La violenza nei legami intimi: analisi dei fattori di rischio dell'IPV attraverso la griglia di codifica per le storie di coppie violente
Le conseguenze della violenza sulle donne
La violenza persistente nel tempo genera dei veri e propri maltrattamenti, dando vita ad una serie di conseguenze sulla salute fisica e psichica della donna che la Walker (1979) racchiude nell'espressione "sindrome della donna maltrattata". Il termine sindrome fa riferimento ad una vasta gamma di sintomatologie che si sviluppano conseguentemente ai maltrattamenti subiti e debilitano la capacità della donna di uscire dal rapporto violento. Le donne esposte, per molto tempo, alla violenza cominciano a perdere la loro autostima, il senso di sé, il senso della realtà, la capacità di definire quello che succede intorno a loro, di darvi un senso personale. La donna vittima di violenza si sente in colpa nei confronti del partner ma anche per "essersele cercate" (Gamberini, 2004). Si assiste ad una perdita sempre più marcata di autostima che viene segnalato attraverso il corpo: molte donne vittime di violenza lamentano una serie di disturbi somatici come la depressione, la tachicardia, l'insonnia, la difficoltà a deglutire, il sentire "un nodo alla gola", disturbi gastrointestinali, un silenzio interno e un'ansia costante.
Sono frequenti inoltre (Gamberini, 2004):
- Apatia;
- Difficoltà di attenzione e di concentrazione;
- Instabilità emotiva;
- Ansia;
- Abuso di alcool, droghe, psicofarmaci;
- Paura e sfiducia verso gli altri;
- Difficoltà in relazione alla sessualità.
Se la violenza si protrae nel tempo, con episodi ricorrenti, la vittima può ammalarsi di veri e propri disturbi. Frequenti sono:
-Attacchi di panico;
-Fobie;
-Disturbi alimentari;
-Disturbi del sonno (incubi, sogni ricorrenti);
-Disturbi psicosomatici;
-Dipendenza da sostanze (alcool, droghe, psicofarmaci).
Il disturbo, tuttavia, maggiormente ricorrente è il disturbo post-traumatico da stress (DPTS), associato al vivere eventi traumatici e all'essere esposti a microtraumi giornalieri. Il disturbo racchiude una vasta gamma di sintomi e disfunzioni che compromettono l'intera personalità. Herman (1992), riguardo alle conseguenze della violenza sulla salute delle vittime, sostiene che nel caso di traumi prolungati o ripetuti la diagnosi di disturbo post-traumatico da stress non sia abbastanza accurata, non riesca a dare un'immagine reale di un quadro sintomatico così complesso e, proprio per tener conto di tutti i possibili esiti di traumi di questo tipo, l'autrice propone la nuova diagnosi di disturbo post-traumatico complesso (PTSD), allo scopo di poter valutare le risposte personali al trauma lungo un continuum che va dalla semplice reazione acuta al trauma, al PTSD classico, fino al quadro complesso:
"La sindrome che si manifesta in seguito a un trauma prolungato e ripetuto deve avere una sua propria definizione. Propongo di chiamarla "disturbo post-traumatico da stress complesso>". Le risposte al trauma si comprendono meglio come uno spettro di condizioni piuttosto che come un singolo disturbo. Condizioni che possono andare da una breve reazione da stress che migliora da sola e non si precisa mai come diagnosi, al classico disturbo post-traumatico da stress, alla più complessa sindrome da trauma prolungato e ripetuto" (Herman, 1992, p. 160).
Da allora molte ricerche sono state fatte e la nuova diagnosi è sempre più diffusa tra coloro che si occupano di abusi. Si parla di disturbo post-traumatico complesso quando i sintomi consistono in una alterazione nella regolazione degli affetti e degli impulsi (depressione, autodistruttività, coinvolgimento in situazioni pericolose), nella somatizzazione (sintomi di conversione, ansia, ipervigilanza), in episodi di dissociazione (depersonalizzazione), in alterazioni patologiche della propria identità e delle relazioni (relazioni instabili, incapacità di provare fiducia negli altri, colpa, vergogna), in una alterazione del sistema dei significati e della percezione del persecutore (perdita di opinioni precedentemente sostenute, idealizzazione del persecutore, distorsione delle proprie convinzioni). Siamo in presenza di sintomi eterogenei, di cambiamenti di personalità e di un'alta probabilità di ripetere l'esperienza attraverso comportamenti aggressivi eterodiretti e autodiretti.
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Antonietta Marciano |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Marisa Malagoli Togliatti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 168 |
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