Evoluzione del fenomeno corruttivo e ruolo della criminalità organizzata: il caso Mafia Capitale
Mafia Capitale nel panorama criminale romano
Secondo il rapporto della Dia dell’ultimo semestre 2014 «a Roma e nel Lazio perdura un attivismo criminale polivalente». Non soltanto l’organizzazione di Carminati, come del resto ha sottolineato il procuratore capo Pignatone nella conferenza stampa del 2 dicembre del medesimo anno, bensì diverse organizzazioni opererebbero a Roma e dintorni. Da quelle provenienti dal Sud, trapiantate a Roma sin dagli anni Settanta, a quelle sempre più diffuse di matrice etnica (cinesi, africane ma anche balcaniche), senza dimenticare quelle stanziali facenti capo ai Casamonica, a Roma, e agli Spada, ad Ostia.
Non esiste una cupola a Roma, né una forte territorialità, nonostante ciascun gruppo abbia una sua zona d’influenza e un proprio quartier generale. Dopo la Banda della Magliana, infatti, nessun gruppo criminale sarebbe riuscito ad imporsi in maniera egemone sul territorio.
Le organizzazioni mafiose arrivano nella Capitale attraverso un esodo spontaneo, principalmente per dare uno sbocco nevralgico ai propri traffici illeciti e allo stesso tempo per le immense possibilità di riciclaggio offerte dal mercato; i settori preferiti sono quello edile e turistico, ma non è da meno quello commerciale: bar, sale giochi, parchi auto, distribuzione alimentare, abbigliamento. Tra i traffici illeciti, la droga si rivela ancora tra le fonti principali di guadagno e di prestigio criminale, ma, al tempo stesso, causa di possibili dissidi. Dietro ai diversi omicidi registrati negli ultimi anni (solo nella Capitale dal 2007 al 2013 se ne contano una sessantina), infatti, vi sarebbero soprattutto questioni inerenti allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Nonostante tali evidenze, prima degli arresti effettuati con l’operazione “Mondo di Mezzo” (che peraltro nulla ha a che vedere con il traffico di sostanze stupefacenti) nessuno, neppure tra i magistrati, osava parlare di mafia a Roma.
Nella vicina Ostia, quartiere romano, i diversi omicidi susseguitisi nel giro di pochi anni venivano puntualmente derubricati - dalla stampa ufficiale - a ‘scaramucce’ tra bande di spacciatori, mentre gli incendi erano considerati semplici ‘atti vandalici’. Questo almeno fino a luglio del 2013, allorquando scattano le manette per una cinquantina di persone accusate di far parte di una presunta organizzazione mafiosa (anch’essa autoctona come Mafia Capitale) guidata da Carmine Fasciani, la cui zona di competenza va dal Lido di Ostia fino ai quartieri a ridosso della Cristoforo Colombo.
Il gruppo dei Fasciani vanterebbe dei rapporti proprio con il sodalizio di Carminati e avrebbe stipulato con questi un patto di non belligeranza. All’intesa avrebbero partecipato anche gli altri due gruppi criminali operanti all’interno del Grande raccordo anulare, cioè il clan Senese e quello dei Casamonica, con il benestare delle cosche meridionali.
La pax siglata dai ‘quattro Re di Roma’, che risale all’inizio del 2012, sarebbe stata promossa proprio dal presunto boss di Mafia Capitale, dopo aver saputo dell’arrivo presso la DDA romana del dott. Pignatone.
L’autorevolezza di Mafia Capitale non verrebbe riconosciuta soltanto dai tre clan (Senese, Fasciani, Casamonica) di cui ha parlato Lirio Abbate nella sua inchiesta: tra le altre organizzazioni mafiose con cui Carminati e i suoi accoliti avrebbero stretto rapporti, vi sarebbe anche la ‘ndrangheta calabrese.
Per il Tribunale del Riesame risulta evidente non solo la prova dell’esistenza di un rapporto d’affari, ma anche quella di un reciproco rispetto tra le due organizzazioni.
Infatti, scrivono i giudici:
«Sarebbe impensabile che un qualsiasi gruppo di malavitosi che si dedica a sporadiche attività delinquenziali da strada possa essere accreditato di pari dignità da quella che, nel momento attuale, è una delle più pericolose, organizzate e ramificate associazioni mafiose».
Carminati e i suoi sodali avrebbero avuto rapporti anche con Ernesto Diotallevi, noto già ai tempi della Banda della Magliana e vicinissimo a Pippo Calò (il cassiere della mafia siciliana), di recente gravemente indiziato in ordine alla sua appartenenza a Cosa nostra.
Infine, sono stati documentati rapporti con i fratelli Esposito (di origini napoletane) e con la loro batteria particolarmente agguerrita, prevalentemente costituita da soggetti di nazionalità albanese, operante in zona Ponte Milvio, dedita prevalentemente alle rapine e al gioco d’azzardo.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Evoluzione del fenomeno corruttivo e ruolo della criminalità organizzata: il caso Mafia Capitale
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Informazioni tesi
Autore: | Carlo Fareri |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Gabrio Forti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 190 |
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