La dottrina del miracolo in David Hume
Miracoli e probabilità a priori
Interesse preliminare di Olin è di analizzare la tesi centrale di Hume – che nessuna testimonianza può provare un miracolo – alla luce della discussione contemporanea sulle 'decisioni razionali'. A tal fine richiama la definizione induttiva di 'prova': conclusione tratta dall'esame di una serie pregressa in cui tutti i casi sono dello stesso segno. La probabilità si distingue perciò dalla prova per essere il frutto di una serie mista, dove i casi positivi sono frammisti a quelli negativi. Ecco in nuce la teoria dell'assenso proporzionale di cui si avvalse Hume: ciò che resta alla credenza razionalmente fondata dopo aver sottratto i casi negativi da quelli positivi (per esempio, il numero delle volte in cui un evento non si è verificato dal numero delle volte in cui invece si è verificato).
Le testimonianze vanno valutate alla stregua di eventi naturali, quindi con un criterio induttivo: lo stesso nesso che là connette eventi-causa a eventi-effetti, qui è chiamato a correlare l'evento-stesso e l'evento-testimonianza. La sola alternativa epistemologica, nota Olin, sarebbe quella che supponesse una correlazione a priori tra fatti e narrazioni. Numerosi fattori incrinano la credibilità della testimonianza: contrarietà esterna, incoerenza interna, interesse del teste nella materia trattata…
Così, i fattori negativi per la credibilità vengono sottratti ai fattori corroboranti, e quel che ne resta è la residua attendibilità del teste. Nel caso degli eventi straordinari, tuttavia, il primo fattore di incredibilità proviene dall'esperienza stessa, e coincide con l'incredibilità intrinseca dell'evento testimoniato. In questo caso la credibilità intrinseca della testimonianza si ritrova automaticamente declassata, non per ragioni intrinseche e a essa peculiari, bensì in virtù del suo stesso oggetto: diremmo, per ragioni esterne e trascendenti la testimonianza medesima. Sino a quando l'incredibilità propria dell'evento non annulla del tutto l'attendibilità, o meglio la credibilità, della testimonianza. Il problema è lo stesso già ampiamente esaminato in Owen: il testimone può essere credibile e ciononostante non esserlo la sua testimonianza.
Caso estremo di natura straordinaria dell'evento è quello del miracolo, ovvero di una violazione della legge di natura. Dove legge è sinonimo di prova, cioè, come si è visto, di conclusione tratta da una serie perfettamente omogenea, ampiamente consolidata e mai contraddetta di osservazioni univoche. Ciò che è in favore della legge è eo ipso contro la sua eccezione; ma tutto è in favore della legge; ergo, tutto è contro la sua eccezione. Si può anche concepire, osserva Olin, una prova testimoniale piena, ossia un teste ideale e perfettamente credibile: ma avrà sempre contro di sé la legge di natura quale prova altrettanto piena e credibile: ciò che dà luogo alla situazione di stallo isostenico già esaminata in Hume e in alcuni dei suoi commentatori.
Tuttavia, non si dà mai un teste sovrannaturale: dato che, come dice Hume, 'nessuna testimonianza miracolosa è mai assurta, non diciamo al rango di prova, me nemmeno di probabilità'. E, implicitamente, il solo teste in grado di suffragare un miracolo, cioè un evento sovrannaturale, dovrebbe a sua volta rivelarsi sovrannaturale: più-che-perfetto.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La dottrina del miracolo in David Hume
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Informazioni tesi
Autore: | Roberto Morpurgo |
Tipo: | Laurea vecchio ordinamento (pre riforma del 1999) |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Clotilde Calabi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 272 |
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