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La mia Somalia

Mogadiscio capitale della Grande Somalia

Coloro che fondarono Mogadiscio, secondo la tradizione, furono gli shirazi che provenivano dal Golfo Persico173. Da questi ultimi discendono i reer xamar, cioè un gruppo etnico dalla pelle chiara che ancor oggi popola il centro storico della città. Le loro donne escono di casa costantemente coperte, col volto nascosto sotto una fitta garza di colore blu scuro174.
A differenza di altre città africane, Mogadiscio conserva ancora un centro storico costituito da due quartieri distinti: Xamar Weyne e Shangaani. Tali quartieri sono stati solo parzialmente modificati in epoca coloniale e post-coloniale.
L’epoca di espansione italiana a Mogadiscio è riconoscibile attraverso due fattori: la costruzione di un autoparco e l’abbattimento delle mura di cinta della città. Tali interventi di modifica furono realizzati a partire dal 1910.
Nel 1920 furono costruiti a nord del quartiere Xamar Weyne gli uffici governativi e la Chiesa cattedrale più grande dell’Africa orientale. Sulla base di una struttura a scacchiera, fu costruito il centro commerciale e la sede della direzione della capitale coloniale.
Nel 1929 il governatore Corni si impegnò per la redazione di un nuovo Piano regolatore che determinasse le linee di indirizzo dell’attività edilizia; dalla lettura del Piano regolatore emerge come la città fosse considerata totalmente da ridefinire: la finalità principale era quella di far fiorire una nuova città europea d’oltremare175. Per tale motivo, risultava necessario procedere all’abbattimento delle umili capanne sostituendole con nuove case collegate mediante viali alberati e con la strada principale viale Vittorio Emanuele.
L’idea fondante del progetto consisteva nello sventrare la struttura e l’identità della preesistente città coloniale per trasformarla in una tipica città europea176.
Successivamente al secondo conflitto mondiale, i britannici smantellarono la linea ferroviaria, evento che diede il via libera all’espansione incontrollata nella città; fu istituita una via principale capace di collegare la città all’aeroporto che restò a lungo, precisamente fino al 1970-1971, l’unica strada di collegamento fra i villaggi e i quartieri urbani177.
L’esito del secondo conflitto mondiale indusse l’Italia a rinunciare – in maniera espressa nel Trattato di pace – ai suoi possedimenti coloniali in Africa. Il destino di tali colonie fu determinato in via generale dagli equilibri che si delinearono a livello politico generale. Sulle ex colonie italiane si pronunciarono prima le quattro potenze vincitrici e poi, una volta appurata la sussistenza di divergenze insanabili, decisero le Nazioni Unite. Nel dibattito e nelle decisioni finali ebbero un’influenza significativa le motivazioni derivanti dai rapporti fra gli Stati occidentali, dal clima nascente della Guerra Fredda, e dal ruolo che si pensava i Paesi Arabi potessero svolgere.

