Il debito pubblico in Italia: l'evoluzione storica e l'incidenza della spesa per interessi dagli anni '90 ad oggi
La sostenibilità del debito e il ruolo della spesa per il pagamento di interessi
Prima di analizzare, nel capitolo secondo, l'evoluzione del debito pubblico italiano nel nuovo millennio, è opportuno fare qualche considerazione generale sulla sostenibilità degli oneri legati ad esso.
Il debito pubblico è considerato neutrale se si ritiene che esso «non debba essere ricompreso nel computo della ricchezza netta di un sistema economico». In questo caso esso produce gli stessi effetti della tassazione, in quanto gli operatori scontano al momento dell'emissione di nuovo debito le imposte che verranno prelevate in futuro per finanziare il servizio e la restituzione del prestito, il cui valore attuale è uguale al debito emesso.
Il contributo di Barro e il dibattito che ne è seguito hanno messo in evidenza che le condizioni che sono alla base dell'assunzione di neutralità del debito pubblico sono le seguenti:
a) la razionalità degli operatori, vale a dire l'assenza di illusione finanziaria;
b) la perfezione dei mercati finanziari;
c) orizzonti temporali infiniti;
d) imposte non distorsive per fronteggiare l'onere del debito.
Il merito del contributo di Barro è di aver messo in luce, utilizzando il modello overlapping generations di Samuelson, che la terza condizione può essere sostituita dall'ipotesi di solidarietà intergenerazionale. Infatti, anche se gli agenti operano con orizzonti finiti, il vincolo di solidarietà che li lega alla generazione futura li porta ad agire nelle decisioni di risparmio come operatori con orizzonti infiniti, in quanto, se viene emesso debito pubblico, «tenderanno ad adeguare i lasciti per mettere i propri eredi in condizione di far fronte all'onere del suo finanziamento».
Se viene meno una delle quattro condizioni precedenti, il debito può determinare effetti diversi dalla tassazione, con il conseguente aumento dei consumi, che, se nel breve periodo rafforza gli effetti espansivi della politica fiscale, nel lungo periodo può determinare effetti di riduzione dell'accumulazione e del tasso di crescita dell'economia.
Alcuni studiosi, del resto, hanno rilevato come non sempre la riduzione del tasso di accumulazione indotta dall'espansione del debito pubblico si traduce in una riduzione dell'efficienza paretiana. Essa può avere, infatti, effetti postivi, avvicinando il sistema economico alla situazione in cui è massimizzato il consumo pro capite. Nell'ipotesi di neutralità, il debito pubblico non pone problemi di sostenibilità. In questo caso, infatti, il problema consiste nell'individuare il limite della pressione fiscale che la collettività è disposta a tollerare. La stesse considerazioni valgono, anche accantonando l'ipotesi di neutralità, se si suppone che la pressione fiscale venga continuamente adeguata per far fronte alla crescita della spesa per interessi sul debito pubblico. Questa problema è stato affrontato da Domar, nell'ambito di un modello di crescita del reddito a tasso costante. Lo studioso ha rilevato che la convergenza nel lungo periodo del rapporto tra debito pubblico e reddito nazionale è assicurata proprio da questa regola di politica fiscale. L'onere del debito pubblico, inteso come pressione fiscale aggiuntiva per finanziare il servizio del prestito, è:
• direttamente proporzionale al tasso di interesse r e all'incidenza del disavanzo del bilancio pubblico sul prodotto nazionale a;
• inversamente proporzionale al tasso di crescita dell'economia g, secondo la formula O = ra/g.
Se si abbandona questa regola di politica fiscale per sostituirla con quella secondo cui ci si limita a mantenere costante l'incidenza rispetto al PIL del fabbisogno primario b, il rapporto tra spesa per interessi e reddito nazionale tende a rb/(g-r), se g>r e a infinito, e r 3= g. Nel primo caso la regola di politica fiscale non compromette in teoria la convergenza del rapporto tra debito pubblico e PIL a un valore finito, anche se può comportare effetti redistributivi di entità insostenibile. Nel secondo caso si è in presenza di una crescita alla lunga non sostenibile. Quindi, la regola di politica fiscale seguita non è responsabile.
Infine, è possibile ipotizzare che la crescita non sia costante. In questo caso una condizione necessaria per la sostenibilità è che venga rispettato dalle politiche della spesa e delle entrate il cd. vincolo di bilancio intertemporale. Esso consiste nell'uguaglianza tra il valore attuale delle imposte future e la somma tra il debito iniziale e il valore attuale delle spese pubbliche future. Questa condizione non è però sufficiente in quanto non esclude che:
a) il debito pubblico comporti una crescita della pressione fiscale e più in generale effetti redistributivi insostenibili;
b) nell'ipotesi di finanziamento monetario determini un'imposta da inflazione di entità non tollerabile;
c) implichi un accumulo di ricchezza finanziaria pro capite eccessiva in rapporto alle altre forme di impiego delle ricchezze;
d) determini un'indesiderata caduta dell'accumulazione e della crescita dell'economia. Come si deduce da queste considerazioni, il problema della sostenibilità è interconnesso con quello tradizionale dell'identificazione dell'onere del debito pubblico.
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Il debito pubblico in Italia: l'evoluzione storica e l'incidenza della spesa per interessi dagli anni '90 ad oggi
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Azzolini |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Verona |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e legislazione d'impresa |
Relatore: | Sergio Noto |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 158 |
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