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Gli effetti della politica monetaria Europea sui consumi

Modello europeo o “corridoio all’italiana”?

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il fulcro dell’azione di controllo e di indirizzo svolta dalla Banca Centrale è dato, in Italia come in altri Paesi, dalla combinazione tra tassi ufficiali e operazioni di mercato aperto. Nello schema del cosiddetto “modello europeo” (Angeloni 1994, De Felice e Esposito 1995) le autorità monetarie, fissando la misura dei tassi ufficiali di sconto e di anticipazione, determinano lo spazio di guidato attraverso le operazioni di mercato aperto. Il livello dei tassi ufficiali sintetizza l’atteggiamento attuale della politica monetaria, indicando il livello dei tassi a breve che le autorità giudicano appropriato. La posizione dei saggi delle operazioni pronti contro termine rispetto a “tetto” e “pavimento” del corridoio dei saggi ufficiali riflette l’esigenza di assorbire shock temporanei, o almeno ritenuti tali, e segnala quello che potrà essere lo sviluppo futuro nella politica della Banca Centrale. Quando il tasso delle operazioni temporanee si avvicina o tende a infrangere il limite superiore della banda, è ragionevole attendersi un aumento del costo del rifinanziamento o, al contrario, una rimodulazione dell’offerta di liquidità che attenui la pressione generata dal mercato.
Traendo spunto dall’esempio tedesco, il meccanismo del corridoio dei tassi guida è entrato nello strumentario della politica monetaria italiana insieme all’ingresso della lira nella banda stretta dello SME all’inizio del 1991. Il meccanismo del corridoio è anche il risultato dell’intervenuta mobilizzazione della riserva obbligatoria e della connessa riforma dell’anticipazione a scadenza fissa che ha conferito al tasso sulle anticipazioni un valore segnaletico assai più forte di quello esercitato in precedenza. Nel regime di cambio relativamente stabile affermatosi sino alla metà del 1992, il modello europeo si è rilevato utile nella stabilizzazione delle attese degli operatori, segnalandola capacità della banca centrale di modulare il movimento dei tassi di interesse e della liquidità in funzione della difesa del cambio. Ugualmente, in Italia come altrove, l’introduzione della banda dei tassi ufficiali a costituito un valido presupposto tecnico per rendere più agevole e trasparente il coordinamento delle politiche monetarie tra i Paesi aderenti all’Accordo europeo di cambio.
Il riferimento al meccanismo del corridoio non è venuto meno con la crisi del 1992 e con l’uscita della lira dallo SME. In regime di cambi flessibili, lo scarto tra i saggi ufficiali indica la misura in cui la banca centrale è disposta a tollerare un aumento dei tassi di mercato verosimilmente innescato da pressioni valutarie. A sua volta, la dinamica infra-banda dei tassi interbancari costituisce la risultante tra le tensioni speculative sul cambio e gli interventi di contrasto posti in essere mediante la regolazione della liquidità bancaria.
In generale, il vantaggio di fondo offerto dallo schema del corridoio risiede nella funzione segnaletica dei tassi di intervento e nella capacità che la loro variazione ha di influenzare le aspettative del mercato. Per questo motivo (CER 1995), accrescendo la trasparenza della politica monetaria, il modello della banda dei tassi conserva la sua utilità indipendentemente dall’àncora della politica monetaria, sia essa il cambio, la quantità di moneta e l’inflazione.
Sulla base di queste premesse, ci si può chiedere se e come lo schema del corridoio abbia funzionato nell’esperienza italiana del periodo successivo all’uscita della lira dallo SME. A questo riguardo, autorevoli interpreti (CER 1995) hanno lamentato un serio deterioramento nel contenuto segnaletico della banda nel corso della fase di restrizione monetaria che ha preso le mosse nell’estate del 1994. Contravvenendo al criterio di efficacia informativa – e quindi di trasparenza e visibilità – l’interazione tra manovra dei tassi ufficiali e operazioni di mercato aperto ha prodotto una situazione in cui i saggi delle operazioni pronti contro termine e i rendimenti interbancari si sono collocati per periodi non brevi su valori significativamente superiori al “tetto” costituito dal tasso sulle anticipazioni a scadenza fissa. Diversamente, nel periodo di diminuzione dei tassi che ha contraddistinto il 1993 e ancora la prima metà del ’94 le riduzioni dei saggi ufficiali sono state efficacemente segnalate da precedenti ribassi infra- marginali dei tassi pronti contro termine. Un elementare riscontro dei dati permette di accertare (v. figura 2) come, escludendo la fase della crisi valutaria (secondo semestre del 1992), il corridoio dei tassi abbia tenuto un comportamento soddisfacente nei primi quattro anni del suo funzionamento.
Nei 48 mesi compresi tra maggio 1991 e maggio 1994, divari positivi, comunque contenuti, tra valore del tasso interbancario a un mese e il saggio di anticipazione, sono stati rilevati solo quattro volte. Al contrario, nei dodici mesi terminati a maggio 1995 il saggio RIBOR è risultato per ben sette volte superiore al costo del rifinanziamento presso la Banca d’Italia. In particolare, uno scostamento cospicuo, compreso tra 50 centesimi e un punto percentuale, è stato rilevato per tre mesi di seguito tra marzo e maggio.

