L'analisi di impatto della regolamentazione nelle autorità indipendenti: il caso della Banca d'Italia

Nelle scelte di policy dei regolatori del settore finanziario si possono riscontrare due linee di tendenza comuni: la convergenza internazionale delle normative di vigilanza e l’incorporazione in queste delle best practice espresse dagli operatori e dal mercato.

All’origine di questa tendenza vi sono importanti fattori di mercato: la globalizzazione della finanza e l’internazionalizzazione degli intermediari sollecitano l’uniformità delle regole e il superamento degli ostacoli alla concorrenza; la complessità dei sistemi organizzativi e gestionali degli intermediari e la rapidità di cambiamento del contesto di mercato richiedono flessibilità e rapidità di adeguamento del quadro regolamentare.

L’attenzione per i costi della regolamentazione è anche la reazione naturale al numero ed alla portata delle innovazioni regolamentari in campo finanziario (da quelle che in Europa hanno consentito il completamento del Piano d’azione per i servizi finanziari ai nuovi principi contabili internazionali, sino alla profonda revisione della disciplina prudenziale delle banche - Basilea 2).

Per quanto concerne la percezioni degli operatori operanti nel settore va evidenziato che, già nel 2002, una survey condotta tra i maggiori operatori bancari (Banana Skins) aveva posto in evidenza come il “regulatory burden” costituisse una delle principali preoccupazioni per l’industria della finanza.

Tra il 2000 e il 2005, il rischio regolamentare è salito nella percezione dei partecipanti dal 27° al primo posto, per poi ridiscendere all’8° posto nel 2008 – nel pieno della crisi finanziaria – e tornare al terzo posto, preceduto dall’interferenza politica e dal rischio di credito, nel 2010.