Heinrich Ignaz Franz Biber von Bibern e le sue Sonate del Rosario
La scordatura: profilo storico, teorico ed applicazioni all’opera di Biber
Tra tutte le tecniche usate da Biber nelle sue composizioni, quella più singolare, degna di nota e che sviluppò più di ogni altro compositore, fu quella della scordatura, ossia l’uso di accordature dello strumento diverse da quella ordinaria.
Il motivo principale per il quale Biber adottò questo tipo di tecnica è strettamente legato allo stile polifonico di scrittura che egli adottava, oltre che alla volontà di ottenere un particolare effetto timbrico. Una comparazione tra le sue sonate che adottano le scordature e quelle che non adottano questa tecnica fa emergere pro e contro nell’adozione di questa tecnica.
Anzitutto è evidente la maggiore facilità nell’eseguire passaggi polifonici, sia a corde doppie che ad accordi spezzati, avendo un’adeguata accordatura dello strumento.
Nelle sonate del 1681 che non prevedono l’uso di scordature, sono evidenti i passaggi di arpeggi, di ottave, decime ed altri intervalli che richiedono salti di corda e movimenti molto scomodi della mano sinistra dovuti alla diteggiatura spesso scomoda.
Bach ed altri contemporanei che adottarono una scrittura molto polifonica sul violino, anche sui ʻsoli di violino senza basso’, ebbero le stesse difficoltà raggiungendo il limite delle possibilità esecutive dovuti alla difficoltà di posizionare le dita in modo corretto sulle varie corde. Biber invece risolse il problema con l’adozione della scordatura.
La scordatura ebbe funzioni sia melodiche che armoniche, e probabilmente costituì un adeguato compromesso tra l’una e l’altra dimensione musicale. Il violino infatti non fu mai considerato come strumento polifonico, ma indiscutibilmente ha capacità polifoniche migliori rispetto ad altri strumenti puramente melodici.
Ad ogni modo nessuno come Biber nella storia della musica usò la scordatura in modo così utile e funzionale al repertorio. In alcuni casi, peraltro molto frequenti nella scrittura di Biber laddove utilizza la scordatura, l’utilizzo di questa tecnica rende possibile passaggi polifonici altrimenti ineseguibili, aumentando le possibilità polifoniche dello strumento. Le semplificazioni tecniche ottenute dalla scordatura nelle sonate di Biber, lasciano comunque spazio alle difficoltà tecniche e musicali, dalle quali queste sonate non sono esenti.
La scordatura, intesa come il modo di accordare le corde vuote dello strumento, veniva indicato generalmente prima della chiave, e le alterazioni in chiave venivano poste di conseguenza dove necessario come nell’esempio seguente, riportante la scordatura e l’armatura di chiave della seconda sonata delle Sonate dei Misteri […]
Quando le scordature sono complesse, però, diventa difficile per l’esecutore pensare all’altezza della nota reale da eseguire prima di averla eseguita. Se poi l’esecutore in questione ha l’orecchio assoluto, vi sono non poche difficoltà psico-musicali dovute al fatto che la nota letta non corrisponde a quella suonata. Ciò nonostante, con la pratica e l’abitudine, si possono superare questi limiti imparando a leggere le varie note con la corretta trasposizione.
Nella maggior parte dei casi, le scordature nelle Sonate dei Misteri, semplificano di molto l’esecuzione dei passaggi virtuosistici.
Sotto il profilo storico, la scordatura è stata probabilmente mutuata al violino nei primi anni del XVII secolo dalla prassi liutistica francese del XVI secolo. Se si considera poi che vari strumenti ad arco, come le viole da gamba, le lire o i violoni ad esempio, non adottano l’accordatura ordinaria per quinte come il violino, allora si può supporre che ispirandosi a questi strumenti sia stato possibile pensare a tale traslitterazione. È accreditata l’ipotesi che la viola bastarda debba il suo nome alla sua intonazione, che è un misto tra intervalli di quinta, tipici della famiglia dei violini, e di quarta, tipici della famiglia delle viole. Attraverso questo strumento ad intonazione ibrida, è plausibile pensare che i musicisti del Seicento si sentissero legittimati a scordare anche un violino o, più in generale, uno strumento della sua famiglia per sperimentare le potenzialità di questa tecnica su questi strumenti. Questa visione può essere ulteriormente avvalorata se si pensa al fatto che in generale l’epoca barocca era caratterizzata da un enorme spirito di sperimentazione ed intellettualizzazione che permeò tutti i campi della conoscenza; in quest’ottica anche la scordatura si configura come uno strumento di risoluzione dei problemi tecnici attraverso un’esplorazione teoretica.
