Linguaggio e Genere: analisi linguistica del genere femminile
Nascita del genere femminile nelle lingue indoeuropee
Lingue apparentemente molto diverse tra loro come l’hindi, l’inglese, l’olandese, il persiano, il russo e l’italiano fanno tutte parte della famiglia linguistica indoeuropea. Attraverso la linguistica storica e l’analisi di tutte queste lingue si sono ricostruite, dall’Ottocento a oggi, differenti visioni dell’ipotetica lingua d’origine chiamata proto-indoeuropeo24. Trattandosi appunto di ricostruzione e non avendo attestazioni scritte, analizzare l’origine dei vari generi è molto complesso, e anche in questo caso non si tratta di osservazioni dirette, ma di ricostruzioni.
Analizzando la morfologia delle diverse lingue, in particolare soffermandoci sul fatto che i nomi femminili sono spesso caratterizzati da un suffisso, a differenza del maschile e del neutro, appare chiaro che il genere femminile morfologicamente marcato si sia sviluppato in una fase successiva.
Ai tempi di Brugmann tutte le lingue indoeuropee conosciute attestavano la presenza del genere femminile. Il problema si pose quando nel XX secolo venne decifrato l’ittita, il quale presentava un sistema a due generi, ma non includeva il femminile. Gli studiosi si divisero in due correnti di pensiero; la prima affermava che la mancanza del femminile fosse dovuta alla scomparsa del suddetto genere in una fase precedente, mentre la seconda sosteneva che tale categoria si fosse sviluppata in una fase successiva, in particolare dopo la scissione del ramo anatolico, di cui faceva parte l’ittita, dalle lingue indoeuropee (Luraghi 2011: 438).
La maggior parte delle lingue indoeuropee antiche attestano un sistema a tre generi. Si sostiene che questi derivino da un precedente sistema a due generi fondato sull’animatezza, ai quali si aggiunse poi un terzo, che in un momento successivo diventerà l’attuale femminile e che porterà alla formazione del sistema a tre generi ancora presente in alcune lingue, come il tedesco.
Il sistema precedente basato sull’animatezza è evidente, ad esempio, dalla morfologia di alcuni nomi di parentela, come pater, mater e daughter, i quali terminando in -ter mostrano come la distinzione non fosse morfologicamente marcata, bensì lessicale.
In seguito, secondo Brugmann, si aggiunse un suffisso che ricostruì come -* ā e che attualmente è identificato con -*h2 (Ivi 437).
Inizialmente, questa desinenza designava sostantivi astratti, successivamente divenne il suffisso di nomi collettivi e solo in una terza fase si giunse a quello che oggi è il genere femminile. La teoria più diffusa sulla nascita del femminile fa riferimento alla creazione di un pronome dimostrativo con il suffisso -*h2, che sarebbe poi servito da pronome anaforico per i nomi che contenevano lo stesso suffisso e in seguito, il suffisso sarebbe stato riconosciuto come marca di accordo del femminile ed esteso agli aggettivi.
A livello semantico ci fu un passaggio da un sistema a due generi (animato/inanimato) ad un sistema a tre generi, cioè animato, semi-animato e inanimato, i quali diventeranno maschile, femminile e neutro.
La connessione tra genere animato e animatezza è evidente dal fatto che i sostantivi che denotano esseri umani appartenenti ai generi maschile e femminile (sistemi a tre generi) appartenevano in precedenza al genere animato (sistemi a due generi) (Luraghi 2011: 440). Ne consegue che l’uso del maschile come genere non marcato non sarebbe originato da una classificazione androcentrica della lingua, ma rappresenterebbe l’evoluzione di un precedente sistema basato sull’animatezza.
[24] A partire dall’Ottocento, i linguisti si soffermarono sull’idea di scoprire i legami di parentela tra le lingue del mondo, ricostruire la loro evoluzione e risalire alla lingua originaria. In particolare, William Jones si rese conto di una parentela esistente tra il sanscrito (lingua del ramo indo-iranico più antica del greco e del latino e conosciuta in Europa solo nel XIX secolo) ed alcune lingue europee. I primi linguisti, infatti, finirono per considerare il sanscrito la lingua madre di tutte le altre. In seguito, però, attraverso l’applicazione del metodo comparatistico, si superò quest’idea e si tentò di ricostruire una lingua ancora più antica di cui non si aveva alcuna attestazione scritta. Questa lingua prese il nome di ‘proto-indoeuropeo’.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Linguaggio e Genere: analisi linguistica del genere femminile
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Informazioni tesi
Autore: | Jois Marzia Salemi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Mediazione Linguistica e Culturale |
Corso: | Scienze della mediazione linguistica |
Relatore: | Massimo Vai |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 74 |
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