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La fortuna critica di Bill Viola in Italia (1970-2010)

La videoarte in Italia

In Italia la storia del video comincia piuttosto presto, seguendo l'esempio statunitense, e trova un padre, nonché un motore propulsore, in Luciano Giaccari, che ha coordinato le attività degli artisti del periodo.
Il suo primo progetto, Televisione come memoria, è del 1968; esso si proponeva di documentare in tempo reale la 24 ore di No-Stop Theatre, opere di fumo e di vento, esperimento di nuovo teatro, una manifestazione organizzata da Giaccari a Varese in spazi extra-istituzionali, corredata da 24 monitor che ogni ora trasmettevano in diretta e in differita gli eventi in corso. Il video ha così come obiettivo la documentazione in diretta della realtà, così come la conservazione della memoria di ciò che è passato. I punti di riferimento per i pionieri italiani del video, in quel periodo, sono i lavori di Nam June Paik, negli Stati Uniti, e in Germania quelli di Wolf Vostell e Gerry Schum.
Questi ultimi, a loro volta, trovano esemplare il lavoro degli artisti italiani sulla videodocumentazione in tempo reale. In quegli anni l'Occidente è in pieno fermento tecnologico; in questo clima il video non rappresenta un nuovo genere, bensì uno strumento con il quale gli artisti possono sperimentare una nuova estetica. I più intraprendenti e coraggiosi di loro già dal dopoguerra cominciano ad interessarsi a questa nuova tecnologia: è infatti del 1954 l'arrivo della televisione nelle case degli italiani, che rappresenterà una rivoluzione sociale e culturale capace di influire tuttora sul nostro modo di pensare. Gli artisti di allora, in realtà, guardano al nuovo mezzo con un certo disprezzo, ritenendolo foriero di appiattimento intellettuale e, ovviamente, cominciano a scagliarsi contro la sottovalutazione delle potenzialità espressive di un sistema così all'avanguardia.

