Primavera araba: rivoluzione liberale o restaurazione islamica?
Le rivolte della Primavera nel mondo arabo
La “Primavera araba” ha stupefatto tutto il mondo perché ad oggi nessuno mai avrebbe potuto pensare che le popolazioni arabe si sarebbero rivoltate contro i loro rais. La rivoluzione iniziata nel dicembre 2010 è simile a tutte le altre rivoluzioni, che sono riuscite a mutare il corso della storia e a portare il mondo a grandi rinnovamenti sociali, culturali e politici. Piazza Tahrir in Egitto e le sue violente proteste sono state in un primo momento il simbolo per eccellenza delle speranze per un futuro di libertà e di democrazia. E’ stata il simbolo espressivo della volontà di moltissime persone, in particolare giovani, al cambiamento della concezione effettiva del loro essere cittadino e di essere individui che prendono parte e compongono una società “civile”. Si acclamavano a gran voce libertà e democrazia. Anche la Tunisia è stata toccata ed influenzata dalle rivolte arabe popolari. Qui la “rivolta del gelsomino”, come è stata successivamente definita, inneggiava alla cacciata del presidente tunisino Zine El-Abidine Ben Ali, ed è stata il primo tassello che ha sconvolto gli equilibri interni di diverse nazioni islamiche ed arabe. La sfida al regime autoritario e la giusta causa della libertà hanno contaminato tutto il quadrante nordafricano, riuscendo addirittura ad andare oltre. Lo spirito della Primavera araba si è facilmente diffuso ed ha ricevuto un fondamentale sostegno soprattutto grazie alla tecnologia di Internet e, in particolare, dei sociali network: tra questi quello che si è distinto maggiormente è stato Facebook, che ha permesso ai giovani rivoltosi di creare una rete virtuale, che li mettesse in comunicazione tra di loro e che potesse diffondere le vere informazioni sulla situazione corrente, saltando in questo modo le azioni di censura adottate dai regimi per limitare la circolazione di notizie indiscrete. Una “ventata di freschezza” è stata, a detta di molti intellettuali, la serie di sconvolgimenti politici verificatesi in Nord Africa. Ma a riguardo sono emerse delle opinioni diverse, in alcuni casi contrastanti. Alcuni idealisti hanno identificato la Primavera araba con la mera richiesta comune, proveniente dalla popolazione, di democrazia e di una maggiore partecipazione politica. Secondo altri, invece, le rivolte nordafricane sono state istigate e causate da un retroscena di fondamentalisti, che mirano principalmente ed esclusivamente all’affermazione di una rinascita islamica, non compatibile sicuramente con la democrazia, così come viene intesa nella parte di mondo occidentale e come la intendiamo noi, e che per farsi strada nell’attuazione di questo loro progetto hanno dovuto per forza mobilitare le masse cittadine chiedenti fittizi ideali di democrazia e libertà. Come riporta nel suo libro la giornalista, e deputata del Parlamento italiano dal 2005, Souad Sbai:
«Ora sono caduti i dittatori, ma il pericolo non è terminato anche perché qualcosa di oscuro si sta muovendo dietro lo “spirito di piazza Tahrir”. La fine del regime di Mubarak ha lasciato un vuoto politico che è stato colmato da un’altra giunta militare e dai fondamentalisti alle porte. I soldati hanno agito in nome di una sedicente “salute pubblica” e si sono autoproclamati garanti del popolo e della libertà. … I militari hanno solo saputo legittimare l’attuale governo provvisorio: il peggiore affare che l’Egitto del dopo Mubarak potesse fare. Il risultato è quindi solo un cambio di poteri e nessun passo in avanti. La democrazia, la laicità, i diritti umani e l’uguaglianza restano ovviamente ancora lettera morta, soprattutto perché all’orizzonte potrebbe esserci qualcosa di molto diverso dalla democrazia. Il nuovo regime egiziano si è infatti avvicinato alla Repubblica islamica iraniana. E’un’ingerenza che ai tempi di Mubarak non sarebbe mai avvenuta, un segno inequivocabile che qualcosa sta cambiando all’interno del paese.
Qualcosa di molto oscuro e preoccupante per tutti. L’avvicinamento parziale forse è stato favorito anche da una certa debolezza diplomatica e strutturale di Washington. … La verità, purtroppo, è che la primavera araba è stata solo un miraggio di ideali di libertà. L’iniziale rivolta sta andando verso qualcosa che potrebbe gelare tutte le istanze di democrazia. Ci si avvicina sempre più a un “inverno arabo” generato dalla presenza influente dei fondamentalisti nelle piazze e a livello istituzionale. La Libia, come l’Egitto, oscillava tra sentimenti di libertà e democrazia, ma ancora una volta quella politica silenziosa e pericolosa si è presa gioco di chi vuole la libertà. Gli occidentali hanno accolto con entusiasmo questa rivoluzione, (senza capire che stavano acclamando, applaudendo e lasciando spazio ai fondamentalisti islamici, [N.d.C.]). La stampa ha elogiato i ribelli di Bengasi come i ragazzi di piazza Tahrir. Si tratta però di un’atmosfera inquinata, sia per la presenza dei fondamentalisti sia per gli interessi petroliferi degli stessi occidentali, che hanno messo in moto le più importanti nazioni europee per l’attacco in Libia. La ventata di cambiamento si è sentita anche nella penisola arabica impregnando l’aria di rivoluzione, come nel piccolo stato del Bahrein. Le rivolte nell’arcipelago dimostrano che oggi non si è di fronte a uno “scontro di civiltà”, ma di interessi. Non si tratta dell’ennesima disputa tra Islam e Occidente, ma di un conflitto interno al mondo arabo. E’ una “rivoluzione” dagli esiti ancora incerti che nasconde due forze contrapposte nella società civile araba. Da una parte, c’è chi sostiene a oltranza una laicità pan arabica, dall’altra chi vorrebbe una contro-rivoluzione fondamentalista. I governi e la stampa internazionale si concentrano maggiormente sulla guerra libica, perché fondamentale per il quadrante mediorientale.» (Sbai, 2012)
“Quello di Tunisi non è terrorismo ma una rivoluzione culturale”, ha affermato la giornalista italiana, ma di origine marocchina, Souad Sbai, il 12 gennaio 2011, scrivendo un articolo per la testata giornalistica quotidiana online “L’Occidentale”, diretta dal direttore Giancarlo Loquenzi. E proprio Soaud Sbai è una convinta sostenitrice, come del resto la maggior parte delle persone, del vero cambiamento sociale della civiltà islamica verso una politica moderata, distinta dalla sfera religiosa e pregna di valori democratici e laici. [...]
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Informazioni tesi
Autore: | Manuel Glauco Matetich |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Marco Almagisti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 118 |
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