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Capitalismo, cultura organizzativa e leadership. Proposta per migliorare il capitalismo dall’interno (prima che sia troppo tardi).

Leadership e followership

Il mondo del lavoro ha subito una profonda trasformazione. La tradizionale struttura a “piramide”, rigida e refrattaria al cambiamento, basata sul culto del capo “superuomo”, con un sistema di decisioni accentrate e una comunicazione unidirezionale di tipo top-down ha lasciato spazio a nuovi modelli più dinamici e flessibili.
Le configurazioni a “cerchio” e “network” stanno da tempo sostituendo il modello classico della “piramide” per garantire alle aziende maggiore flessibilità, dinamismo e opportunità di sopravvivenza e prosperità in un mondo sempre più volatile, incerto, complesso e ambiguo (VUCA).
I nuovi modelli cambiano forma alla struttura organizzativa e intervengono profondamente sulle condizioni del contratto psicologico tra azienda e lavoratore, quella parte non formale e non giuridica dell’accordo tra azienda e lavoratore che contempla le credenze sulle aspettative che ciascuna delle parti nutre nei confronti dell’altra. Il patto psicologico di un tempo era basato sulla sicurezza, sulla continuità e sulle opportunità di carriera interne garantite dall’azienda in un contesto economico altamente prevedibile. In cambio l’azienda si aspettava dal lavoratore lo svolgimento del proprio lavoro seguendo le direttive provenienti dall’alto. Nei nuovi modelli il patto è stato completamente stravolto. Le aziende non offrono più posti di lavoro “per la vita” e si aspettano dai lavoratori maggiore flessibilità, disponibilità, creatività e capacità di problem solving che un tempo erano richieste solo a leader e manager. Il nuovo contratto psicologico tra azienda e lavoratore cambia le regole della leadership e della followership introducendo una nuova mentalità di gruppo e una nuova modalità di relazione più collaborativa rispetto al passato.

Leadership situazionale II
In passato, la soluzione adottata per aggiornare e adeguare la leadership e la followership ai nuovi modelli basati sul gruppo e sulla collaborazione è stata quella di promuovere il passaggio dallo stile di leadership autocratico allo stile democratico. Impostazione che si basa sul presupposto che lo stile di leadership sia in grado di influenzare le prestazioni dei follower.
Lo stile autocratico è basato sul potere derivante dalla posizione gerarchica, punta al controllo e sfrutta come leve gli obblighi e le ricompense. Uno stile che ottiene migliori prestazioni quando il “capo” è presente e favorisce la creazione di sentimenti negativi verso il leader e tra i follower. Il leader autocratico appare come un capo autoritario, rigido e prevaricante.
Lo stile democratico è basato sul potere derivante dal rispetto meritato, punta sullo strumento della delega ai follower, incoraggia la partecipazione e, per portare a termine il lavoro, si affida alla collaborazione e alle competenze e conoscenze dei follower. Questo stile produce buone prestazioni indipendenti dalla presenza costante o meno del leader e favorisce la persistenza di un clima positivo nel gruppo. All’opposto del leader autocratico, il leader democratico può apparire come troppo morbido e accondiscendente.
Questa impostazione non è sempre soddisfacente perché prevede una netta scelta di campo e non tiene conto di nessuna variabile di tipo situazionale. Limiti a cui pone rimedio la teoria della Leadership situazionale II elaborata nel 1985 da Ken Blanchard e dai soci fondatori di The Ken Blanchard Companies in continuità con la teoria della Leadership Situazionale di fine anni settanta.
Blanchard e colleghi propongono ai leader di diventare più flessibili e di allenare la capacità di adattare la propria leadership allo specifico livello di crescita in cui si trova ciascun dipendente (follower). Il leader deve mettere in secondo piano il ruolo di capo e valutatore per diventare partner e animatore dei propri follower aiutandoli a dare il meglio di sé in ogni situazione. Per realizzare questa rivoluzione non basta più il leader “incantatore” che influenza i follower per condurli alla realizzazione di un obiettivo. Il nuovo leader è un partner che ispira i propri follower a liberare tutto il loro potere e il loro potenziale per poter lavorare tutti insieme sulla missione aziendale e realizzare la visione coinvolgente e lo scopo superiore che la sorregge.
La variabile situazionale centrale della teoria è proprio il singolo follower con il suo specifico livello di crescita a cui il leader si deve adattare di volta in volta per favorire la crescita sana e graduale della persona.
La teoria della Leadership situazionale II prevede quattro diversi stili di leadership a cui corrispondono quattro livelli di crescita dei follower.
L’idea di fondo del modello è quella di applicare “tattiche diverse per persone diverse” seguendo una delle credenze di base degli autori secondo cui le persone possono e vogliono crescere. Ogni stile di leadership è caratterizzato da un diverso dosaggio di comportamento di sostegno (relazione) e comportamento direttivo (compito) che il leader adotta per adattarsi allo specifico livello di crescita del follower che è definito dal suo grado di competenza e dedizione al lavoro.

