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Dal codice duale al codice multiplo: la teoria dell'attività referenziale

Le teorie dell’emozione

Dato che le emozioni sono associate a cambiamenti corporei periferici (attivazione del sistema nervoso autonomo, modificazioni della postura, o della mimica facciale, ecc...), molti studiosi hanno a lungo cercato di stabilire se tali cambiamenti contribuiscono soltanto, oppure siano essenziali all’espressione dell’emozione stessa. Le prime teorie dell’emozione tentavano di fornire una spiegazione delle componenti esperenziali dell’emozione, partendo dal substrato fisiologico.

James (1984), basandosi sulla teoria viscerale di Lange (1985), ha affermato che è l’attivazione fisiologica a generare l’emozione. La percezione di un evento che si sta verificando scatena nell’individuo attivazione fisiologica o arousal; la sensazione connessa all’arousal costituirà lo stato emotivo. Da tali affermazioni può conseguire che per ogni distinta emozione ci sarà un unico specifico pattern di attivazione. Inoltre, inducendo determinati cambiamenti corporei attraverso sostanze chimiche, sarà possibile suscitare nell’individuo determinate reazioni emotive.

La teoria di James-Lange non ha trovato, però, riscontro nelle numerose osservazioni sperimentali effettuate, è stata per questo messa in crisi da nuovi costrutti teorici che tentavano di dare una spiegazione più esauriente dei fenomeni osservati. In particolare, Walter Cannon (1927) attraverso i suoi studi sulle modificazioni viscerali nei differenti stati emotivi faceva notare che l’attivazione autonoma è troppo lenta, poco sensibile e indifferenziata per essere considerata la causa dell’esperienza emotiva; la quale appare invece, per sua natura, molto più rapida, specifica, sensibile e variegata. Oltretutto, inducendo in situazioni da laboratorio modificazioni viscerali solitamente connesse a forti emozioni, i soggetti non proveranno affatto emozioni.

In seguito, è stata data maggiore rilevanza al ruolo rivestito dalle conoscenze pregresse e dalle attribuzioni inconsapevoli nel processo di valutazione di un’emozione. In una serie di esperimenti, Schachter e Singer hanno provato che il significato attribuito ad uno stato emotivo o ad uno stato psicologico simile, ma indotto chimicamente, si differenzia a seconda del contesto sperimentale (Schachter, 1959; Schachter e Singer, 1962). Tali variazioni sono legate all’interazione di fattori cognitivi complessi con uno stato di attivazione fisiologica. Per cui, quando un soggetto si trova in uno stato di arousal, proverà a spiegare la sua condizione sulla base di una valutazione cognitiva della situazione in cui si trova, riuscirà, cioè, a definire la natura dell’arousal grazie al significato che attribuirà a quel particolare evento. Ad esempio, lo stesso insieme di alterazioni periferiche darà adito ad emozioni, come “rabbia” o “gioia”, in base agli accadimenti ai quali si accompagna.

L’assunto di base di Schachter è stato superato da alcuni scienziati cognitivi, i quali asseriscono che se uno stimolo è in grado di elicitare una risposta fisiologica, allora è già stato valutato a livello cognitivo. L’emozione, anziché partire da una modificazione viscerale da attribuire ad un determinato evento, comincia proprio con la comprensione del significato dell’evento stesso. Secondo Lazarus (1984), l’analisi cognitiva si articola in una serie di passaggi. Ad una prima valutazione (del senso di una situazione–stimolo), se ne aggiunge una successiva tesa a definire l’attivazione fisiologica connessa alla stessa; è solo a questo punto che può essere scelta la risposta appropriata.

Contrariamente, Zajonc (1980) sostiene che emozione e cognizione sono due sistemi divisibili o, comunque, almeno in parte indipendenti l’uno dall’altro. Zajonc giunge a questa conclusione grazie agli studi sugli effetti di esposizione, in base ai quali la preferenza per determinati oggetti non era dovuta al loro riconoscimento, ma ad esposizioni ripetute ad essi. Un’ulteriore sistematizzazione sulle emozioni è stata fornita dai teorici del feedback facciale (Tomkins, 1962; Ekman, 1984; Izard, 1977), i quali attestano che la differenziazione degli stati emotivi può essere data dalla sola integrazione di espressioni facciali e risposte somatiche. Ekman e collaboratori (1984), hanno evidenziato che determinate espressioni facciali sono preposte a particolari risposte autonome.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dal codice duale al codice multiplo: la teoria dell'attività referenziale

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Pinto
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2005-06
  Università: Seconda Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Giorgio Caviglia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 139

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