Il rito immediato alla luce della riforma del 2008. La poliedricità di un istituto
Lo stato di cattività
Come già si è avuto modo di vedere, la nuova fattispecie attribuisce rilievo allo status della persona sottoposta alle indagini, la quale, nel momento in cui la richiesta viene sottoposta al giudice, deve trovarsi in stato di custodia.
La previsione contenuta nell’art. 453, comma 1 bis, c.p.p., è infatti esplicita in tal senso, poiché dispone che il pubblico ministero richieda il giudizio immediato << per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si ritrova in stato di custodia cautelare […] >>. Se l’indiziato, già sottoposto a custodia cautelare, non è più soggetto a tale misura (il che può dipendere dalla sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza come pure dal sopravvenuto venir meno delle esigenze cautelari), manca una delle condizioni perché il titolare dell’accusa possa formulare la richiesta di giudizio immediato custodiale.
Diversamente, l’art. 455, comma 1 bis, c.p.p., contempla il caso in cui la custodia non sia più in corso di esecuzione nel momento in cui il giudice decide sulla richiesta. Questa discrepanza tra le due disposizioni pare dipendere da ragioni di economia processuale giustificabile nella ratio di voler impedire una restituzione degli atti al pubblico ministero (quindi evitare una regressione procedimentale) quando, pur non essendo più effettiva la restrizione in vinculis non sia comunque stata smentita la consistenza della gravità indiziaria.
Riteniamo che la discrasia tra le due condizioni soggettive dell’indiziato ammesse dagli artt. 453, comma 1 bis, e 455, comma 1 bis, c.p.p., dovrebbe riscontrarsi in pochi casi, considerato che tra la richiesta di giudizio immediato e il relativo provvedimento non dovrebbero trascorrere più di cinque giorni. Nella prassi, però, questo termine ordinatorio raramente viene rispettato, ragion per cui potrà accadere che il giudice disponga il giudizio immediato custodiale pur essendo venuto meno (per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza) il regime cautelare che aveva legittimato la richiesta del pubblico ministero.
Il necessario stato di cattività nel momento in cui il pubblico ministero formula la richiesta di giudizio immediato costituisce un importante incentivo perché questi eserciti l’azione penale in tempi brevi, fino a che l’indiziato si trovi ancora in stato restrittivo.
Novità, questa, che sembra rispondere ad un’esigenza di perseguire una ragionevole durata del procedimento.
Inoltre, la circostanza che la persona sottoposta alle indagini debba trovarsi in vinculis nel momento in cui viene formulata la richiesta di giudizio immediato, evidenzia un risvolto critico della nuova disciplina che risulta inapplicabile al latitante. Infatti, paradossalmente, a quest’ultimo soggetto viene riservato un trattamento processuale più favorevole di quello assegnato alla persona sottoposta a regime cautelare. Realtà, dunque, che concretizzerebbe una violazione dell’art. 3 Cost. per irragionevole disparità di trattamento tra situazioni analoghe.
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Il rito immediato alla luce della riforma del 2008. La poliedricità di un istituto
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Informazioni tesi
Autore: | Daniele Parrino |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Benedetta Galgani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 118 |
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