Tecnologia, organizzazione e lavoratori: il caso studio dell'EM Group
Le tecniche di ricerca e la posizione del ricercatore
Dal paradigma che guida la ricerca discendono le tecniche utilizzate durante questo lavoro. Oltre all’analisi delle fonti secondarie, abbiamo condotto nove interviste e numerose osservazioni sul campo. Per approfondire il tema sono stati fatti numerosi colloqui informali con i membri dell’organizzazione sia in Italia che all’estero. Di seguito analizziamo nel dettaglio le singole tecniche utilizzate, ponendo soprattutto attenzione al ruolo particolare del ricercatore che ha condotto lo studio.
Chi scrive e ha condotto la ricerca è, infatti, in una posizione alquanto particolare, essendo egli stesso è membro da nove anni dell’organizzazione studiata.
Sono stato assunto nel 2009 come operatore del servizio clienti, ho svolto negli anni successivi quasi tutti i ruoli esistenti all’interno dell’organizzazione, sia nel marketing che all’interno del servizio clienti, seguendo numerosi progetti anche con la casa madre in Germania. Dal 2012 svolgo il ruolo di responsabile del servizio clienti. E’ dal 2015, quando ho intrapreso il percorso di studi universitari del quale questo lavoro rappresenta il culmine, che cerco di guardare all’organizzazione non solo con gli occhi di responsabile organizzativo, ma anche con gli occhi del sociologo. Non è certamente semplice riuscire a guardare alla propria quotidianità col distacco necessario per poterla esaminare in maniera scientifica. Separare la propria visione emica di lavoratore, da quella etica di sociologo è un’impresa non priva di ostacoli.
Il pericolo di “going native” [Gold, 1958], ovvero di non riuscire a liberarsi della propria visione emica, del proprio punto di vista di insider dell’organizzazione, è sempre in agguato.
Seguendo Gans [1968], possiamo identificare 3 maggiori ruoli che il ricercatore sul campo può svolgere:
° il partecipante totale: totalmente coinvolto emozionalmente nella situazione, si libera di questo ruolo e torna ad essere un ricercatore solo alla fine dell’esperienza sul campo.
° il ricercatore partecipante: che partecipa alla situazione sociale ma è solo parzialmente coinvolto, in modo da poter all’occorrenza tornare nelle sue funzioni di ricercatore.
° il ricercatore totale: che osserva senza particolare coinvolgimento nella situazione sociale studiata.
Nel corso di questo lavoro, il tentativo è sempre stato quello di assumere il ruolo del ricercatore partecipante, cercando di evitare il totale coinvolgimento nella situazione e tornando ad assumere le funzioni di ricercatore quando ci si sentiva discostarsi eccessivamente da questa posizione. Si esclude invece per ovvie ragioni di aver mai assunto il ruolo di ricercatore totale, ma non si può assolutamente escludere il fatto di aver talvolta assunto il ruolo del partecipante totale. Questa è una posizione che lo stesso Gans, così come tanti altri sociologi, sono unanimi nel voler condannare. Si veda ad esempio Schwartz e Jacobs [1979] e De Masi [1984]. Per usare le stesse parole di Gans [1968, pag. 304]:
“He cannot probably work in a setting so close to his own life situation that he does share concerns and perspectives; for example, he could not study the department of sociology of which he is himself a member. Even if he were able to persuade his colleagues to treat him as a researcher rather than as a colleague, which is unlikely, it is doubtful that he could give up the temptation to participate, or to shed the feelings he had about his colleagues before he started to study them. Unless he is totally uninterested in his own department, he might want to act when he should observe, to like or dislike when he should research, and to argue when he should be listening”.
