Pariterque cadunt fulgentque cometae: le stelle cadenti negli Astronomica di Manilio
La struttura degli Astronomica
Gli Astronomica sono un poema didascalico composto in esametri, il cui autore dichiara con orgoglio di essere il primo a scrivere in versi latini la materia astrologica. Tuttavia, i cinque libri che compongono l’opera sono diversamente articolati e presentano notevoli differenze sia sul piano stilistico che su quello contenutistico.
Il primo libro degli Astronomica costituisce un manuale di astronomia in sé completo ed autonomo rispetto al resto dell’opera. Secondo l’impostazione didascalica dell’opera esso rappresentava un’introduzione generale necessaria alla comprensione degli elementi astrologici presentati nei libri seguenti. L’autonomia del primo libro è evidenziata anche dall’uso di fonti diverse e da una più semplice impostazione di forma e contenuto. Meno chiara risulta invece la distinzione all’interno della parte astrologica dell’opera. Tradizionalmente vengono individuati due libri ‘isagocici’ (II e III), che introducono le nozioni di base dell’astrologia, e due libri ‘apotelesmatici’ (IV e V), in cui si presentano le conclusioni e il meccanismo con cui definire l’influsso delle diverse costellazioni zodiacali e delle congiunzioni astrali sul destino del singolo individuo e del mondo intero.
L’analisi di Elisa Romano individua, al contrario, caratteristiche comuni nei tre libri centrali e notevoli differenze rispetto a quello iniziale e finale. Il primo evidente punto di distacco rispetto al libro I si ritrova nella struttura dei contenuti. Nella prima parte della sua opera, Manilio aveva abilmente intessuto numerose digressioni all’interno delle diverse sezioni tematiche; i libri centrali, pur mantenendo costante la presenza del proemio, procedono per lo più come un continuum privo di interruzioni e di digressioni. Presentano inoltre numerosi appelli al lettore e sfruttano in modo evidente la tecnica formulare per riepilogare e riprendere i contenuti illustrati, a sostegno, probabilmente, della difficoltà di Manilio di proporre per la prima volta in poesia in latino una materia che era invece oggetto di trattati scientifici. Ulteriore elemento che sottolinea il carattere tecnico dei libri centrali è rappresentato dalla quasi totale assenza di elementi mitologici. Nel primo libro il poeta ha, infatti, seguito come fonti l’opera di Arato e, soprattutto, tutta la tradizione ad esso collegata, in cui il mito e la scienza non si presentavano come materie distinte; anzi, il rapporto tra le costellazioni e i relativi αἴτια era talmente diffuso che una trattazione dei signa priva della spiegazione mitologica avrebbe deluso le aspettative del pubblico. Con il secondo proemio, Manilio segna un netto distacco con la prima parte dell’opera: i libri centrali dovevano semplicemente fornire le nozioni basilari dell’astrologia con il massimo rigore scientifico.
Per quanto riguarda il V libro, esso viene assimilato al IV dallo Scaligero in base ad una vaga considerazione del contenuto; in entrambi vengono presentati gli influssi astrali sul carattere e sulla vita degli uomini, rispettivamente quello dei segni zodiacali nel quarto e dei παρανατέλλοντα nel quinto: in ciò si esaurisce il carattere apotelesmatico di questi due libri. Molto più evidenti sono invece le differenze formali; i contenuti del IV libro sono espressi, come già visto, con un estremo rigore scientifico che esclude quasi completamente il mito, mentre del V libro è stata spesso sottolineata dagli studiosi di astrologia antica la scarsa scientificità e la poca precisione con cui vengono affrontati gli argomenti. Anche la struttura del libro finale risulta più simile a quella del I libro, rispetto a quella lineare dei libri centrali: i pochi versi dedicati alle congiunzioni astrali danno lo spunto per la descrizione di tipi umani e mestieri, nonché per l’inserimento di alcuni excursi letterari e mitologici. Altre caratteristiche che segnano una frattura tra la sezione centrale e il V libro sono l’assenza delle riflessioni strettamente filosofiche – costanti nel secondo, terzo e quarto libro – così come la scomparsa quasi totale della tecnica formulare e degli appelli al lettore. Che il quinto libro rappresenti quindi una chiusura ‘simmetrica’ rispetto al primo libro? È pur vero che caratteristiche comuni ad entrambi sono da rintracciare nell’uso sapiente del mito e nella trattazione del sorgere delle costellazioni extra-zodiacali, probabilmente frutto dell’uso di una medesima fonte aratea. Tuttavia sono anche presenti notevoli differenze, che portano invece a valutare più criticamente questa ipotesi: in particolare diverso è il tono generale dell’esposizione del V libro – molto meno scientifico non solo rispetto ai libri centrali ma anche al primo – e la mancanza di riflessioni filosofiche così come un meno stretto rapporto con il lettore.
In conclusione è possibile pensare che Manilio avesse intenzione di scrivere un’opera astrologica, preceduta da un condensato ‘manuale’ di astronomia, rappresentato dal libro I. La sezione centrale – libri II, III e IV – rappresenta quindi il cuore tematico degli Astronomica, caratterizzato da un grande rigore scientifico, dal rifiuto del mito e da comuni elementi formali. In seguito, considerando probabilmente il successo dell’astrologia, il nostro autore ritenne opportuno aggiungere un libro dai contenuti più leggeri rispetto alla difficile materia della sezione centrale. “Le vistose differenze fra il primo, i tre libri centrali e il quinto si spiegano – scrive la Romano – ammettendo che essi avessero un ruolo differente all’interno del poema, e che il libro V non fosse originariamente compreso nel piano dell’opera”.
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Pariterque cadunt fulgentque cometae: le stelle cadenti negli Astronomica di Manilio
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Faverio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Chiara Torre |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 150 |
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