L'esame incrociato della persona offesa minorenne
La valutazione delle dichiarazioni della persona offesa
In un passo della sua opera "Teoria delle prove giudiziarie", Jeremy Bentham dice che la causa della persuasione prodotta dalla testimonianza consiste nella "disposizione a credere (…) siccome le asserzioni vere sono di molto superiori alle false, la disposizione a credere è lo stato abituale (…) la fedeltà della testimonianza, cioè a dire la sua esattezza e pienezza, dipende da due cose: dallo stato delle facoltà intellettuali del testimonio e la sua disposizione morale e dallo stato del suo intendimento e volontà. Le facoltà intellettuali sono ordinariamente comprese sotto quattro capi: percezione, giudizio, memoria, immaginazione; avuto riguardo al soggetto di cui trattiamo, è d'uopo aggiungerne una quinta, l'espressione per cui intendo la facoltà di esternare con il discorso ciò che passa nello spirito".
In ambito giudiziario il ruolo della testimonianza è di fondamentale importanza e molto spesso costituisce il miglior elemento di prova della colpevolezza dell'imputato. Questa considerazione è stata confermata da uno studio svolto durante i primi anni '70 negli Stati Uniti, dal quale emersero dati molto interessanti.
Furono effettuati 2116 riconoscimenti di sospetti, i quali furono riconosciuti solo nel 45% dei casi. Dopo essere state identificate, 850 persone furono processate; l'82% di queste furono condannate. Il dato interessante è che 347 persone furono processate e il 74% di queste condannate, sebbene la solo prova contro di loro fosse il riconoscimento di uno o più testimoni. Questi dati dimostrano che, quando nessun'altra prova è disponibile, la testimonianza risulta essere indispensabile.
Da sempre la dottrina del processo penale si è concentrata sul momento dichiarativo della testimonianza, tralasciando le modalità con la quale questa viene acquisita; nel nostro paese manca la consapevolezza dell'importanza delle modalità con cui vengono raccolte le deposizioni; e lo stesso legislatore si è polarizzato sugli aspetti tecnici della prova dichiarativa intesa come canale di trasmissione dei dati. Ma il passato non si presta ad essere riprodotto: chi tenta di ricostruirlo non può che tendere ad una conoscenza relativa ed opinabile.
"Una dichiarazione precisa, per quanto il suo autore vi impegni la propria responsabilità, in sé non costituisce prova del fatto riferito, e qui sta l'aporia della testimonianza, la quale serve a provare in quanto sia provata; se cercassimo di provarla con altre testimonianze, il problema si riporrebbe nei medesimi termini; quando poi fossimo riusciti a verificarla sulla base dei dati oggettivi, (ossia di argomenti che, come diceva Aristotele, non si possono subornare, a differenza dei testimoni) diventerebbe una premessa superflua ai fini del decidere: o non è verificata o lo è con argomenti sufficienti da soli a risolvere la questione di fatto, e allora il racconto del testimone appare inutile. Sul piano logico il dilemma non concede via d'uscita".
Tuttavia la testimonianza, purché ingannevole e imperfetta che sia, rimane un contributo prezioso per l'accertamento dei fatti e non si potrebbe farne a meno. Ciò che possiamo fare è farne un uso più razionale attraverso una valutazione critica della sua validità e dei fattori di disturbo che possono ridurne la portata.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'esame incrociato della persona offesa minorenne
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Informazioni tesi
Autore: | Giada Gabrielli |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Paolo Tonini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 269 |
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