Michel Contini e la lingua sarda - Studio di geografia fonetica e di fonetica strumentale del sardo

Le ricerche strumentali che abbiamo realizzato rappresentano certamente il nostro principale contributo alla conoscenza del sardo. Esse costituiscono in effetti una assoluta novità in questo ambito linguistico, poiché prima del nostro lavoro alle parlate dell’isola non era stato dedicato nessuno studio strumentale ad eccezione della serie di palatogrammi pubblicati da G. Millardet. Una fortunata circostanza ha fatto sì che siamo stati i primi ad affrontare l’analisi acustica delle consonanti e delle vocali del sardo, lo studio strumentale della sua struttura prosodica nonché la descrizione articolatoria, con l’aiuto della palatografia sistemica, della labio­cinematografia e di pellicole radiologiche.

Tutto ciò non significa che consideriamo questo aspetto della ricerca come il più importante e quindi prioritario. Certo, siamo convinti che lo studio strumentale sia assolutamente indispensabile per la conoscenza e la comprensione dei tratti fonetici di una lingua. Certo, riteniamo che senza tale studio non possa esserci descrizione fonetica scientificamente accettabie. Ma siamo anche del parere che la strumentazione è soltanto un mezzo di investigazione e non un fine in sé. Gli strumenti devono permettere di completare, o di verificare, l’impressione uditiva. Nella misura in cui permettono di visualizzare e quindi di misurare un fenomeno, costituiscono lo strumento insostituibile di una ricerca oggettiva; ma poiché la struttura fonetica è il supporto di ogni comunicazione linguistica, è all’orecchio che spetta sempre, per così dire, l’ultima parola.

Oggetto di uno studio approfondito sono state soprattutto le realizzazioni più caratteristiche delle parlate dell’isola, in particolare quando sono poco conosciute in ambito romanzo (per esempio, le consonanti retroflesse) o del tutto eccezionali (per esempio, le occlusive laringali). Non abbiamo insistito, invece, su quelle che non presentavano nessun tratto nuovo rispetto alle realizzazioni equivalenti, già sufficientemente descritte, delle altre lingue o parlate vicine.
I palatogrammi e le labiopellicole sono stati realizzati sul campo. Per i primi ci siamo serviti di una telecamera Polaroid CU fornita di flash anulare e di specchio dentale.

I documenti ci hanno permesso di descrivere le articolazioni più caratteristiche di una decina di parlate, rappresentative di uno spazio linguistico scelto. La labiocinematografia ci ha fornito interessanti informazioni sulla posizione delle labbra durante la produzione delle vocali e di certe consonanti, ma anche sulla posizione della lingua per le articolazioni inter-dentali, per alcune laterali delle parlate del nord-ovest e per le retroflesse che rivelano chiaramente la sua disposizione verticale. La telecamera utilizzata è una Bolex Paillard 8 mm. Le riprese, frontali e di profilo, sono state realizzate a 20 cm di distanza e con una frequenza di 64 im./s.