Oltre a ciò si deve anche considerare che nel corso del Cinquecento vi erano molti strumenti a corda che non avevano ancora né una forma, né tantomeno un’accordatura standardizzata: ciò fa supporre che fosse legittimo, per un compositore del Seicento, pensare ad accordature alternative qualora esse fossero funzionali alla resa sonora del testo.
Il primo esempio di scordatura a noi pervenuto sono le sonate Op. 8 di Biagio Marini, ma questa tecnica venne usata nel Diciassettesimo secolo da molti altri come: Uccellini e Bononcini in Italia ed Abel, Arnold, Ficher, Pachelbel e Schmelzer in Germania.
Secondo l’Harmonie universelle di Mersenne, l’uso della scordatura in Francia non era in uso durante lo stesso periodo in cui Marini la adottò in Italia. […]
Lo stupore suscitato da Strunk nei confronti di Corelli, ci fa presumere che il compositore italiano non familiarizzasse molto con la scordatura, ed infatti, anche se non è una prova valida, non è mai stata usata nei suoi lavori.
Gli intervalli comunemente usati nelle scordature del Diciassettesimo secolo sono quinte giuste, quarte giuste e terze maggiori e minori. Raramente sono stati usati intervalli che eccedessero la quinta.
L’uso della scordatura con intervalli stretti comporta i seguenti benefici: accordi impossibili diventano possibili ed accordi difficili diventano più semplici, bicordi normalmente molto complessi possono diventare semplici e venire ornati con trilli su entrambe le note senza creare eccessive difficoltà tecniche. Anche gli accordi spezzati, che altrimenti andrebbero diteggiati, potrebbero essere semplificati con l’uso dell’adeguata scordatura, rendendo anche possibile l’uso timbrico della corda vuota laddove impossibile con un’accordatura ordinaria.
Con un’accordatura ordinaria gli intervalli di seconda, terza e quarta sono complessi, mentre quelli di sesta, quinta ed ottava sono più semplici, mentre l’unisono è abbastanza goffo da eseguire; con una scordatura adeguata tutti questi problemi possono essere risolti, rendendo l’esecuzione polifonica sul violino più pratica ed efficiente.
A partire dal Diciottesimo secolo Quantz, nel suo Saggio su di un metodo per suonare il flauto traverso, considerò obsoleto l’uso della scordatura in ambito tedesco, che invece diventò più popolare in Italia e Francia. Vivaldi la usò ad esempio nei suoi concerti Op. 9, ma anche Tartini, Nardini e Campagnoli ne fecero uso in alcune loro opere.
In epoche più recenti Mozart la usò nella sua Sinfonia Concertante, nella quale la viola solista è accordata un semitono sopra, analogamente a quanto fatto in seguito da Paganini nel concerto I Palpiti, nel quale accorda il violino un semitono sopra per avere maggiore brillantezza sonora e sovrastare maggiormente l’orchestra. Sempre Paganini, inoltre, accordava spesso il Sol una terza minore sopra, in modo tale da avere maggiore brillantezza di suono nell’esecuzione della corda grave.
Proprio la proprietà di modificare il timbro, in particolar modo delle corde di budello, fu la seconda motivazione che spinse Biber ad adottare così ampiamente la tecnica della scordatura. In particolar modo nelle Sonate dei Misteri, le scordature modificano il timbro dello strumento fornendogli un colore più adatto alla rappresentazione dell’affetto richiesto dal Mistero rappresentato nella sonata. Più in generale, in tutte le sue sonate che adottano scordature, Biber fu in grado di usare molto abilmente gli effetti delle sonorità speciali che si vengono a creare con l’uso di una tecnica più semplice e fluente.
