L'approccio narrativo nel trattamento delle dipendenze
Le dipendenze: definizioni e criteri diagnostici
Il termine dipendenza indica un legame irrinunciabile e incoercibile instauratosi tra una persona e una sostanza, un gioco, un oggetto, un comportamento.
La conseguenza di tale relazione, vissuta in modo assoluto e imprescindibile, è un condizionamento nello stile di vita, che modifica e domina i comportamenti in modo significativo e disfunzionale.
Mirko Steiner e Andrea Gianinazzi autori di un articolo sulla storia delle tossicodipendenze [https://www4.ti.ch/fileadmin/DSS/DSP/US/PDF/Tossic.../EvoluzioneDipendenze.pdf - ultimo accesso 10/05/2018] scrivono che ogni epoca ha avuto la propria dipendenza: fin dall’antichità infatti si conoscevano e si faceva uso, sebbene senza alcuna conoscenza chimica, di oppio e bevande alcoliche (fino all’abuso).
Dal 1700 in avanti «l’alcol continuò a restare la sostanza di abuso più diffusa assieme al tabacco», mentre nel 1900 fecero la loro comparsa, barbiturici, anfetamine, anoressizzanti e dopanti (nel 1905 la Bayer pubblicizzò un prodotto efficace contro le tossi provocate dalla tubercolosi: l’eroina)
In un primo tempo il concetto di dipendenza venne legato unicamente a quello di uso – abuso di sostanza e in particolare, almeno fino agli anni ’50, riguardavano l’alcool, la morfina e la cocaina, non perché il tabacco non fosse causa di dipendenza, ma perché il contesto politico-sociale fungeva da rinforzo positivo al suo uso. Fumare, cosa e come erano uno status.
LSD e marijuana, vennero promosse dai movimenti di rivolta nati in America contro la guerra del Vietnam assumendo la valenza di liberazione culturale.
Oggi accanto alla cocaina, alla cannabis, al MDMA, GHB/GBL e alla ketamina, vanno ascritte Crystal Meth, PIED, triptamine e piperazine, gli psicofarmaci acquistabili in rete, un elenco riduttivo rispetto a quanto offerto dal mercato.
Il DSM-IV-TR differenzia le dipendenze in relazione all’oggetto che le determina e nel capitolo dei Disturbi Correlati a Sostanze, prende in considerazione 11 classi: «alcool; anfetamine o simpaticomimetici ad azione simile; caffeina; cannabis, allucinogeni; inalanti; nicotina; oppiacei; fenciclidina; (PCP) o arilcicloexilaminici ad azione simile e sedativi, ipnotici ansiolitici.»
La versione successiva (DSM –5) inserisce nello stesso capitolo anche il Disturbo da Gioco d’Azzardo (Gambling Desorder) riconoscendo, grazie all’apporto delle recenti ricerche di neuroimaging e neuroscienze, una significativa rilevanza tra questa patologia e la dipendenza da sostanze senza tuttavia includere altre comportamenti considerate disfunzionali quali: le dipendenze da internet (IAD).
Nel 1995 uno psichiatra della Columbia University, il dottor Ivan Goldberg, propose di introdurre proprio nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, sebbene provocatoriamente, 5 tipologie di Internet Addiction Disorder:
1. Cybersexual Addiction: l’uso compulsivo di siti dedicati al sesso virtuale e alla pornografia.
2. Cyber-Relational Addiction: la tendenza ad instaurare relazioni amicali o amorose con persone incontrate on-line.
3. Net-Compulsion: i tre principali comportamenti compulsivi che si possono mettere in atto tramite Internet sono il gioco d’azzardo, la partecipazione ad aste on-line, il commercio in rete
4. Information Overload: la ricerca di informazioni tramite la navigazione
5. Computer Addiction: la tendenza al coinvolgimento in giochi virtuali, come per esempio i MUD, giochi di ruolo interattivi in cui il soggetto partecipa costruendosi un’identità fittizia. L’anonimato consente di esprimere se stessi liberamente e di inventare dei personaggi che sostituiscono la vera personalità dell’individuo.
Egli ipotizzò inoltre che un uso prolungato, esclusivo e inevitabile di internet, conducesse a un disagio clinicamente significativo simile a quello rilevato nelle tossicodipendenze poiché, la relazione di dipendenza, verso qualunque cosa sia diretta, si manifesta attraverso comportamenti denotanti il bisogno compulsivo di vicinanza, l’uso e il consumo che se non soddisfatti, generano malessere cosicché:
«Le conseguenze negative che ne derivano si ripercuotono sull'intero funzionamento individuale, provocando una condizione di sofferenza che si estende al contesto di appartenenza del soggetto»
Si delinea così una classificazione duplice di dipendenza: quella fisica e quella psichica e, in entrambi i casi, sono osservabili alcuni elementi che connotano la subordinazione al composto chimico o al comportamento vissuti come inevitabili utili ai fini diagnostici.
I sintomi della dipendenza da sostanze secondo il DSM: «conducono a menomazioni o disagio clinicamente significative» dovuti sia ai comportamenti legati al recupero della stessa, che a come questa ricerca e questo stato di continua allerta per procurarsi ciò che serve condizionano le attività sociali, le relazioni, il lavoro e la scuola.
Sono presenti inoltre tentavi infruttuosi si ridurre o interrompere l’uso di una sostanza senza riuscirci, la difficoltà di vivere situazioni o contesti relazionali in modo adattivo e funzionale, il continuare a fare uso di un prodotto chimico anche quando se ne conoscono la pericolosità, vivere l’illusione di «poter smettere in qualunque momento»
[...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'approccio narrativo nel trattamento delle dipendenze
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Informazioni tesi
Autore: | Mariangela Ciceri |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi Guglielmo Marconi |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Marco Saettoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 132 |
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