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Identità collettiva e benessere psicologico negli adolescenti Rom: un contributo di ricerca secondo la prospettiva del Positive Youth Developement.

Leggi nazionali e locali sulle minoranze e la situazione dei gruppi Rom e Sinti

Come descritto in precedenza, le popolazioni rom presenti in Italia sono diverse e non possono essere classificate in un unico gruppo, in quanto portatrici di identità culturali profondamente diverse.
Tra questi diversi gruppi possiamo distinguere il gruppo di cittadini italiani come i Sinti e Camminanti e i gruppi di immigrati (con diversi periodi di immigrazione) come Rom rumeni, Rom provenienti dalla ex – Jugoslavia, Rom bulgari e Rom polacchi.
Questa distinzione, può essere utile per comprendere la diversità culturale, linguistica, storica di questi gruppi che solitamente vengono semplicisticamente definiti rom e sinti.
Il mancato riconoscimento delle specifiche diverse identità di questi gruppi ha avuto delle ripercussioni anche a livello legislativo, politico e istituzionale.
In Italia le minoranze linguistiche sono protette dal VI articolo della Costituzione italiana, ma la normativa attuale (Legge 482/ 1999) non include il romanì, dal momento che lo statuto di minoranza è legato all'appartenenza territoriale, mentre il romanì è un linguaggio senza un territorio definito di circolazione (Dell'Agnese e Vitale, 2007; Tavani, 2013).
Le politiche nazionali relative alle questioni che, ancora oggi, vengono definite “questioni nomadi” (termine ancora più generico utilizzato per riferirsi a persone di origine Rom e Sinti in Italia) hanno seguito approcci differenti al problema nel corso degli anni.
Uno dei pochi interventi in questo senso è stata la Circolare 207/1986, in cui il Ministero della Pubblica Istruzione ha riaffermato la responsabilità della scuola pubblica nel favorire in tutti i modi il completamento della scuola dell'obbligo da parte dei Rom e dei Sinti.
Purtroppo, malgrado questo tentativo, la mancanza di integrazione e di coordinamento con le altre politiche sociali, ha determinato un successo limitato delle misure nel campo educativo.
Inoltre, allo stesso tempo, il Ministero degli Affari Interni ha iniziato a trattare la questione dei Rom e dei Sinti come un "problema di ordine pubblico" (Dell'Agnese & Vitale, 2007).
A fronte di questo problema dunque, la tendenza generale è stata quella di affidare alle singole regioni la protezione delle persone Rom e Sinti: lo schema generale adottato è stato quello di elaborare politiche a livello locale sulla base delle politiche regionali.
Secondo Dell'Agnese e Vitale, l'Italia manca di forme di coordinamento orizzontale tra organi e forme di corresponsabilità multi-livello, con gravi conseguenze per le comunità Rom, che, in questo modo, subiscono gravi disuguaglianze di reddito, salute, alloggio, istruzione e occupazione.
In Italia la "questione Rom" si risolve con la segregazione in "campi nomadi", ovvero insediamenti autorizzati previsti per le popolazioni Rom e Sinti, che hanno dato vita a forme di ghettizzazione in aree solitamente collocate nelle zone periferiche delle città, dove Rom e Sinti non sono visibili agli occhi degli autoctoni.
I primi "campi nomadi" in Italia appaiono nella prima metà degli anni sessanta come risultato di un movimento di attivismo anti-Rom che si opponeva al "diritto di sosta/ parcheggio", come in quei comuni dove veniva proibito a Rom e Sinti di fermarsi utilizzando cartelli con scritto "agli zingari è proibito fermarsi qui".
Anche a causa di questo tipo di interpretazione della loro cultura, nell'immaginario collettivo Rom e Sinti sono associati all'idea di popolazioni nomadi, in perpetuo viaggio alla ricerca della libertà.
Sempre a causa del mancato riconoscimento delle diversità all'interno di questo gruppi, i campi “nomadi” sono spesso destinati a diventare dei “camping etnici” dove clan diversi compressi sono costretti a convivere con altre famiglie con le quali possono non avere niente in comune; queste situazioni spesso possono portare a episodi di conflitto aumentando il disagio e i rischi per la vita di queste persone.
Inoltre, queste misure hanno contribuito ad ampliare la visibilità e l'immagine negativa di questi esotici "altri", rafforzati anche dal pessimo lavoro dei mass media (Piasere, 2006).
L'arrivo dei gruppi Xoraxan e gruppi Dassikané dall'ex-Jugoslavia, che in una fase iniziale non ha creato problemi, si è trasformato in un vero e proprio flusso migratorio al momento dello scoppio dei conflitti dei Balcani durante gli anni novanta.
Queste popolazioni hanno occupato diverse aree, un tempo abitate da Sinti Italiani, ed è in questo periodo che le aree hanno iniziato a prendere le forme di veri e propri campi profughi piuttosto che di accampamenti di roulotte .
Secondo Sigona (2003) l'etichettatura dei Rom balcanici come "nomadi", invece che come "rifugiati" è stata una scelta politica che ha avuto un profondo impatto sulla loro protezione e sul loro futuro in Italia.
Le precarie condizioni abitative di Rom e Sinti in Italia hanno sollevato l'interesse di diverse organizzazioni internazionali che hanno definito l'Italia come un “paese campo” e hanno criticato aspramente tali scelte politico sociali.
Ulteriori misure, che sono state proposte nel primo decennio del 2000, sono state fortemente contrastate dal centro Europeo dei Diritti Umani dei Rom all'interno del loro report del 2008 “Sicurezza a la Italiana: violenza estrema e molestie”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Identità collettiva e benessere psicologico negli adolescenti Rom: un contributo di ricerca secondo la prospettiva del Positive Youth Developement.

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Maria Hopps
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Cristiano Inguglia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 61

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Parole chiave

adolescenza
identità nazionale
identità etnica
rom
pyd
positive youth development

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