Una grande influenza su tutto ciò che riguarda le ricerche sul video è esercitata dal movimento Fluxus, di cui Wolf Vostell è un protagonista di spicco. Inizialmente le ricerche del gruppo sono di tipo cinematografico, con la realizzazione, nel 1966, del programma Fluxfilm Program, con brevi filmati di Erich Andersen, Chicko Shiomi, John Cavannaugh, George Brecht, John Cage, Albert Fine, Robert Watts, Pieter Vanderbeck, Wolf Vostell, George Landow, Yoko Ono. Il video si adatta non solo alle esigenze di rinnovamento di Fluxus, ma anche a quelle della cosiddetta controcultura, dell'underground, a causa delle sue agilità ed immediatezza. Il 1970 – dal 31 gennaio al 28 febbraio – segna l'ingresso del video in un'istituzione italiana, il Museo civico di Bologna, nella mostra organizzata da Renato Barilli, Maurizio Calvesi, Tommaso Trini e Andrea Emiliani, intitolata Gennaio 70, 3° biennale internazionale della giovane pittura. Comportamenti Progetti Mediazioni. In questo contesto vengono trasmesse con un sistema a circuito chiuso le registrazioni delle azioni di vari artisti: Nell'istante in cui appaiono queste scritte è trascorso il tempo che un giorno la mia ombra partita all'alba dalla cima dello Stromboli ha impiegato per percorrere una distanza pari a quella fra il Sole e la Terra di Giovanni Anselmo; Numerazione di Alighiero Boetti; Io e i miei cinque anni della mia reale reale predica di Pierpaolo Calzolari; Riflessione speculare di Mario Ceroli; Chiodo Fisso di Claudio Cintoli; Vobulizzazione di Gianni Colombo; Presdigitazione. Tentativo di volo. Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi intorno ad un sasso che cade nell'acqua. La morra cinese di Gino de Dominicis; Quid nihil nisi minus? di Luciano Fabro; Fiori di Fuoco di Jannis Kounellis; La serie di Fibonacci di Mario Merz; Antibiotico/Registrazione con oggetto di cera e sintesi elettrica di Marisa Merz; Preghiere Marziane di Luca Maria Patella; Lettere d'alfabeto di Giuseppe Penone; Riflessioni di Michelangelo Pistoletto; Magnete/Proiezione TV. Programmazione di elementi a proiezione miniaturizzata con cancellazione alterna nel quadro di Emilio Prini; Fluidità radicale di Gilberto Zorio; Alta acrobazia di Eliseo Mattiacci; e infine Gianni Emilio Simonetti, il cui video (Camera folta (a, a, a,) (acquitrino, ansietà artificio) – basato su una telecamera modificata – non venne presentato per inconvenienti tecnici. Da questo momento sono parecchie le gallerie che ospiteranno le opere dei videoartisti: a Roma l'Obelisco di Gaspero del Corso con VideObelisco art Video recording – che presenterà per la prima volta telecamere a circuito chiuso per trasmettere simultaneamente la realtà dentro e fuori la galleria – l'Attico di Fabio Sargentini, in collaborazione con Giaccari; a Milano il Diagramma di Luciano Inga Pin, Françoise Lambert, Franco Toselli, Marconi; a Venezia la galleria del Cavallino; Martano e Christian Stein a Torino; De Domizio a Pescara, e ultima, ma non per importanza, art/tapes/22 a Firenze, gestita da Maria Gloria Bicocchi e che funge anche da centro di produzione video, di cui parlerò in seguito. Nel 1967 nasce la videoteca Giaccari a Varese, con il nome di studio 970/2, con il duplice obiettivo di realizzare video d'autore e documentare opere di artisti. Nel 1972, quando fonda e dirige Videocritica, Giaccari inizia a classificare i metodi di impiego del videotape in arte, distinguendo tra videotape, videoperformance, videodocumentazione, videodidattica, videocritica. La Classificazione dei metodi di impiego del videotape in arte viene pubblicata nel 1973, e introduce per la prima volta la distinzione tra "video diretto" (caldo, creativo) e "video mediato" (freddo, documentativo); due i pregi, secondo Vittorio Fagone: il criterio di archiviazione e ordinamento dei materiali e le metodiche di intervento nel campo della documentazione. Tra i pezzi rari della videoteca, divenuta nel frattempo museo elettronico (MUel) a Varese, ci sono i video girati per la prima mostra di videoarte italiana Gennaio 70.
Importante citare nel 1973 L'altro video, incontro realizzato dal Festival del Cinema di Pesaro, che rappresenta il primo incontro dei critici e dei curatori attenti ai nuovi linguaggi, che poi diffonderanno la cultura del video in Italia.