L’Italia partecipò con una diplomazia ancora in fase di formazione, non possedeva una posizione internazionale di rilievo, aveva compiuto scelte culturali che la rendevano una nazione alquanto ambigua, e vigeva un grado di interessamento dei partiti e dell’opinione pubblica esiguo.
Nel gennaio del 1948, quando ancora non si conosceva cosa avrebbero deliberato la quattro grandi potenze, gravi incidenti scoppiarono in Somalia che determinarono molte vittime fra la popolazione italiana ivi residente178.
Sulle cause che avrebbero determinato lo scoppio di tali incidenti si sviluppò una polemica molto importante e negativa. Tali incidenti irrigidirono le relazioni tra Italia e Gran Bretagna: quest’ultima era responsabile della gestione amministrativa della Somalia, ma in un’ottica più generale i fatti di Mogadiscio determinarono un cambiamento nella scena politica costringendo tutte le parti a considerare l’applicazione di una nuova linea di condotta.
La Somalia, ex-italiana, si trovava, come poc’anzi già esplicitato, sotto l’occupazione delle forze armate britanniche. Nelle prime fasi della guerra, l’esercito italiano, partendo dall’Etiopia, riuscì ad occupare il Somaliland britannico, ma tale successo non fu duraturo. La controffensiva britannica si impose qualche settimana più tardi; fra febbraio e marzo del 1941 vi fu la caduta di Mogadiscio179.
La Somalia ex-italiana rimase distinta dal Somaliland. L’amministrazione britannica assunse la forma di un’amministrazione militare, la quale si prolungò anche successivamente al termine della guerra in attesa che fosse adottata una decisione finale: la responsabilità dei territori dell’Italia fu affidata al War Office, non solo perché il Colonial Office non si reputava idoneo allo svolgimento di tale compito, ma anche per non lasciare intendere di voler procedere all’incorporamento di quei territori nell’Impero.
La rinuncia imposta dal Trattato di pace all’Italia non implicava di fatto l’abbandono di tutte le colonie. Intanto, l’Italia si era impegnata con tutte le sue energie affinché le venisse riconosciuta una proroga, in modo tale da succedere a se stessa per mezzo dell’istituto dell’amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite. Considerando la Somalia, l’Eritrea e la Libia, le aspettative dell’Italia si concentravano soprattutto sulla Somalia.
In merito alla Libia la situazione era più complessa poiché bisognava far i conti, da una parte, con l’espansione araba e, dall’altra, con l’ipoteca strategica della Gran Bretagna e degli Stati Uniti; l’Eritrea divenne invece oggetto di contesa fra l’Etiopia e il Sudan.
Da un punto di vista geografico e politico, la Somalia apparteneva all’Africa, la quale veniva considerata ancora non pronta per l’indipendenza e, in caso di amministrazione fiduciaria, l’Italia riteneva possedere i requisiti per poter candidarsi.
Nei primi mesi del 1948 si prevedeva a Mogadiscio la visita della Commissione quadripartita d’inchiesta deputata allo studio delle ex colonie italiane. Questa visita coincise con una fase particolarmente instabile per la vita politica della Somalia, a causa delle manifestazioni organizzate dai vari gruppi etnici e politici.
Nell’ottobre del 1947 si perpetrarono violenze nei confronti della comunità araba, la quale, proprio come quella indiana, non nutriva sentimenti di avversione nei confronti della comunità italiana.
A rendere maggiormente teso il clima fu determinante un messaggio inviato dal sottosegretario degli Esteri all’Africa Italiana, l’On. Brusasca, il quale esaltava la colonizzazione italiana, considerata la base indispensabile per la Somalia del futuro, rivendicando all’Italia, in virtù degli eventi passati, il diritto di dirigere i somali verso il progresso, la civilizzazione e l’autonomia di governo180.
