Le prospettive del servizio idrico italiano all'indomani dei referendum abrogativi
Le tariffe del servizio idrico
Criteri di determinazione
Se in passato i criteri di determinazione delle tariffe dei servizi idrici venivano stabiliti consensualmente o tramite decisioni politiche, oggigiorno, nella maggior parte dei paesi del mondo le tariffe vengono definite tramite apposite discipline di contabilità regolatoria, affidate ad autorità indipendenti che operano attraverso propri uffici o agenzie intergovernative.
Per quanto riguarda il periodo di revisione, sussistono delle differenze a seconda della modalità di gestione a cui i servizi vengono affidati. Nel caso della gestione pubblica, sono di solito i soggetti politici a determinare le tariffe, riesaminandole con cadenza annuale.
Nell’affidamento a terzi invece, la tariffa imposta dall’inizio rimane costante per un periodo pluriennale (secondo alcuni strumenti di adeguamento automatico ed indicizzazione), sino alla successiva revisione richiesta opportunamente dal soggetto gestore. Nell’ultimo caso, Il procedimento è abbastanza complesso: il gestore propone un piano tariffario alle autorità competenti il quale viene dettagliatamente esaminato ed eventualmente approvato.
Nella valutazione sull’approvazione della tariffa o meno, si tiene conto in particolare delle voci di costo da sostenere, effettuando un confronto comparativo con altre analoghe realtà. I meccanismi di adeguamento e di indicizzazione, utilizzati periodicamente, possono essere sia generali che specifici e tengono conto anche della dinamica dei costi futuri all’affidamento, oltre che a quella reale.
Un meccanismo di indicizzazione generico prevede l’aggiornamento delle tariffe sulla base del tasso d’inflazione mentre un criterio specifico può essere quello dell’indicizzazione solo su alcune voci di costo ritenute essenziali, ad esempio, nel caso dei servizi idrici, una componente di costo fondamentale è quella dell’energia elettrica. Di fondamentale importanza è inoltre, il rapporto della tariffa con il livello di investimenti da assicurare nel settore.
Nella maggior parte dei casi il livello di investimenti viene definito dal gestore a seconda degli obiettivi qualitativi da assicurare nella gestione mentre la tariffa viene determinata sempre dal soggetto politico. Un caso di particolare importanza è quello americano. Nella realtà statunitense, i costi vengono rilevati in maniera molto precisa da apposite authority che a loro volta si occupano di definire anche i criteri tariffari. Nella fase iniziale le tariffe vengono stabilite seguendo uno schema cost-based che valuta i costi rapportandoli a precisi criteri di efficienza economica.
Successivamente invece, le revisioni avvengono in maniera automatica e possono prevedere anche obiettivi di riduzione dei costi nel tempo. Nel caso vi fosse la necessità di investimenti nel settore, il gestore può richiedere presso le autority una revisione delle tariffe, le quali vengono nuovamente riviste secondo adeguati criteri di costo che tengano conto dei nuovi investimenti da effettuare. A prescindere del modello americano, avviene quasi ovunque che sia il gestore a dover definire o proporre nuovi investimenti da realizzare nel settore con i relativi aumenti di tariffa che di conseguenza, il soggetto pubblico può decidere se avallare o meno.
L’individuazione delle modalità tecniche e finanziarie degli investimenti sono di competenza del gestore. All’ente pubblico spettano invece le funzioni di indirizzo, in particolare la definizione degli obiettivi di carattere strategico e quelli di performance. L’Italia rappresenta una delle poche eccezioni in cui nei piani d’ambito le modalità tecniche d’intervento e quelle finanziarie vengono definite dagli enti pubblici anziché dai gestori. Un aspetto sicuramente tra i più importanti che riguarda la definizione delle tariffe è quello relativo alla remunerazione del capitale investito, esplicitato dalla disciplina della contabilità regolatoria e che tiene conto di alcuni parametri di mercato.
Negli affidamenti alle imprese pubbliche, in genere, il capitale proprio è composto dai contributi a fondo perduto erogati dalla fiscalità generale; esso non viene remunerato ed i costi di finanziamento (relativi all’accesso al mercato dei capitali di terzi), vi vengono trasferiti al loro valore effettivo. “Confronti relativi al costo complessivo del capitale investito tra gestioni pubbliche e private, evidenziano come le imprese pubbliche, anche se non remunerano il capitale proprio, devono tuttavia pagare un interesse per i capitali presi a prestito, è non è detto che la media ponderata sia vantaggiosa, soprattutto quando i tassi di interesse che devono pagare risentono del rischio percepito dal finanziatore o di altri costi di transazione”.
Negli ultimi vent’anni, per il finanziamento di servizi ed infrastrutture, si è assistito ad una vera e propria inversione di tendenza: i costi del servizio idrico non rientrano più nella sfera della fiscalità generale bensì vige un po’ ovunque la regola di copertura dei costi mediante la tariffa del servizio. La finanza pubblica conserva comunque parte della sua importanza; addirittura in alcuni paesi assume un ruolo fondamentale per l’acquisizione di capitali attraverso circuiti protetti e garantiti.
L’obiettivo principale di questi strumenti infatti, è quello di ottenere un bilanciamento tra l’esigenza di acquisire capitali a condizioni finanziariamente vantaggiose (in relazione ai tempi di ammortamento ed ai costi da sostenere per gli investimenti in programma) e quella di poter sgravare la finanza pubblica dall’incombenza di dover finanziare gli investimenti. Il soggetto pubblico assume in questo ambito una nuova veste: egli piuttosto che fornire capitali a fondo perduto, diviene garante delle obbligazioni a carico del gestore nei confronti del mercato finanziario.
E’ chiaro che gli strumenti da adoperare variano a seconda dei contesti. Ci sono dei casi in cui è lo Stato che controlla le istituzioni finanziarie le quali erogano capitali a lunghissima scadenza e fungono da intermediarie tra gestori e mercati dei capitali, come ad esempio avviene in Olanda e in Germania. In altri paesi come la Francia invece, vi sono 6 apposite agenzie de l’eau, preposte alla riscossione di una serie di tributi (sui prelievi, sugli scarichi ecc.). L’incasso di questi tributi va a costituire una sorta di budget di spesa che viene ripartito mediante contributi agli enti locali a seconda delle loro esigenze di investimento. Il costo del capitale è pari a zero, in quanto si opera su una logica fiscale e ciò consente di ricoprire buona parte dei nuovi investimenti da realizzare.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Le prospettive del servizio idrico italiano all'indomani dei referendum abrogativi
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Informazioni tesi
Autore: | Agostino Cacace |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Giuseppe Moesch |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 261 |
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