Il Canto corale come ambiente di apprendimento: benefici terapeutici ed educativi
Musica e canto corale: i nostri linguaggi universali
Il canto corale, grazie al suo lungo iter storico (par. 2 Capitolo 2), ha raggiunto la massima diffusione nel mondo, con la nascita di numerose rassegne internazionali che impegnano annualmente migliaia di gruppi corali provenienti da diverse parti del globo e portatori di una diversa cultura. La musica è un linguaggio universale, in grado di unire popoli e culture e contrastare forme di violenza ed etnocentrismo. Cantare insieme rende possibile e concreta una lotta all’attuale modus vivendi dell’Homo homini lupus. Il giornalista Enrico de Angelis sulla rivista Azione Nonviolenta, fondata da Aldo Capitini nel 1968, racconta diverse esperienze musicali e corali che caratterizzano alcuni paesi del mondo:
• In un’aula scolastica a Istanbul, in Turchia, studenti turchi e studenti siriani, fuggiti dalla guerra civile, e studenti tedeschi si ritrovano per eseguire una canzone popolare che si suona in Turchia, in Siria, in Iraq, in Iran (De Angelis, Azione Nonviolenta, 2019, pag. 4). Questo momento di canto d’insieme diviene simbolo di unione fra culture diverse, ma anche fra paesi in guerra fra loro.
• Un’artista israeliano, David Broza, originario di Tel Aviv, ha pubblicato un album dal titolo East Jerusalem/West Jerusalem, volendo celebrare la città come luogo d’incontro tra culture diverse unite da un’umanità comune (De Angelis, Azione Nonviolenta, 2019, pag. 5). Egli, inoltre, crede molto nel tesoro prezioso insito nell’Educazione musicale, per questo insegna musica ai bambini nel campo di Shuafat, in quanto è su di loro che ripone le speranze maggiori: “E’ una questione di istruzione, un intervento precoce può evitare conseguenze disastrose” (De Angelis, Azione Nonviolenta, 2019, pag. 5).
• In Sudafrica, invece, grazie alla fine dell’apartheid, dal 2005 l’Università di Johannesburg ha cominciato ad accettare un numero sempre maggiore di neri, finché il coro dell’Università ha ribaltato i suoi equilibri, ed oggi il 90% dei membri corali sono persone di colore. Nel frattempo, il repertorio di musica africana, che prima era patrimonio esclusivo del coro dei neri, ha potuto fondersi con quello del coro occidentale. Oggi, ascoltando un loro disco, non si può distinguere chi è bianco e chi è nero. La musica serve anche a questo (De Angelis, Azione Nonviolenta, 2019, pag. 6), a debellare forme di discriminazione e razzismo infondate. La coralità fra popoli può rendere concreto un modus vivendi profondamente carico di umanità: un cosmopolitismo con una conseguente filantropia.
• In Ruanda, precisamente a Kigali, la musica è arrivata anche nelle carceri: i detenuti, grazie alla musica d’insieme, hanno confessato le atrocità commesse durante il genocidio dei Tutsi, da parte degli Hutu, nel 1994, e hanno chiesto perdono.
La musica è diventata parte di un processo di riconciliazione e unità (De Angelis, Azione Nonviolenta, 2019, pag. 9).
Gli strumenti musicali e le voci corali del pianeta sono vere e proprie antitesi alle armi. L’impossibile, per mezzo della musica, diventa possibile. Il mondo ha sete di musica e di coralità. L’educazione musicale diventa la via per costruire un “girotondo intorno al mondo”, come aveva ipotizzato il poeta e cantautore italiano Sergio Endrigo.
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Il Canto corale come ambiente di apprendimento: benefici terapeutici ed educativi
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Informazioni tesi
Autore: | Giuditta Cassano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Elvira Brattico |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 146 |
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