Giuseppe Tomasi di Lampedusa: uno sguardo al di là delle Alpi

A questo punto, però, bisogna soffermarsi su Stendhal perché è uno degli scrittori a cui Tomasi di Lampedusa ha dedicato un contributo importante, ovvero un ciclo di lezioni dal titolo Lezioni su Stendhal. Pubblicate in origine sulla rivista « Paragone » nel 1959, in un secondo momento sono entrate a far parte del ciclo francese che Tomasi di Lampedusa scrisse soprattutto per se stesso e che ebbe Orlando come suo unico lettore.

Questo ciclo tratta dei più grandi scrittori del Cinque e Seicento, con uno sguardo più attento rivolto a Montaigne e Racine, sorvola sul Settecento e limita i due secoli successivi ai soli Stendhal e Mérimée. Tornando alle Lezioni, Philippe Renard, il critico che ne cura l’introduzione, mette a confronto sin dalle prime battute l’autore francese e quello siciliano. Accomunati dall’impianto storico, dal modo di inserire i racconti nel fluire del tempo, nell’incontro tra il mondo fantastico e quello storico, differiscono per altri aspetti, a partire dai punti fermi su cui poggiano le loro opere: la passione e la stabilità dei sentimenti per l’autore d’oltralpe, gusto per tutto ciò che infrange la stabilità per Tomasi di Lampedusa.

Stendhal, infatti, crede nell’amore eterno, colto nella sua visione più romantica, e fa di questo sentimento l’ancora che lo lega al mondo materiale e attorno a cui tutto ruota; è l’amore che conduce l’uomo alla salvezza, ragion per cui la sua espressione ultima culmina nella speranza.

Dall’altra parte troviamo l’autore siciliano e il suo punto di vista che vede gli uomini muoversi in una cornice condannata, per cui vano risulta l’agire umano ed infatti l’unica via di salvezza viene vista nella morte, che rappresenta anche l’inno in cui si perde la sua scrittura.

Altro aspetto-chiave onnipresente nei testi di Stendhal è la poliedricità, in virtù del fatto che da qualsiasi punto di vista si osservi l’azione dei personaggi, sarà sempre possibile avere un’idea precisa di ciò che avviene in scena; quest’ “écriture du corps”, com’è stata definita da Renard, riflette completamente l’animo del suo autore tanto da sembrare espressione di ogni singola parte del suo corpo, per cui non c’è da meravigliarsi delle volte in cui emergono descrizioni di pecche e difetti dello stesso Stendhal, perché quella di ritrarsi in questo modo realizza una precisa scelta di mostrarsi per quello che è, nelle sue innumerevoli sfumature.

A sostegno di quanto detto sin’ora c’è un’espressione usata da Tomasi di Lampedusa che definisce Stendhal “un romanziere psicologico sommo”, per la sua attenzione a far emergere l’aspetto psicologico dei personaggi e per i giudizi morali ed etici a cui sono sottoposti.

Ma Stendhal non è solo l’uomo che facendosi trasportare dalle passioni compone romanzi; in lui vige un forte senso di cristianità13 che vede in Dio la sua massima espressione, un dio che però va ricercato e per far ciò bisogna sottomettere la propria ragione alla sua onnipotenza.