Il valore educativo dello sport - Una ricerca empirica
Lo sport e i genitori
Il mondo sportivo è diventato una facciata seducente e dorata fatta di agonismo esasperato, di creazione del mito, del divo : «Il pericolo è quello dell’alienazione» dice don Aldo Rabino, cappellano del Torino Calcio, intesa come la tentazione di uscire dalla realtà, di sognare e inseguire soldi facili e successo. Vengono ingannati spesso i ragazzi, gli atleti, ma altrettanto facilmente l’illusione coinvolge i genitori: succede in moltissime occasioni che le società sportive cerchino il giovane, lo accolgano, lo illudano, lo usino, ma ancor più di frequente lo rigettino perché non è diventato il campione che tutti desideravano.
I primi a sperarlo spesso sono proprio i genitori, quei genitori che trasferiscono sul figlio i propri sogni sportivi infranti, che lo ritengono sempre il migliore di tutti anche quando è un’intera squadra a scendere in campo. Talvolta mamma e papà sono solo spettatori, altre volte si improvvisano tecnici, allenatori e dalle tribune si lasciano andare a urla e gesti che mal si conciliano con il valore educativo dello sport. Questo accade perché spesso il proprio figlio è vissuto come un prolungamento di se stessi. Questo atteggiamento, spontaneo e non controllabile, è la conseguenza della tendenza dell’essere umano a vedere una parte di sé nel bambino che mette al mondo.
Il ruolo del genitore è sicuramente quello più difficile: la realizzazione del figlio diventa troppo spesso la realizzazione di se stesso nel figlio. Diventare genitori non significa garantirsi un completamento della propria personalità e un’affermazione di sé, ma richiede l’essere pronti ad accettare il proprio figlio e le sue caratteristiche, i suoi desideri e le sue inclinazioni anche sportive; significa staccarsi dall’idea di figlio perfetto prendendo coscienza del fatto che le proiezioni che il genitore fa su di lui possono essere violazione della sua soggettività33. Ecco allora che la vittoria,la sconfitta e tutte le dinamiche che caratterizzano uno sport di squadra sono caricate di aspettative, di pressioni e di ansie:tutto è vissuto da alcuni genitori come un attacco alla parte di se stessi a cui si tiene di più, ovvero quella proiettata sul figlio.
È chiaro che questo tipo di atteggiamento viene colto dal bambino, dal ragazzo sul quale sono concentrate tutte queste aspettative: l’idea che si fa è che sia accettato dai propri genitori solo se vincente, solo vincendo nello sport può renderli orgogliosi e felici. Un ragazzo che vive l’esperienza sportiva in questi termini difficilmente potrà conoscerne il valore educativo perché la sua concentrazione e il suo impegno saranno volti solo alla ricerca di quel risultato nel quale è spinto a credere, a costo di tralasciare qualsiasi altro valore.
Sarebbe invece costruttivo che si concentrasse sulla collaborazione con gli altri compagni, su ciò che gli suggerisce dalla panchina il mister e disputare la propria gara, non quella che si aspetta il genitore. L’atteggiamento della famiglia rispetto alla pratica sportiva del proprio figlio ha anche un altro effetto sull’esperienza che sta vivendo: la sua relazione con la figura dell’allenatore. Il mister o il coach, come vengono appellati nei diversi sport, diventano poco per volta dei punti di riferimento importanti; l’allenatore deve essere riconosciuto dal ragazzo come colui che ha a cuore il suo miglioramento, che lo sprona a dare il meglio rispettando le sue esigenze e che davanti a una sconfitta mette tutti i componenti della squadra e se stesso di fronte alle proprie responsabilità per imparare e rimettersi in gioco, senza fare di un insuccesso in campionato una tragedia.
Anche laddove l’atteggiamento dell’allenatore è veramente educativo il suo ruolo viene messo troppo spesso in discussione. A volte dopo una partita, il genitore, insoddisfatto del risultato o della prestazione del figlio, si lamenta delle decisioni dell’allenatore, lo fa davanti al proprio bambino, senza a volte risparmiare gesti e parole maleducate. Questo atteggiamento comporta la svalutazione di una figura di riferimento per il figlio, la spoglia di ogni credibilità e non è consapevole di essere anche in quella circostanza esempio e modello per il ragazzo.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il valore educativo dello sport - Una ricerca empirica
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Informazioni tesi
Autore: | Cristina Zanin |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Roberto Trinchero |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 79 |
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