TUTELA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI E COVID-19: un'analisi delle misure di contenimento alla luce del Patto internazionale sui diritti civili e politici e della Convenzione europea dei diritti umani
Le misure di contenimento adottate dallo Stato italiano a fronte della pandemia
L'emergenza sanitaria e le misure necessarie a contrastare e contenere la diffusione del nuovo coronavirus hanno inciso profondamente anche sul nostro Paese. La malattia da COVID-19, infatti, si è rapidamente propagata al di fuori dei suoi originari confini cinesi, deflagrando, innanzi tutto, in Italia, che è uno degli Stati più colpiti al mondo. Si tratta di una sfida senza precedenti, che ha imposto l'emanazione di una decretazione d'urgenza per il contenimento del contagio virologico, limitando molti diritti fondamentali, come la libertà di circolazione e di soggiorno, la libertà di riunione, la libertà religiosa, il diritto/dovere all'istruzione, la libertà di iniziativa economica, i quali sono tutelati non solo nella Costituzione italiana ma anche in due trattati internazionali di cui l'Italia è parte: la Convenzione europea dei diritti umani e il Patto internazionale sui diritti civili e politici. Successivamente alla dichiarazione da parte dell'OMS di una emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale e dopo aver deliberato lo stato d'emergenza per la durata di sei mesi, il Presidente de Consiglio ha adottato le prime misure precauzionali implementando i controlli aeroportuali per i cittadini provenienti dalla zona sede del focolaio epidemico e attuando accurate misure di controllo (tra le quali: misurazione della temperatura corporea, identificazione e isolamento dei malati, procedure per il rintraccio e la quarantena dei contatti stretti).
In seguito ai focolai registratisi in Lombardia e Veneto, il Governo italiano, ai sensi dell'art. 77 della Costituzione, ha delegato al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di adottare “ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica”. Pertanto, il Consiglio dei Ministri, su proposta del suo Presidente, ha approvato il decreto-legge n° 6 del 26 febbraio 2020. Quest'ultimo è stato convertito dal Parlamento con la Legge n°13 del 5 marzo 2020. In quei giorni, si rese evidente che non era possibile contenere il virus nelle c.d. Zone Rosse identificate come primo focolaio italiano e corrispondenti all'area del Basso Lodigiano e Padovano. Pertanto, a partire dal 9 marzo 2020, le misure restrittive furono applicate su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo, salva la facoltà dei Presidenti di alcune Regioni di adottare misure più rigide mediante ordinanze.
Posto che i diritti umani garantiti dai due strumenti internazionali di nostro interesse possono essere limitati attraverso il ricorso alle clausole di deroga o alle clausole di limitazione, in quest'ultimo caso, come già sottolineato, è necessario che le restrizioni siano previste per legge, perseguano un interesse legittimo e siano proporzionate rispetto allo scopo da perseguire. Nell'ambito dell'emergenza sanitaria in corso, si tratta di capire se i provvedimenti adottati dallo Stato italiano siano compatibili e conformi alle norme poste a tutela dei diritti umani presenti nella CEDU e nel Patto.
In particolare, l'Italia non ha effettuato alcuna dichiarazione di deroga straordinaria. Sebbene non si conoscano le ragioni di tale scelta, si può ipotizzare che il Governo abbia ritenuto possibile fondare la legittimità delle limitazioni al godimento dei diritti sulle clausole di limitazione ordinarie. Pertanto, le iniziative assunte dall'Esecutivo per fronteggiare la malattia da COVID-19 sono ricondotte alle clausole di limitazione dei diritti umani, asserendone la proporzionalità, la rispondenza a ragioni di sanità pubblica e la corretta previsione per legge. Da questo punto di vista, l'Italia non avrebbe bisogno di ricorrere allo stato di eccezione di cui all'art. 15 della CEDU e all'art. 4 del Patto per garantire la legittimità convenzionale delle misure anti-pandemia assunte. Tuttavia, quest'ultima soluzione sembrerebbe imporsi come la più opportuna e meglio rispondente agli obblighi internazionali relativi al rispetto dei diritti umani. Questo in quanto le limitazioni ordinarie di un diritto non possono spingersi al punto di compromettere l'esistenza del diritto stesso. In tal senso si esprime, per esempio, l'art. 17 della CEDU, nella parte in cui stabilisce che: “Nothing in this Convention may be interpreted as implying for any State, group or person any right to engage in any activity or perform any act aimed (…) at their limitation to a greater extent than is provided for in the Convention”. [...]
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Oliboni |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi di Parma |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Elena Carpanelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 120 |
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