Sembra che dunque Gans sottolinei come sia impossibile studiare le persone a noi vicine per due motivi principali motivi, riassumibili come permesso e attendibilità. I nostri colleghi non saranno d’accordo nel trattarci come ricercatori invece che come colleghi e, inoltre, un ricercatore in queste situazioni non può essere considerato scientificamente attendibile. Tuttavia seguendo Philips [1971], se non consideriamo come “vicini” al ricercatore solo colleghi e familiari, ma tutti coloro con i quali il sociologo può avere un contatto stretto, allora possiamo notare come la storia stessa della sociologia sia cosparsa di studi nei quali il sociologo appare pienamente ed emozionalmente coinvolto nella ricerca. Citiamo ad esempio Becker [1951] sui musicisti jazz o Roth [1963] sui malati di tubercolosi, nonché, per spaziare ad un altro settore della sociologia, Harper [1982]. Dovremo forse allora mettere in dubbio il contributo scientifico di queste opere, tacciandole di mancata attendibilità? O è forse naturale ammettere che - in sociologia - un coinvolgimento forte del ricercatore sia spesso possibile, ma che ciò non riduca il valore delle sue conclusioni?
Ovviamente il mio pensiero è sicuramente più vicino a quest’ultima domanda che non alla precedente. C’è fortunatamente chi non la pensa allo stesso modo di Gans, come Douglas [1970: 199-200] che ad esempio osserva:
“A sociologist who goes native, or becomes totally involved as a member in the group he is studying, can be of immense value to us by telling us how it looks from the inside; but he can only do this if he returns to be a sociologist and if he retains a true meaning of experience … the problem of unravelling the social meanings in experience seem insoluble without a high degree of personal involvement”.
Come ben sottolineano Cozzi e Nigris [1996: 268], possiamo quindi attribuire all’autore che si trovi nella situazione di essere al tempo stesso ricercatore, nonché membro dell’organizzazione studiata, un diverso status definibile come osservatore-in-situazione:
“Definiremo osservatore-in-situazione la persona che si trova a svolgere ricerche sull’attività e sulla vita quotidiana di gruppi di persone che si trovino quotidianamente in contatto con lui, pur non svolgendo la medesima attività, e non appartenendo allo stesso gruppo”.
E’ questo dunque il caso che caratterizza l’autore del presente lavoro: un esperto della tematica studiata (servizio clienti e tecnologia), che pur non facendo lo stesso identico lavoro dei soggetti studiati, conosce alla perfezione contenuti, ritmi e tempi del lavoro. Chi scrive è infatti un membro a tutti gli effetti del servizio clienti, che condivide lo stesso lavoro delle intervistate, seppur da una diversa posizione, e si occupa spesso anche dell’apparato informatico interno all’organizzazione.
Essere un membro dell’organizzazione oggetto di studio ha sicuramente lati negativi, ma anche lati positivi. L’incubo del ricercatore è in questo caso quello di non riuscire a cogliere determinate sfumature o eventi importanti ai fini della ricerca. D’altra parte, tuttavia, far parte dell’organizzazione implica uno sforzo minore nel riuscire a penetrare il punto di vista dei membri oggetti di studio. L’impegno nel riuscire a vedere il mondo con gli stessi occhi dei soggetti osservati, risulta alquanto semplice o addirittura implicito. Condividere le attività e la vita quotidiana degli operatori del servizio clienti è stato indispensabile per comprendere il loro punto di vista e le loro aspettative sul lavoro.
Secondo Eriksson e Kovalainen [2015: 156], lavorare all’interno dell’organizzazione:
“would help in developing an insider’s view, which means that you would experience and feel what is like to be part of the group studied”.
Combinare il lato emico ed etico in maniera equilibrata, può consentire di raggiungere una corretta interpretazione del materiale raccolto e rappresenta sicuramente un vantaggio ai fini della ricerca. Nei paragrafi seguenti vedremo quali accortezze sono state adottate per ridurre il coinvolgimento emotivo o evitare situazioni che potessero mettere in pericolo l’attendibilità della stessa ricerca.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Tecnologia, organizzazione e lavoratori: il caso studio dell'EM Group
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Informazioni tesi
Autore: | Fabrizio Deidda |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Trento |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Gestione delle organizzazioni e del territorio |
Relatore: | Attila Bruni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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