Le condizioni di economicità nelle imprese a totale controllo pubblico e nelle imprese pubbliche compartecipate da privati: quali differenze?

Sebbene il processo di privatizzazione descritto in precedenza abbia drasticamente ridotto la presenza dello Stato nell’economia e, di fatto, portato all’istaurarsi di forme societarie differenti dalla mera dicotomia pubblico-privato, le imprese a totale controllo pubblico (State-owned enterprises – SOEs) continuano a rappresentare ancora oggi una realtà piuttosto consistente nell’economia domestica, e nell’economia europea in generale.

Più precisamente, tra le imprese nazionali a controllo interamente statale esempi piuttosto lampanti sono rappresentati da Ferrovie dello Stato Italiane S. p.A. e fino al 27 ottobre 2015 anche da Poste Italiane S.p.A., parzialmente privatizzata di recente; entrambe queste imprese operano in stretto rapporto con il mercato, seppur sotto condizioni di differente competitività.

Accanto alle imprese a totale controllo statale, vi sono poi le c.d. imprese municipalizzate o le imprese comunali, affidate anch’esse esclusivamente ad un soggetto economico pubblico. Tra queste annoveriamo, ad esempio, le aziende pubbliche di trasporto locale (es. Atac Roma o ATM Milano), le c.d. public utilities locali, esercenti servizi di vario genere (es. AMA Roma) o le c.d. farmacie comunali.

In via generale, è possibile asserire che le realtà economiche interamente pubbliche, sia statali sia locali, presentano per loro natura una vasta serie di limitazioni, che si ripercuotono inevitabilmente anche sulle condizioni di economicità con le quali vengono gestite ed è proprio questo fattore che ha spinto molto spesso il soggetto politico ad aprire parzialmente il capitale sociale ad azionisti privati, dando luogo alle c.d. mixed enterprises.