Iside e Maria di Nazareth attraverso mito e stregoneria
La strega nella letteratura e nell’arte
La strega era al pari dei maghi babilonesi, una sacerdotessa della magia universale, ma non ne era l’unica.
Il suo intervento più autorevole riguardava quel mondo agreste cui, come ci suggerisce il Battisti, risultava connessa persino dal proprio nome, che conservava in molteplici lingue la radice fonica dell’erba e del legno e la indicava come sorella stretta delle nude fanciulle danzanti al chiaro di luna.
Dopo questa fase “classica” della stregoneria, finì per rinforzarsi la tendenza opposta, cosicché si venne a creare ed affermare in modo definitivo, l’immagine della strega brutta, oscena e vecchia che cavalcava la scopa.
Tale immagine a cavallo della scopa è il tipo di raffigurazione più antica di cui per ora si abbia testimonianza in occidente. Dall’ultimo decennio del quattrocento in poi, la strega finì per configurarsi come il brutto ideale, assunse i tratti più rivoltanti e più irriverenti; si trasformò in un sostituto delle raffigurazioni macabre tardogotiche.
Secondo Beccaria una figura diabolica cui si attribuivano attività e poteri simili a quelli delle streghe erano le lamiae o le empusae delle tradizione classica e mediterranea.
Il carattere diabolico di queste creature risiedeva sia nella loro peculiarità di nutrirsi del sangue di altri esseri viventi, preferibilmente quello dei neonati, sia nel loro campo d’azione, di preferenza notturno, che infine nel loro rapporto con la morte e con i morti: “Strigidi, rondoni, succiacapre, pipistrelli, sono animali notturni, o che volano sul far della sera. Gli Strigidi amano luoghi solitari e rovine, il silenzio, le tenebre […]. L’oscurità suscita sentimenti di mistero e di angoscia, la tenebra è adatta all’apparizione degli spettri, gli esseri malvagi amano il buio.
Col Cristianesimo, fu la notte a popolarsi di fantasmi, di diavoli che odiano la luce, che imperversano con violenza sugli uomini soltanto col favore delle tenebre, diversamente dal mondo greco-latino, quando era soprattutto il meriggio a brulicare di tentazioni e di demoni meridiani”.
Questi rapaci notturni sono stati da sempre relazionati al demoniaco e al magico: essi sono messaggeri di morte e predicono sventure.
Le striges latine, che a loro volta discendevano dalle mitiche lamiae, “demoni femminili notturni che succhiavano il sangue e il latte alle puerpere, e dilaniavano i bambini”, prendono il loro nome dall’orrendo verso che emettono nell’atto di strappare le viscere ai lattanti: come sostiene Isidoro, ripreso da Beccaria:“Strix nocturna avis, habens nomen de sono vocis; quando enim clamat stridet”.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Iside e Maria di Nazareth attraverso mito e stregoneria
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Informazioni tesi
Autore: | Stefania Schettino |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Conservazione dei Beni Culturali |
Relatore: | Vincenzo Spera |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 151 |
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