Le competenze del leader situazionale
Per applicare al meglio la leadership situazionale il leader deve possedere (o sviluppare) tre competenze principali.

Capacità di diagnosi
Per applicare al follower lo stile di leadership coerente con il suo livello di crescita personale, il leader deve essere in grado di valutare il livello di competenza e di dedizione delle persone.
Competenza: è data dall’insieme delle conoscenze e delle capacità che la persona possiede in riferimento al compito da svolgere o all’obiettivo da raggiungere. La competenza si può misurare confrontando la performance individuale con un benchmark di riferimento di performance attesa. Il leader e l’organizzazione stimolano la crescita delle competenze fornendo al follower occasioni formative, esperienze dirette sul campo, direzione e supporto.
Dedizione: è data dall’insieme della motivazione e della sicurezza che la persona dimostra di avere in riferimento al compito da svolgere o all’obiettivo da raggiungere. Quando la motivazione e la sicurezza sono elevate anche il livello di dedizione del follower è elevato. La motivazione si può aumentare assegnando compiti e obiettivi che siano significativi, appaganti e raggiungibili per il follower. La sicurezza si può incrementare con la formazione, l’esperienza diretta sul campo e il supporto da parte del leader.

Flessibilità
La seconda competenza è insita nella capacità di applicare i diversi stili di leadership alle diverse situazioni. Il leader deve cambiare agevolmente il suo stile allineandolo gradualmente alle mutate esigenze del follower. La leadership è un percorso lungo il quale il leader deve essere in grado di cambiare marcia all’occorrenza utilizzando tutti e quattro gli stili. Tra l’altro non è detto che il percorso seguito dal follower sia sempre lineare. Alcune persone potrebbero trovarsi di fronte a fasi di regressione del proprio livello di crescita e maturità personale che il leader deve essere in grado di identificare (capacità di diagnosi) per poter adattare con flessibilità il proprio stile di leadership. Le persone inoltre possono presentare livelli di crescita e maturità diversi in base al compito o all’obiettivo che devono affrontare. Persone altamente competenti e motivate per una determinata situazione possono essere carenti di conoscenze e capacità necessarie per affrontare altri compiti ed obiettivi e necessitare quindi di un diverso livello di direzione e sostegno.

Partnering
La terza competenza richiesta al leader situazionale rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma. Il leader si sveste del ruolo di guida per indossare l’abito di partner dei propri follower. Leader e follower diventano due partner che gestiscono insieme la performance che sottende al raggiungimento dell’obiettivo comune diventando quasi indistinguibili più ci avviciniamo all’ultimo livello della leadership situazionale. Dialogo e libero scambio di informazioni sono alla base del processo.
Il passaggio alla leadership situazionale è complesso e delicato quando il leader cambia il suo approccio nei confronti di “vecchi” follower con cui si era già rapportato applicando uno stile di leadership classico non situazionale. Il rischio di fraintendimenti è elevato. Prendiamo ad esempio il caso di un leader che si accorga di applicare indistintamente uno stile di leadership direttivo. Il leader decide di migliorare e di applicare uno stile di leadership delegativo nei confronti delle persone più competenti, motivate e sicure lasciandole improvvisamente libere di decidere in autonomia come svolgere il proprio lavoro. “Come mai non vengo più controllato?” È una delle domande che potrebbe porsi il follower e da cui potrebbero nascere dubbi, insicurezze, incomprensioni.
Per evitare il verificarsi di situazioni di incertezza come quella descritta è fondamentale che la leadership situazionale venga spiegata ai propri follower quando viene introdotta in azienda oppure nella fase di onboarding dei nuovi assunti. Spiegare le ragioni che giustificano i diversi comportamenti del leader nei confronti dei follower rende il processo più comprensibile, favorisce la creazione del partnering e consente a leader e follower di concordare insieme lo stile di leadership più adatto alla situazione.