Nell’Harmonia artificiosa-ariosa di Biber, è emblematica la settima partita per due viole d’amore. Nonostante non si sappia per che tipo di viola d’amore Biber scrisse questa partita, se con o senza corde di risonanza, è evidente un tipo di scrittura inusuale. Anzitutto si nota una serie di nove linee, che sostituiscono il canonico pentagramma, sulle quali sono poste adeguatamente una chiave di Fa ed una di Do; in secondo luogo si nota l’accordatura per terze delle tre corde centrali dello strumento, come visibile nella figura seguente:
L’uso di nove linee aiutava a non equivocare su quali fossero le note omofone da eseguirsi diteggiate su una corda e quali invece fossero da eseguirsi con una corda vuota. A riprova di ciò si noti come la parte scritta in note reali è evidentemente irrealizzabile con un’accordatura ordinaria dello strumento, rendendo necessaria un’accordatura ed una conseguente scrittura alternativa che in questo caso, molto meglio che in altri, ricorda molto un’intavolatura liutistica. […]
Considerando tutte le similitudini riscontrate con la scrittura liutistica coeva, risulta naturale domandarsi come mai Biber ed i suoi contemporanei che adottavano scordature non avessero escogitato un sistema d’intavolatura anche per violino che sostituisse quello adottato, mutuando quindi dalla scrittura liutistica anche il sistema di codifica.
La risposta sta nel fatto che il sistema d’intavolatura funziona bene con strumenti tastati in quanto indica la posizione delle dita sui tasti, non un’altezza di suono relativa e/o assoluta; in uno strumento senza tasti come il violino, nel quale l’intonazione e la posizione corretta va ricercata attraverso continue correzioni di posizionamento del dito che modifica lunghezza e tensione delle corde, un sistema che indichi la posizione delle dita è sostanzialmente riduttivo e fuorviante, diventando potenzialmente inutilizzabile e contrario al principio di semplificazione stesso della scordatura. Questa ipotesi viene ulteriormente corroborata dal fatto che esistono degli esempi d’intavolatura per violino, ma sono limitati a semplicissimi brani per principianti in erba alle primissime esperienze. Se questo tipo di scrittura fosse stato più funzionale nell’esecuzione professionale di brani anche virtuosistici, sarebbe quasi certamente stato utilizzato anche da Biber, se non altro perchè avrebbe semplificato moltissimo la stesura dello spartito.
Biber usò la scordatura in tre delle sue opere: in due delle sonate del 1681, nell’Harmonia artificioso-ariosa, e nelle Sonate dei Misteri.
In tutti questi lavori Biber usò la scordatura in modo magistrale, ma fu nelle Sonate dei Misteri che Biber raggiunse il massimo della padronanza di questa tecnica, ed in modo particolare nell’undicesima l’uso della scordatura raggiunse l’apice della rappresentatività simbolica. In questa sonata infatti è richiesto l’incrocio tra le due corde centrali oltre il ponticello, verso la cordiera, in modo tale da formare, anche graficamente, una croce. Inoltre la scordatura richiesta divide il violino in due sezioni a distanza di ottava l’una dall’altra: suonando le corde vuote dalla quarta alla prima si ottengono le seguenti note: Sol2 – Sol3 – Re2 – Re3. In questo modo si rendono possibili effetti di eco in ottava e la risonanza delle corde vuote per simpatia creano un effetto timbrico unico. […]
In conclusione di questa disamina sulla tematica della scordatura, non si può non riconoscere che Biber certamente studiò e curò questa tecnica portandola al massimo delle sue potenzialità tecniche ed espressive. Nonostante le opere in cui adottò la scordatura siano solamente tre, non ci si può esimere dal riconoscere loro una valenza che trascende quella estetico musicale, raggiungendo la teoretica applicata.
A mio giudizio, attraverso queste opere musicali, Biber ci ha lasciato la sua più importante opera teorica: l’applicazione della scordatura al violino.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Heinrich Ignaz Franz Biber von Bibern e le sue Sonate del Rosario
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Informazioni tesi
Autore: | Gianluca Dai Prà |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Conservatorio di Musica "A.Pedrollo" Vicenza |
Facoltà: | Discipline musicali |
Corso: | Violino Barocco-Classico |
Relatore: | Stefano Lorenzetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 102 |
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