Secondo l’analisi di attenti osservatori (Prometeia 1995), il comportamento asimmetrico del corridoio e, soprattutto, il suo mal funzionamento nelle fasi di stretta monetaria indica l’esistenza di spazi per migliorare ancora l’efficienza allocativa e la trasparenza dello strumento rappresentato dalle anticipazioni a scadenza fissa. Nonostante le innovazioni del 1991, permangono aspetti quali l’assenza di meccanismi di riparto delle quantità assegnate tra tutti i richiedenti e, aggiungono alcuni operatori, la concessione discrezionale da parte della banca d’Italia, che limitano l’effettiva capacità delle anticipazioni di sviluppare con adeguata prontezza ed efficacia quell’azione di contrasto volta a calmierare le spinte dei tassi di mercato. Con l’attuale sistema dei pagamenti la discrezionalità nella concessione appare inevitabile. Tutto ciò trova riscontro nei risultati statistici che illustrano il peso marginale assunto dal suddetto strumento anche nei periodi di recente tensione dei tassi di mercato. Prendendo nuovamente a riferimento i dati dei 12 mesi terminanti a maggio 1995 (v. figura 2), si osserva come l’ammontare delle anticipazioni abbia mantenuto una dimensione modesta, rappresentata da un rapporto rispetto al valore dei pronti contro termine in titoli contenuto sempre entro il 30 per cento.
Le considerazioni e le evidenze addotte rafforzano la tesi favorevole all’introduzione anche in Italia di forme più trasparenti e snelle di finanziamento a tasso fisso del mercato monetario, analoghe alla tipologia di operazioni di pronti contro termine utilizzate dalla Bundesbank. Pur condividendo le ragioni di questa proposta, non va tuttavia sottaciuto il compromesso che una simile innovazione inevitabilmente comporterebbe nella direzione di una minore controllabilità della base monetaria nel breve periodo.
Vi è infine da chiedersi se la protratta permanenza dei tassi interbancari al di sopra del “tetto” rappresentato dal saggio delle anticipazioni non sia l’effetto indesiderato di una residua inefficienza nel meccanismo del corridoio, bensì costituisca invece esse stessa il risultato di una deliberata scelta delle autorità monetarie7. Il sacrificio in termini di efficacia segnaletica determinato dalla viscosità dei tassi ufficiali nel rispondere alla spinta dei rendimenti a breve potrebbe essere stato bilanciato dal vantaggio di modulare l’effetto di trasmissione della stretta monetaria al tessuto produttivo in una fase di ripresa economica la quale, per giunta, si distribuiva in maniera assolutamente ineguale tra i settori e tra le ripartizioni geografiche del Paese.