Tale messaggio venne rifiutato dal giornale controllato dall’amministrazione e pubblicato sul Popolo, organo della sezione locale della Democrazia cristiana.
Successivamente, si ritenne che le parole di Brusasca, considerato uno dei maggiori sostenitori del revanscismo, incrementarono rischiosamente l’entusiasmo degli italiani e dei somali che guardavano con occhio di favore gli italiani, infastidendo, dall’altro lato, coloro che si opponevano all’Italia, i quali dedussero che l’Italia stava per riavere il controllo di quei territori grazie al consenso delle grandi potenze181.
I membri della Commissione giunsero a Mogadiscio fra il 6 e il 7 gennaio; in quei giorni, la scena nella capitale era dominata da sfilate di somali favorevoli alle pretese italiane. I promotori di tali manifestazioni erano, in particolare, i rappresentanti della comunità italiana, nonché i giornali pubblicati in lingua italiana a Mogadiscio.
In tal modo, venivano alimentati, da un lato, l’interesse di tutti coloro che avevano preso parte ai combattimenti e, dall’altro, il sentimento di quella parte della popolazione somala che si mostrava disposta a conferire nuovamente fiducia all’Italia. Non va trascurata, in tale contesto, l’opposizione suscitata dalle metodologie impiegate dalla British Military Administration (BMA) dal 1941182.
Vanno, inoltre, prese in considerazione le ostilità fra i vari schieramenti formati dalle popolazioni locali, alcune orientante a favore e altre contro l’Italia.
Un incremento delle tensioni vi fu poco prima dell’inizio dei lavori della Commissione, programmato per l’11 gennaio. Vi furono due attentati che ebbero ad oggetto un caffè frequentato da italiani e la tipografia della Missione cattolica, che furono colpiti con bombe. La responsabilità di tali eventi è ascrivibile al partito conosciuto come la Lega dei giovani somali, di cui erano ben conosciute le ostilità nei confronti dell’Italia183.
In relazione agli eventi di quel drammatico giorno, sono state avanzate diverse ricostruzioni184. Si realizzò la prima manifestazione totalmente pacifica della Lega: i manifestanti furono convogliati a Mogadiscio dalla Migiurtinia e dal Somaliland con autocarri forniti dalle autorità britanniche. L’intento era quello di contrastare l’Italia favorendo così l’indipendenza della Somalia.
Ad un certo punto il corteo della Lega si incrociò con una manifestazione a cui partecipavano pro-italiani, la quale, diversamente dal corteo della Lega non aveva ricevuto alcuna autorizzazione. Non si sa con certezza quanti fossero i dimostranti e quale fosse il preciso scopo della manifestazione, ma è certo che vi fu uno scontro fisico e fu assaltata la sede della Lega.
I manifestanti anti-italiani attaccarono ferocemente gli italiani, colpendo sia loro fisicamente, sia le loro dimore. Fra coloro che aggredirono gli italiani vi erano anche componenti della gendarmeria, i cui comandanti erano inglesi e di cui, anche in precedenza, l’amministrazione inglese si era servita per perseguire i propri interessi. La giornata si concluse con la morte di cinquantadue italiani; quarantotto furono i feriti. Fra i somali, i morti furono quattordici e quarantatré i feriti; infine, fra le forze dell’ordine si registrarono soltanto due feriti in modo tenue185.
Come già precedentemente specificato, i dati relativi agli accadimenti di tale giornata sono incerti, poiché vi sono testimonianze discordanti. Nello specifico, gli aspetti sui quali permangono i maggiori dubbi sono i seguenti:

