Prospettivismo legislativo: Il caso Homburg di Heinrich von Kleist
La teoria del Lebensplan e l'esperienza svizzera
«Ach, ich trage mein Herz mit mir herum,
Wie ein nördliches Land den Keim einer
Südfrucht. Es treibt und treibt, und es kann
nicht reifen.»
L'idea di Plan, piano, progetto, era ben radicata in Kleist, e questo lo si riscontra già nelle prime lettere, quelle che vanno, in linea di massima, dal 1793 al 1803.
Dieci anni di corrispondenza, più o meno fitta, che sono una vera e propria istruttoria della vocazione letteraria di Kleist. Sono gli anni che lo preparano, non di rado dolorosamente, al mondo delle belle lettere.
Il Lebensplan, traducibile in italiano come “progetto di vita”, è qualcosa che Kleist elabora da subito, come si è visto nella lettera a Martini, e che consiglia alla maggior parte dei suoi amici, oltre che alla fidanzata, alla sorellastra e alla cugina Marie von Kleist. Se da un lato si tratta di un modo per razionalizzare l'avvenire, per dilazionare il tempo in progetti vicini, in mete da raggiungere, dall'altro il Lebensplan è l'espressione di una certa disposizione giovanile positiva e teleologica della sua persona, che gli serviva da schermo protettivo contro quelle che chiamava Beklommenheiten, le angustie, gli affanni della vita.
«Der teleologische Optimismus dieses Programms soll gegen das schwankende, unverlässliche Innere, aus dem dunkle Sinnlosigkeitsgefühle aufsteigen, abschirmen.»
Il confine tra il Lebensplan e la ricerca della felicità è molto vago e labile; i due concetti tendono infatti a implicarsi a vicenda e a sovrapporsi; sia la felicità sognata, sia il Lebensplan divengono ben presto ricerca della giusta vita. Quello che fa Kleist, cioè, è di sperimentare diverse strade prima di prendere quella a cui sente di appartenere davvero; ogni strada si configura perciò con un progetto di vita diverso.
Nella lettera del 1799 al suo precettore Martini, Kleist, dopo aver preso e comunicato la decisione di abbandonare l'esercito, dice:
«Allen, […] meiner Familie, mit Ausschluss meiner Schwester Ulrike, meinem Vormunde, habe ich meinen neuen Lebensplan nur zum Teil mitgeteilt.»
I passi di questa lettera sono permeati di un grande ottimismo, che deriva principalmente dalla gioia per l'aver abbandonato la carriera militare. Più volte Kleist aveva detto di non essersi sentito adatto per quel tipo di attività, tanto più che era entrato a far parte di un reggimento prussiano in tenera età, a soli quindici anni.
Lo scrittore dice a Ulrike che è importante scrivere un Lebensplan, dal momento che è proprio di uno spirito razionale, vernünftig, di condurre la nave del proprio destino:
«Ein freier, denkender Mensch bleibt da nicht stehen, wo der Zufal ihn hinstösst; oder, wenn er bleibt, so bleibt er aus Gründen, aus Wahl des Bessern. Er fühlt, dass man sich über das Schicksal erheben könnte, ja, dass es […] möglich sei, das Schicksal zu leiten. Er bestimmt nach seiner Vernunft, welches Glück für ihn das höchste sei, er entwirft sich einen Lebensplan.»
Sempre sulla scia della metafora della vita come viaggio verso un obiettivo e del destino come entità da dover führen, guidare consapevolmente nella direzione desiderata, Kleist scrive:
«Ein Reisender […] hat einen Reiseplan. Was der Reiseplan dem Reisenden ist, das ist der Lebensplan dem Menschen.»
Essere senza un Lebensplan sarebbe quindi come andare per mare senza una bussola, e per di più essere esposti ai pericoli e all'arbitrarietà del caso, mentre l'uomo deve, con la facoltà di pensiero di cui dispone, assoggettare lo stesso caso alla propria volontà. Da questa lettera a Ulrike emergono tematiche tipicamente illuministiche; concetti come Licht, Freidenken, Selbstdenken, Gedankenfreiheit, Freigeisterei, o anche la semplice ricerca della verità, sono dei moduli peculiari della Aufklärung tedesca, a partire da Kant fino a Lessing. Kleist, in sostanza, è sia figlio di una cultura illuminata, sia di una famiglia che apparteneva allo Uradel, il rango esclusivo di famiglie nobili che rivendicavano le proprie radici almeno dal XV secolo. Nonostante l'apparente chiusura e il tradizionalismo delle sue origini, Kleist riesce a esporsi all'influsso delle nuove idee illuministiche.
Come ricorda Im Hof, «su tutti [i sovrani d'Europa] rifulgeva Federico II di Prussia (1740-1786), detto il Grande, “l'arrampicatore”, il “filosofo” di Sanssouci – cui il castello di Potsdam fungeva, più che da corte, da gabinetto di lavoro. […] Di lui poteva dirsi: “Il re non ama la caccia, né i divertimenti costosi”. Si considerava “Primo servitore” dello Stato. Era primo ministro di se stesso.»
Se da un lato tutti gli uomini della famiglia von Kleist si erano formati nel milieu militare prussiano, fortemente conservatore, dall'altro lato è interessante osservare come tutti i membri della famiglia, comprese le donne, abbiano ricevuto un'educazione che risentiva degli stimoli illuminati di quei decenni felici. Kleist, come spiega Hans Mayer, non è riuscito a concludere un compromesso tra la tradizione familiare e la cultura del suo tempo.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Prospettivismo legislativo: Il caso Homburg di Heinrich von Kleist
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Informazioni tesi
Autore: | Matteo Iacovella |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Lingue e letterature straniere |
Relatore: | Camilla Miglio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 105 |
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