La sostenibilità del debito pubblico: uno sguardo dopo la crisi dei titoli sovrani in Europa

Il timore dei possibili effetti del crescente disavanzo pubblico e la sfiducia riguardo alla possibilità che il processo di formazione del bilancio porti spontaneamente a una sua riduzione hanno indotto alcuni economisti, specie dell'area monetarista, a proporre l'introduzione di vincoli di tipo costituzionale, o perlomeno legislativa, all'azione dei politici. Queste regole mirano a mantenere in pareggio il bilancio e a limitare la crescita della spesa pubblica.
Premesso che secondo molti economisti, non solo keynesiani, il disavanzo in talune occasioni non è affatto un male, c'è un sostanziale accordo nel ritenere insostenibile una politica strutturalmente tesa al deficit. Il problema maggiore è che l'economia, in questo campo, è il risultato di variabili politicoistituzionali che poco hanno a che vedere con modelli teorici di qualsivoglia scuola. Infatti i più grandi sostenitori dell'introduzione di regole sono coloro che hanno avuto un approccio politicoistituzionale al tema del deficit, come la scuola della public choice, che teme l'effetto distorsivo di fenomeni come l'illusione fiscale che i cittadini hanno sovrastimando gli effetti benefici a breve termine del deficit e sottostimando i costi delle imposte future. Buchanan parla della necessità di introdurre regole costituzionali perchè la buona volontà della politica da sola, senza cambiamenti istituzionali e strutturali, è insufficiente.