L'apprendimento visivo-non verbale di una lingua negli allievi con dislessia
Le principali teorie neuropsicologiche
Sono state individuate numerose differenze nell’attività cerebrale di individui con dislessia rispetto ai lettori tipici.
Di fatto si è notato che i cervelli di persone con dislessia non presentano nelle regioni temporali la tipica simmetria a vantaggio dell’emisfero sinistro, di competenza nell’adeguata elaborazione dei compiti linguistici.
Le origini di tali differenze sono da attribuire, come è stato osservato, a fattori genetici e ambientali che agiscono sullo sviluppo delle differenze individuali a livello comportamentale. A conferma della base genetica dei disturbi specifici dell’apprendimento ricordiamo che questi sono molto più frequenti negli individui di sesso maschile. Oltre a ciò, numerosi studi hanno dimostrato che la dislessia è associata anche ad una moderata ereditabilità e un dato riscontrato frequentemente è la presenza di disturbi di lettura nei genitori di bambini con dislessia. Sebbene la prevalenza della dislessia nella popolazione vari tra il 3 e il 7 per cento a seconda della lingua e del sistema ortografico, tra i parenti di primo grado la possibilità di ricorrenza del disturbo sale fino al 40 per centogrado la possibilità di ricorrenza del disturbo sale fino al 40 per cento.
Elencheremo di seguito, in ordine decrescente del livello di evidenza scientifica, i fattori di rischio per cui è stata riscontrata un’associazione positiva con lo sviluppo di ritardi nell’abilità di lettura:
- Due o più anestesie generali successive al parto, prima del quarto anno di vita;
- La presenza di disturbo del linguaggio nei bambini dai cinque fino agli otto anni aumenta il rischio;
- Storia genitoriale di alcolismo, abuso di sostanze stupefacenti o terapie farmacologiche prolungate;
- Esposizione parentale alla cocaina.
Uno studio del 2002 condotto su bambini normolettori e con dislessia, ha mostrato come nei primi ci fosse una tipica attivazione delle aree posteriori (ventrali e dorsali), mentre i bambini con dislessia mostravano una ridotta attività nei due sistemi di lettura posteriore e una maggiore attività nelle aree cerebrali frontali. Questo risultato confermerebbe che il reclutamento di ulteriori attività nei due sistemi di lettura posteriore e una maggiore attività nelle aree cerebrali frontali. Questo risultato confermerebbe che il reclutamento di ulteriori sistemi neuronali dell’emisfero destro generalmente meno implicati nella lettura, è un tentativo di compensare la ridotta attività osservata nelle aree posteriori.
In seguito a ulteriori studi di neuroimmagine dedicati alla risposta al trattamento riabilitativo, è stato documentato che le modificazioni comportamentali sono accompagnate da una riorganizzazione cerebrale e di conseguenza i cambiamenti nel funzionamento cerebrale sono un meccanismo necessario per poter migliorare le prestazioni di lettura. Esistono da tempo approcci riabilitativi, detti di neuromodulazione, che, attraverso tecniche non invasive come, per esempio la stimolazione magnetica transcranica (TMS) o la stimolazione transcranica a correnti dirette (TDCS), offrono la possibilità di indurre alterazioni dell’eccitabilità corticale in differenti aree. Sono le stesse tecniche utilizzate nei pazienti con Alzheimer o che hanno subìto lesioni cerebrali per migliorare le abilità di memoria e linguaggio.
La stessa stimolazione cerebrale non invasiva è stata utilizzata in pazienti con disturbi del comportamento o psichiatrici, in bambini e adulti affetti da schizofrenia o da depressione, ADHD, sindromi dello spettro autistico, ecc. a seguito di tali stimolazioni sono avvenuti miglioramenti delle performance di lettura in termini di aumento cerebrali per migliorare le abilità di memoria e linguaggio.
La stessa stimolazione cerebrale non invasiva è stata utilizzata in pazienti con disturbi del comportamento o psichiatrici, in bambini e adulti affetti da schizofrenia o da depressione, ADHD, sindromi dello spettro autistico, ecc. a seguito di tali stimolazioni sono avvenuti miglioramenti delle performance di lettura in termini di aumento dell’accuratezza o di riduzione degli errori, accompagnate da una maggiore velocità. La stimolazione cerebrale elettrica e magnetica per il trattamento di disturbi neurologici e psichiatrici non è di recente scoperta, ma veniva utilizzata già in passato per modulare dall’esterno il sistema nervoso. Si può modulare l’eccitabilità delle cellule nervose per ottenere un miglioramento della funzionalità di specifiche regioni del cervello e ripetendo tale stimolazione si possono stabilizzare maggiormente tali modifiche. Accoppiando la stimolazione cerebrale con esercizi e training per il miglioramento della lettura, l’effetto sembra essere potenziato. Iniziare tempestivamente un trattamento di recupero può ridurre sia le difficoltà di apprendimento che lo stress che ne consegue. Tali training possono essere intrapresi fin dalla prima classe primaria nei casi in cui le difficoltà di apprendimento dei processi di letto-scritturato. Iniziare tempestivamente un trattamento di
recupero può ridurre sia le difficoltà di apprendimento che lo stress che ne consegue. Tali training possono essere intrapresi fin dalla prima classe primaria nei casi in cui le difficoltà di apprendimento dei processi di letto-scrittura siano marcate. Tuttavia, l’individuazione del disturbo avviene ancora in tempi tardivi, spesso alla fine della scuola primaria o addirittura all’inizio di quella secondaria.
Gli obiettivi del trattamento per un bambino con dislessia tengono conto di un’attenta analisi del profilo neuropsicologico nonché delle difficoltà nella rapidità e accuratezza nella lettura. Nei casi di diagnosi tardiva vengono suggerite strategie compensative volte a favorire l’autonomia nello studio, come ad esempio attività metacognitive per la comprensione e la produzione del testo. L’obiettivo delle strategie metacognitive sulla lettura è quello di insegnare al bambino a riflettere sul significato di ciò che ha letto e fare inferenze su ciò che sta per leggere, usando le sue conoscenze pregresse. È fondamentale che il trattamento venga eseguito sempre da figure specializzate come logopedisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva o da psicologi che si occupano di riabilitazione neuropsicologica. Sicuramente il riconoscimento precoce di tale condizione e un intervento altrettanto tempestivo possono fornire al bambino le tecniche utili per contenere gli effetti negativi.
La natura complessa del disturbo e la sua multiformità nel manifestarsi, ne rendono complesso lo studio eziologico.
Ad oggi non esiste un’unica teoria sulle cause che sia accettata dall’intera comunità scientifica.
I principali modelli teorici che attualmente si concentrano sull’individuazione del deficit sono:
1. La teoria del deficit visivo-uditivo (magnocellulare);
2. La teoria del deficit fonologico;
3. La teoria cerebellare o del deficit di automatizzazione;
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L'apprendimento visivo-non verbale di una lingua negli allievi con dislessia
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Informazioni tesi
Autore: | Silvia Bonomo |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Linguistica |
Relatore: | Maria Roccaforte |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 199 |
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