Processi chimici, fisici e di micro-elettronica per la fabbricazione di dispositivi nanostrutturati a base di fosforene
Microscopia elettronica a scansione (SEM)
La microscopia elettronica è una tecnica che permette l’osservazione di campioni con ingrandimenti e risoluzioni di 1000 volte superiori rispetto alla microscopia ottica.
Il principio di funzionamento del microscopio elettronico a scansione è il seguente: il cannone genera un fascio di elettroni ad alta energia nel vuoto, il quale viene poi focalizzato da un sistema di lenti e deflesso per incidere su un’area del campione. Con questo tipo di microscopio si possono avere informazioni sia sulla morfologia del campione sia sulla sua composizione e quindi mostrare la presenza di eventuali contaminazioni sulla sua superficie. Con il SEM si possono ottenere alte risoluzioni (fino a 2 nm), alti ingrandimenti (fino a 100000x) ed elevata profondità di campo. Tutto questo, unito alla relativamente facile preparazione del campione, fa del SEM un ottimo metodo per caratterizzare i campioni su piccole scale (pm - nm).
Il SEM è costituito da:
• Un cannone elettrico
• Un sistema per l’alto vuoto (10-7 Torr)
• Lenti elettromagnetiche
• Bobine di deflessione
• Rivelatori di segnale
• Camera porta campione
• Sistema di trasformazione dei segnali in immagini
Nel cannone elettrico è presente un filamento di tungsteno (W) che viene riscaldato e produce elettroni. Gli elettroni vengono accelerati grazie all’applicazione di un campo elettrico tra il filamento (catodo) e l’anodo e vengono focalizzati in una piccola regione detta “crossover”.
Successivamente un sistema di lenti elettromagnetiche riduce le dimensioni del fascio (Figura 29). Una delle due lenti è costituita da una bobina a simmetria cilindrica dotata di un nucleo forato in materiale ferromagnetico. Questo nucleo serve per concentrare le linee di forza del campo tra le espansioni polari; gli elettroni vengono così deflessi dal campo secondo la legge di Lorentz. Questa può essere chiamata “lente condensatrice” e produce un’immagine rimpicciolita del crossover.
Successivamente il fascio passa attraverso una seconda lente, detta “lente obiettivo”, che ne riduce ancora il fascio. Tra le due lenti è presente un diaframma, il cui scopo è di far passare solo una certa quantità di elettroni allo di non far divergere il fascio. In uscita dal sistema di lenti, il fascio colpisce il campione, sulla cui superficie viene effettuata una scansione. Gli elettroni del fascio penetrano all’interno del campione perdendo energia, che viene riemessa dal campione sotto forma di elettroni secondari. Questi elettroni emergono dal campione con un’energia inferiore ai 50eV e sono generati da interazioni anelastiche del fascio con gli elettroni di valenza degli atomi del campione. Data la bassa energia, essi possono emergere dal campione solo se sono prodotti molto vicino alla superficie e quindi molto vicino al punto di impatto del fascio primario. Inoltre gli elettroni secondari risentono fortemente di effetti di orientazione della superficie del campione rispetto al fascio primario e sono quindi sensibili alla sua morfologia. Essi, una volta emessi dal campione, vengono raccolti da un detector e convertiti in segnali digitali.
Per ottimizzare le condizioni di lavoro si un SEM, si può agire su parametri importanti come la saturazione del fascio, la tensione di lavoro, l’ingrandimento e le dimensioni del fascio. Per ottenere delle buone immagini è inoltre necessario tener conto della sorgente di elettroni, della focalizzazione del fascio, dell’interazione degli elettroni con il campione, della preparazione del campione e della posizione del detector rispetto al campione. La preparazione del campione è relativamente semplice in quanto l’uso del microscopio elettronico richiede solamente che il campione sia conduttivo. Se il campione non è conduttivo, è sufficiente depositare un sottile strato di oro sulla superficie del campione. In realtà la situazione si complica con campioni di tipo biologico: il microscopio elettronico a scansione lavora in vuoto per cui i campioni devono essere sottoposti ad una procedura di disidratazione specifica che non vada ad alterare la struttura del campione. Il processo di disidratazione è quindi un limite del SEM, che comporta aumento delle tempistiche che altre tecniche non hanno. In realtà questo limite passa in secondo piano in quanto il SEM è la tecnica migliore per analizzare grandi aree di campione in poco tempo e con alte riso1uzioni.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Processi chimici, fisici e di micro-elettronica per la fabbricazione di dispositivi nanostrutturati a base di fosforene
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Informazioni tesi
Autore: | Salvatore Moschetto |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Chimica |
Corso: | Fotochimica e materiali molecolari |
Relatore: | Cristiano Albonetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 85 |
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