti linguistici, che possono essere felici o infelici, anche la performance artistica presenta queste caratteristiche, in quanto enunciato performativo il cui proferimento costituisce l'esecuzione diretta di un'azione. La molteplicità di sensi di cui l’azione artistica, come quella linguistica, è dotata fa si che il dire sia un fare, per cui il “parlare” (artisticamente o linguisticamente) è compiere una serie di atti linguistici che possono essere locutori, illocutori e perlocutori. Anche quello artistico è un linguaggio che vede partecipi allo stesso modo i soggetti dell'interazione, parlante e ricevente e nella performance artistica l’idea di Grice di una produzione intenzionale da parte del parlante-emittente di credenze o azioni su un destinatario-ricevente si traduce nella capacità del “performer” di creare movimenti e nuovi modi di pensare alla realtà circostante. Applicando, pertanto, quanto finora esaminato per il linguaggio, è possibile analizzare tutta una serie di esperienze artistiche e dei loro esiti illocutori e perlocutori, della loro felicità o infelicità e delle credenze che, da quel momento in poi, si sono insinuate nell’immaginario del pubblico-ricevente.