Differenziando, ancorché temporaneamente, la velocità di aumento dei saggi ufficiali è stato, ad esempio, agevolato l’effetto di attenuare la progressione di crescita dei tassi bancari attivi che, come è noto, sono particolarmente sensibili alle variazioni del TUS. Tra maggio 1994 e maggio 1995 il tasso interbancario a un mese è salito di 2,5 punti. Analogamente al TUS, il costo delle anticipazioni ha subito un rialzo pari a 2 punti percentuale.
L’aumento del saggio medio sui prestiti bancari in lire è ammontato ad appena 1,5 punti. Guardando all’evoluzione dei tassi reali, il costo del denaro prestato dalle banche – è sceso di oltre 4 punti percentuali in un anno, portando nell’intorno del 3 per cento alla fine della primavera ‘95 (v. figura 3), un livello storicamente molto basso. Ciononostante, il costo del credito è ancora oggetto di lamentele e rampogne da parte degli utilizzatori industriali.

La lettura di questi dati dà l’impressione di un uso, a dir poco, flessibile del meccanismo del corridoio dei tassi ufficiali. Una flessibilità, beninteso, di natura temporanea, volta a realizzare spazi di transitorio disaccoppiamento tra rendimenti monetari e saggi bancari in momenti di particolari tensioni valutarie, non giustificate dall’andamento dei fondamentali (Cottarelli, Ferri e Generale 1995).
Anche la manovra in aumento dei tassi non è andata esente da critiche (Spaventa 1995) con riferimento sia ai tempi sia alle motivazioni: nell’agosto 1994, il rialzo fu sgradito al Governo e non chiaro nelle motivazioni per i mercati; nel febbraio 1995 l’innalzamento apparve così precipitoso da poter indurre l’aspettativa di una stretta relazione temporale in futuro tra pubblicazione dei dati sull’inflazione e decisione di politica monetaria. Nelle prime due occasioni, le motivazioni addotte apparvero incerte con riferimento sia all’obiettivo di riferimento, cambio o inflazione, sia al tipo di risposta, preventiva o successiva (ancora Spaventa 1995).
Conclusione su questi episodi di “leggibilità” della recente politica monetaria italiana, è possibile sostenere che l’interpretazione “all’italiana” del corridoio dei tassi guida secondo il modello europeo ne compromette le virtù segnaletiche. Tuttavia, in un ‘economia <> (Ciocca 1991) qual è e rimane la nostra, non possiamo essere manichei. Anche se l’antico dibattito tra discrezionalità e regola sembra essere risolto, almeno per il momento, a favore della seconda, è ben noto che ogni regola ha le sue brave eccezioni. La politica monetaria non è un gioco a schema fisso, ripetitivo: spazio deve essere lasciato sia all’innovazione duratura sia all’adattamento caso per caso. La comunicazione deve comunque essere assicurata e mantenere coerenza e univocità; ecco perché nelle critiche in tema di innalzamento dei tassi sono più condivisibili quelle relative all’insufficiente o non chiara motivazione che quelle concernenti i tempi, poiché la Banca Centrale ha spesso informazioni di cui altri non dispone e che la spingono ad agire.
In definitiva, la prudenza e la flessibilità nell’uso degli strumenti da parte dell’autorità monetarie hanno rappresentato spesso un punto di forza e non di debolezza nell’esercitar l’arte del banchiere centrale.




[7] In riferimento all’ esperienza dei primi mesi del 1995, la Relazione Annuale osserva come "razionando la concessione di anticipazioni a scadenza fissa, la Banca ha consentito che i rendimenti a breve termine si collocassero al di sopra della fascia delimitata dai tassi ufficiali" (Banca d’Italia, p. 185).

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Pietro Maietta
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economiche
  Relatore: Massimiliano Agovino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 59

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