La Fusione dei Comuni: comparazione tra Italia e Francia
Lo strumento della fusione dei Comuni
Negli ultimi anni in Italia e Francia sono state realizzate alcune riforme degli enti territoriali. Esse hanno la finalità di razionalizzare, nel nome dell’efficienza, la macchina statale e la produzione di beni pubblici sul territorio, oltre che porre un freno alla spesa pubblica in seguito alla forte crisi economica che ha colpito i due Paesi e l’intera Europa. In questo capitolo si analizzeranno i passaggi giuridici e le differenti interpretazioni che Francia e Italia hanno dato allo strumento dell’intercomunalità; in senso più ampio, sarà esaminata l’evoluzione storica che tale procedimento ha subito negli anni, senza tralasciare le motivazioni che l’hanno determinata, partendo dalle imposizioni da parte dell’Unione Europea di riduzione della spesa pubblica (spending review) fino a motivi di carattere meramente pratico e amministrativo. Storicamente l’assetto degli enti territoriali in Francia e Italia è molto frammentato e complesso come dimostrano i dati riportati nella tabella 1.
In Italia, l’art. 114 Cost., in seguito alla riforma del 2001, sancisce lo stesso status costituzionale per Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, definendoli tutti “enti autonomi”, i quali, insieme allo Stato, sono i soggetti costitutivi della Repubblica. In Francia è l’art. 72 Cost. che disciplina l’ordinamento territoriale, a citare i Dipartimenti (livello comparabile alle Province italiane) come parte degli enti costitutivi della Repubblica. Nei due sistemi giuridici esiste una differenziazione simile tra i vari enti locali. Le Regioni in Francia non sono dotate di potestà legislativa, come in Italia, ma si caratterizzano come enti di programmazione e indirizzo. Allo stesso modo gli enti locali sono dotati di funzioni amministrative attive. Soprattutto i Comuni dispongono di funzioni amministrative che si basano sul principio di sussidiarietà (in Italia disciplinato dall’art. 118 Cost. e in Francia dall’art. 72 Cost.). In entrambi i casi essi si occupano di materie come l’urbanistica, i lavori pubblici, l’ambiente, l’istruzione e la sanità primaria, i servizi culturali, lo sport e la sicurezza. In entrambi i Paesi i livelli intermedi di governo territoriale sono storicamente le travi portanti dell’organizzazione periferica dell’amministrazione statale e, quindi, emanazione diretta del potere centrale. Un tempo questo si esplicava tramite la figura del prefetto, che oggi è affiancato da una moltitudine di agenzie locali, diretta emanazione dei singoli ministeri. Queste somiglianze nella struttura amministrativa di Italia e Francia sono dovute allo stesso modello giuridico su cui sono state fondate e dal quale poi l’evoluzione burocratico-amministrativa è partita, quello napoleonico che fu esportato ed imposto in Italia nell’Ottocento. La maggiore differenza che si è avuta poi col tempo fra i due modelli risiede nella diversa gerarchia che intercorre fra i vari enti territoriali. In Francia, in base all’art. 72 Cost., gli enti territoriali “si amministrano liberamente” e nessuno “può esercitare autorità su di un altro”: è la legge statale a fissare le loro competenze e la creazione di nuovi enti.
In seguito alla crisi finanziaria del 2010 che si è sviluppata in alcuni Paesi dell’eurozona, ci sono stati interventi delle istituzioni europee, come la Commissione, il Consiglio e la Banca Centrale, appoggiate da altre autorità internazionali, come il FMI e l’OECD, le quali hanno esercitato pressioni sugli Stati membri affinché quest’ultimi riformassero l’organizzazione delle amministrazioni locali, per far fronte alle esigenze che i precari bilanci pubblici stavano attraversando. Come mai era successo in precedenza, il contenuto di queste riforme è stato voluto e sponsorizzato direttamente dalle istituzioni sovranazionali, in nome dei principi di sostenibilità finanziaria, di pareggio di bilancio, di semplificazione e di razionalizzazione della spesa pubblica. I sistemi amministrativi di Italia e Francia sono entrambi costruiti secondo il modello napoleonico, come già spiegato nel capitolo precedente e, nonostante le riforme e i mutamenti che ha subito negli ultimi due secoli, esso rende questi due ordinamenti mal concilianti con gli attuali canoni europei di organizzazione della burocrazia.
Gli ostacoli che si sono avuti (e ancora perdurano) a livello europeo riguardanti i diversi sistemi burocratici e amministrativi dei Paesi membri, e la dispersione di risorse che ne proviene, derivano dalle differenze che persistono fra i due modelli, quello italo-francese, fondato sul blocco Stato-Province-Comuni, e quello di matrice europea, con carattere più decentrato, il quale si basa sul binomio Regioni-associazioni intercomunali. La destinazione dei fondi strutturali europei e l’allocazione dell’autorità legislativa fra i vari livelli statali e territoriali di governo sono solo alcune delle cause di rivalità fra istituzioni: lo Stato si oppone alle Regioni e viceversa, l’Europa agli Stati o alle Regioni, i livelli intermedi gareggiano con le grandi metropoli, i Comuni con le forme associative.
Per i due Paesi le riforme contemplano il rafforzamento della dimensione intercomunale, il rilancio e l’innovazione del ruolo che l’ente comunale deve assumere e, contemporaneamente, lo svuotamento del potere intermedio insieme all’ascesa del nuovo ente metropolitano.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La Fusione dei Comuni: comparazione tra Italia e Francia
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Informazioni tesi
Autore: | Giulio Luigi Antonucci |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Ginevra Cerrina Feroni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 68 |
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