Il Product placement dalle origini ai giorni nostri
La valutazione della liceità del product placement in Italia
Non vi è dubbio sul fatto che sia particolarmente difficile determinare in concreto se il product placement è effettivamente realizzato oppure se ci si trova di fronte alla libertà di espressione e di creazione artistica dell’autore del contenuto, poiché la riproduzione cinematografica o televisiva della realtà contemporanea comporta necessariamente l’esibizione di oggetti, marchi e prodotti che normalmente è possibile trovare sul mercato. Il problema principale, per la valutazione della liceità del product placement, quindi, è quello della riconoscibilità, l’individuazione da parte dell’organo giudicante della stessa natura pubblicitaria del messaggio in esame, ovvero se ciò che viene mostrato o scritto costituisca realmente comunicazione pubblicitaria occulta, oppure risponda solo alle esigenze artistico - narrative. A tal proposito l’indizio per eccellenza dell’esistenza di pubblicità occulta è dato dall’individuazione del rapporto di collaborazione tra il responsabile della produzione cinematografica o televisiva con l’impresa produttrice del bene o del servizio pubblicizzato, il cosiddetto rapporto di commessa. L’individuazione del legame che lega l’autore dell’opera cinematografica e l’impresa, nella maggior parte dei casi risulta particolarmente difficile perché i soggetti coinvolti adottano particolari cautele affinché l’accordo resti il più segreto possibile; ecco perché la prova della natura pubblicitaria di un’inquadratura non deve necessariamente vertere sul rapporto di commissione. Prova non meno efficace possono essere gli indici presuntivi, come:
- il tipo di inquadratura
- l’indispensabilità dell’inquadratura, del marchio o del prodotto
- la mancanza di naturalità della scena
- l’assenza di concrete esigenze narrative
- la frequenza con cui avviene l’esposizione al prodotto
Quando, al contrario, la presenza di marchi e prodotti è stata ritenuta necessaria per esigenze artistico – narrative o le inquadrature non reiterate o innaturali, l’Autorità si è pronunciata a favore della non sussistenza di uno scopo promozionale. Chiaramente, qualora tale scopo, pur presente, venisse manifesto al pubblico attraverso idonei accorgimenti, non sarebbe riscontrabile alcuna forma di illecito.
A conferma di tali assunti si possono citare alcune fattispecie; nel serial televisivo “Un commissario a Roma” sia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che il Giurì dell’Autodisciplina, hanno riscontrato che si fosse in presenza di un caso di pubblicità non trasparente, poiché in talune scene venivano esibite copie del quotidiano la Repubblica, ed in altre si vedeva sullo sfondo di una finestra la scritta luminosa dello stesso quotidiano.
Entrambi gli organi disposero l’inibizione dell’ulteriore programmazione delle puntate della serie televisiva, sebbene sulla base di motivazioni non del tutto coincidenti. Prendendo le mosse dalla pronuncia resa in sede autodisciplinare, vennero ritenute forme di pubblicità occulta soltanto le ripetute inquadrature dell’insegna luminosa, mentre le altre citazioni vennero ritenute “plausibili” con il contesto narrativo. In particolare, l’antitrust, dopo aver individuato le modalità e la durata delle citazioni censurate presenti nelle puntate del serial sottoposte al suo esame, e procedendo nella valutazione di simili citazioni quali ipotesi di pubblicità clandestina, ha ritenuto che “gli inserti relativi al giornale nel corso della narrazione filmica appaiono motivati dal perseguimento di scopi promozionali, in quanto, pur in assenza di uno specifico accordo con contenuto pubblicitario con la Rai, è comunque intercorrente tra l’editoriale la Repubblica e la Rai un rapporto di natura economica riconducibile alla coproduzione”.
In ogni caso, la presa di coscienza degli interessi in gioco, che come già detto arrivano a coinvolgere diritti costituzionalmente garantiti e la considerazione che il giudizio è effettuato facendo ricorso a semplici presunzioni, hanno portato gli organi giudicanti ad assumere una linea di cautela nell’uso delle stesse presunzioni. Nell’ambito di una disciplina che ha come finalità principale la tutela dei consumatori contro ogni possibile forma di inganno pubblicitario, si afferma che la pubblicità può essere accettata purché sia palese, veritiera e corretta; ma più specificamente è necessario che la pubblicità sia riconoscibile come tale.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il Product placement dalle origini ai giorni nostri
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Informazioni tesi
Autore: | Antonio Perone |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Seconda Università degli Studi di Napoli |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Enrico Bonetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 138 |
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