Il follower deve diventare un self leader
Abbiamo già sottolineato come l’applicazione della leadership situazionale accompagni la persona lungo un percorso di crescita graduale che la trasforma da “subordinata” ad individuo in grado di assumere responsabilità, prendere iniziative, anticipare e risolvere problemi, dialogare apertamente con il proprio leader e con i colleghi e capace di operare in un contesto di partnering fino a diventare un self leader che conosce se stesso ed è pienamente consapevole di cosa gli serve per avere successo.
Si tratta di un passaggio fondamentale per applicare il modello della leadership situazionale. Se i follower non evolvono in self leader non si può attuare con successo la teoria della leadership situazionale. Se i follower rimangono persone “in attesa di ordini” tutto il modello crolla.
Per Blanchard e il suo team non è sufficiente che l’azienda si limiti a dire ai propri collaboratori di assumersi la responsabilità. Per favorire lo sviluppo delle competenze che stanno alla base dell’empowerment e della self leadership, l’azienda deve procurare occasioni di apprendimento continuo, in piena aderenza al modello HPO (High Performance Organization), mentre chi ha già assunto il ruolo di leader fornisce il giusto supporto situazionale.
La prima competenza che il follower divenuto self leader deve sviluppare è la capacità di sfidare eventuali preconcetti limitanti. I limiti possono riguardare ad esempio le sue capacità di assumersi la responsabilità di cui viene investito oppure l’effettiva disponibilità da parte del leader e dell’organizzazione a sostenere il raggiungimento della sua piena autonomia. Se il collaboratore avvia un processo di dialogo interno negativo e autolimitante c’è il rischio di uno stallo nell’intero processo. Organizzazione e leader devono favorire il superamento dei limiti. Il cambio morbido e progressivo nello stile di leadership lungo i quattro livelli situazionali favorisce la dissoluzione graduale di eventuali credenze limitanti.

La capacità di individuare, accettare e valorizzare le proprie forme di potere per fare del bene a se stesso e agli altri è la seconda competenza chiave del follower divenuto self leader. Il self leader capisce di avere a disposizione almeno una forma di potere tra le seguenti cinque:
• Potere della posizione: è il potere di gestire persone e risorse derivante dalla gerarchia formale.
• Potere personale: è il potere insito nelle caratteristiche individuali della persona. Capacità di ispirare, perseveranza, saggezza, passione, dedizione sono esempi di potere personale.
• Potere della mansione: è il potere che deriva direttamente dalla mansione o dal lavoro svolto. È insito nella possibilità di favorire o complicare lo svolgimento di un processo o di una procedura.
• Potere relazionale: è il potere derivante dalla capacità di stringere legami relazionali con le altre persone.
• Potere della conoscenza: è il potere derivante dalle competenze che si possiedono. Deriva dalla formazione oppure dalla pratica sul campo.
Partendo dal proprio potere personale, il self leader deve circondarsi di persone che dispongono di forme di potere diverse dalle proprie così da poter offrire un supporto di valore agli altri e ottenere a sua volta supporto nelle aree più deboli imparando a chiedere aiuto. Comprende cosa può offrire agli altri e impara a chiedere agli altri di aiutarlo dove è più debole. Fa del bene e ottiene del bene.
La capacità di offrire valore e di chiedere aiuto è il presupposto per la terza competenza del self leader: collaborare per il successo. Il self leader, in ottica di partnering, deve essere in grado di chiedere supporto al proprio leader di riferimento indicandogli chiaramente di quale stile di leadership ha bisogno.

VIP
L’acronimo VIP è utile per ricordare tre condizioni di base che la cultura aziendale deve coltivare per favorire la responsabilizzazione dei follower e il loro passaggio graduale verso la posizione di self leader.
• Significa: Validation (Riconoscimento)
Rispetto dei lavoratori come persone. Flessibilità per assecondare le necessità personali. Stimolo all’apprendimento, alla crescita professionale e alla crescita delle competenze e capacità.
• Significa: Information (Informazioni)
Sapere perché si fanno le cose. Avere a disposizioni informazioni importanti per conoscere la situazione, i progetti e gli obiettivi dell’azienda.
• Significa: Participation (Partecipazione)
Controllo sul proprio lavoro. Coinvolgimento nelle decisioni che li riguardano

Questo brano è tratto dalla tesi:

Capitalismo, cultura organizzativa e leadership. Proposta per migliorare il capitalismo dall’interno (prima che sia troppo tardi).

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Informazioni tesi

  Autore: Simone Mabellini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Renato Pisanti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 210

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