Altro passo fondamentale per la costruzione della nostra storia delle arti elettroniche è rappresentato, nel 1974, dalla produzione delle videoinstallazioni di Fabrizio Plessi Segare l'acqua e Travel, che inaugurano, in un certo senso, la stagione videoartistica italiana. Nel 1970 Vincenzo Agnetti realizza, insieme a Gianni Colombo, alcuni esperimenti con il video di valenza decisamente teorica: Orizzontale, Vobulazione e Bieloquenza Neg, dove la relazione spazio-tempo è al centro della ricerca. Il video in quel momento è il modo più interessante per esprimere questa relazione, che viene affrontata dagli artisti galvanizzati dalla novità e dalla freschezza del mezzo. Il caso di Paolo Rosa, fondatore del gruppo multimediale Studio Azzurro, esemplifica il processo di rinnovamento avvenuto in Italia nei primi anni Settanta: abbandonare le pratiche legate alla pittura per cercare in altri media (fotografia e cinema) una possibilità di impegno sociale e politico, avendo come obiettivo quello di contribuire a destrutturare le immagini veicolate dai mass media. Già dalle prime opere del gruppo si intravede una forte volontà di includere lo spettatore nell'opera, per renderlo partecipe di una particolare esperienza estetica; i primi lavori sono videoambientazioni (Il nuotatore, Vedute) che indagano sul possibile rapporto tra l'immagine video e l'ambiente circostante. La trilogia composta da Prologo a dialogo segreto contraffatto, Correva come un lungo segno bianco e Camera astratta rappresenta, secondo la critica, una delle pionieristiche sperimentazioni di videoteatro e di videoperformance più riuscite ed interessanti del panorama italiano ed europeo. Fondamentale, per la storia della videoarte italiana, il Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti a Ferrara, fondato nel 1972 da Lola Bonora e dai lei diretto fino al 1994. Il Centro è un'emanazione della Galleria Civica d'Arte Moderna, e già per questo carattere istituzionale assume una connotazione di eccezionalità e nello stesso tempo di solidità professionale che ne accompagna le vicende.
La struttura si apre ad una serie di esperienze che vanno dalla produzione di opere video all'organizzazione di mostre, rassegne e convegni internazionali, incontri, dibattiti e ricerche. Ferrara diventa così un punto di riferimento non solo in Italia, ma nel contesto internazionale della crescente attenzione per la videoarte, lavorando inoltre con analoghi centri di Buenos Aires, di Anversa, di Barcellona, con il Centre Pompidou di Parigi, con il MOMA di New York e con la New York University. Gli intenti, inizialmente documentari, si allargano presto alla produzione, che diventerà un elemento caratterizzante dell'attività del Centro; fin dagli inizi esso ha chiamato a collaborare alcune delle personalità più interessanti della videoarte italiana e straniera: Marina Abramovic e Ulay, Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Christo, Jim Dine, Emilio Vedova, Mario Schifano, Nam June Paik, Woody e Steina Wasulka, Gianni Toti, Giuseppe Chiari e Fabrizio Plessi (quest'ultimo vi realizzerà, nel 1973, il suo primo videotape, Acqua-biografico). Il già citato Plessi diventerà uno dei più conosciuti videoartisti italiani, anche in ambito europeo e statunitense. La sua ricerca sul video pone da subito una particolare attenzione al tema dell'acqua, elemento-chiave nell'ambito della videoarte a causa della sua affinità con il flusso in perenne movimento dell'immagine elettronica. Ritroveremo questa cifra stilistica anche in Bill Viola, che farà dell' acqua un elemento irrinunciabile della sua arte. Negli anni Ottanta si assiste al fenomeno della television art, una sorta di dialogo tra artisti, autori indipendenti e reti televisive particolarmente lungimiranti. Alla RAI, ad esempio, il Servizio Ricerca e Sperimentazione Programmi è aperto al contributo di registi cinematografici, televisivi e teatrali e di drammaturghi, ed è dedicato all'esplorazione di una nuova "narratività" ispirata alle risorse dell'immagine elettronica; anche le sedi regionali RAI, in quegli anni, dettero spazio a operazioni innovative (è il caso della rete della Campania con il video teatrale di Mario Martone e della sua compagnia, Tango Glaciale, del 1982).
Questo decennio rappresenta dunque una compenetrazione tra alcune emittenti televisive e il video indipendente, con uno scambio di idee e procedimenti, in cui la videoarte si apre ad una sperimentazione più astratta: Good Morning Mr. Orwell fu trasmesso il 1° gennaio 1984 oltre che negli USA e in Francia, anche in Corea, Germania e Paesi Bassi, e conteneva performance di artisti come Laurie Anderson, Yves Montand, Joseph Beuys, John Cage, Allen Ginsberg, Peter Gabriel; esso venne a rappresentare il primo modo di fruizione popolare della videoarte, attraverso la diffusione televisiva. Anche la televisione pubblica spagnola, la TVE, dedica al fenomeno della videoarte ampio spazio, con la creazione della serie El Arte del Video (1989) a cura di Ramón Pérez Ornia. Questo progetto focalizza l'attenzione sulla composizione del video e su alcuni artisti selezionati (Nam June Paik, Stephen Beck, Woody Vasulka), che hanno utilizzato tecniche analogiche e digitali per creare esempi di arte visuale altamente innovativi. In questa sede vengono così esplorati, mescolati a frammenti di puro intrattenimento e piacere visivo, quegli effetti tipici della videoarte, messi a punto da ingegneri e artisti nel corso degli anni per creare nuove forme di immaginazione elettronica.

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La fortuna critica di Bill Viola in Italia (1970-2010)

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Informazioni tesi

  Autore: Costanza Ferruzzi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Marco Maria Gazzano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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