− Chi fu l’ideatore delle suddette manifestazioni e quali erano le sue reali intenzioni;
− Quali sono le responsabilità da imputare alla comunità italiana;
− Quale fu l’atteggiamento degli ufficiali britannici prima e durante tali eventi.

La notizia degli incidenti fu diffusa con ritardo da parte della stampa britannica e ciò faceva quasi trasparire la volontà di censurare quanto avvenuto. Il Times li definì “seri incidenti coinvolgenti italiani e somali”186 e il 17 gennaio comunicò la costituzione di una commissione di inchiesta (Court of Inquiry), ribadendo l’intento che da sempre aveva caratterizzato la politica britannica, ossia la tutela dell’equilibrio fra tutte le comunità187. Il giornale ritornò su tali eventi anche in tempi successivi considerandoli come la diretta conseguenza delle preesistenti tensioni fra italiani e somali.
Secondo alcune agenzie internazionali, gli avvenimenti erano agitazioni neofasciste188. Le autorità inglesi giunsero a conoscenza degli incidenti grazie al capitano Peel, un ufficiale di informazioni della BMA di Asmara inviato a Mogadiscio poco prima dei suddetti eventi drammatici, il quale riferiva di un’offensiva intrapresa da elementi della Conferenza (un’organizzazione pro-italiana) contro la Lega e di una conseguente offensiva di elementi della Lega contro gli italiani189.
Il comunicato che fu emesso il 14 gennaio dal Comando militare inglese descriveva una sfilata della Lega costituita da giovani somali che era stata attaccata; lo stesso giorno erano giunti in città somali sostenitori dell’Italia armati con l’intento di disturbare la dimostrazione della Lega. Si ritiene che gli abitanti italiani abbiano sostenuto la contro- manifestazione e vi abbiano preso parte lanciando granate e sparando colpi.
La risposta della stampa italiana fu contraddistinta dalla presenza di sentimenti nazionalisti e risentimento contro la Gran Bretagna.
Successivamente, il console Renato Della Chiesa partì per Mogadiscio in qualità di osservatore; egli avrebbe fatto parte dell’inchiesta della Commissione nominata dai britannici per fare chiarezza in relazione ai suddetti eventi. Quando Della Chiesa giunse sul territorio si trovò al cospetto di una situazione abbastanza grave.
La responsabilità aleggiava soprattutto sugli ufficiali della gendarmeria e, in particolare, sul vice-capo tenente colonnello Thorne190. Si ravvisava l’assenza di quei provvedimenti di carattere riparatorio che gli italiani si aspettavano, anzi, furono arrestati alcuni dei massimi esponenti della collettività italiana fra cui Calzia che era segretario al municipio191.
Fu inviato a Mogadiscio anche il presidente generale della Croce Rossa italiana, Umberto Zanotti Bianco, il quale fu incaricato della gestione dei fondi destinati all’assistenza ai familiari delle vittime.
La Commissione quadripartita condannò i sanguinosi eventi di Mogadiscio, augurandosi che potesse essere ripristinata la libertà di espressione e negò di aver autorizzato la dimostrazione della Lega. Della Chiesa comunica che l’andamento delle deposizioni delle autorità inglesi davanti alla commissione d’inchiesta è da ascrivere alla propaganda italiana di tipo provocatorio e osserva, peraltro, che risulta difficoltoso provare se gli ufficiali inglesi erano rimasti inerti nel corso degli incidenti. Zanotti Bianco, dopo aver rimarcato l’assenza di responsabilità da parte del governo inglese, osserva che il maggiore A. O. Smith del CAO (Civil Affairs Office) di Mogadiscio ha gestito la Lega con finalità avverse agli italiani192.
Le accuse di Zanotti Bianco, che nelle vesti di membro della Commissione permanente della Croce Rossa internazionale aveva cercato di assumere comportamenti che denotassero uno spirito obiettivo e neutrale, indussero la stampa britannica a svolgere una riflessione autocritica, che fino a quel momento non vi era mai stata.
Queste accuse, anche se respinte in alcuni documenti britannici, furono nel complesso prese seriamente in considerazione a Londra.
Elementi di verità dovrebbero essere contenuti nel rapporto finale della commissione d’inchiesta presieduta da Flaxman, ma tale rapporto, denominato privileged document, non fu mai pubblicato ed è complicato trovare copie di esso sia fra i documenti britannici, sia fra quelli italiani193.


173 A. Arecchi, Mogadiscio e i problemi dell’urbanesimo in Somalia, in «Bollettino della Società Geografica italiana», Ser. XI, vol. I, 1984, p. 642.
174 Ibidem
175 Ivi, p. 644
176 Fonte immagine: Ivi, p. 645.
177 Ivi, p. 645.
178 G. Calchi Novati, Gli incidenti di Mogadiscio del gennaio 1948: rapporti italo-inglesi e nazionalismo somalo, in «Rivista Trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente», anno 35, 3/4, 1980, p. 328.
179 Ivi, p. 329.
180 Ivi, p. 330.
181 Ibidem.
182 Ivi, p. 331.
183 Ibidem.
184 Cfr. I. M. Lewis, The Modern History of Somaliland, Weidenfeld and Nicolson, London, 1965, pp. 125-128.
185 G. Calchi Novati, Gli incidenti di Mogadiscio del gennaio 1948: rapporti italo-inglesi e nazionalismo somalo, cit., p. 332.
186 Ibidem.
187 Ibidem.
188 Ibidem.
189 Ivi, p. 333
190 Ivi, p. 335.
191 Ibidem.
192 Ivi, p. 337.
193 Ivi, p. 338.

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Informazioni tesi

  Autore: Gaetano Piraino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Umanistiche
  Corso: Antropologia culturale ed etnologia
  Relatore: Luca Jourdan
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 166

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