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Pedagogia Totalitaria. Sistemi educativi e scolastici nell'Italia fascista e nella Germania nazista

La riforma Bottai: la ''Carta della Scuola'' per l’avvento dell’autentica scuola del fascismo

Per contestualizzare meglio l’analisi sui processi che hanno portato alla fascistizzazione del mondo scolastico, è opportuno prendere in esame la “Carta della Scuola”, legge di riforma del sistema scolastico emanata nel 1939, dall’ultimo ministro all'Educazione Nazionale del regime fascista, Giuseppe Bottai5, quale documento che definisce l'autentica scuola del Fascismo.
Per quanto non sia mai stata completamente attuata i principi ispiratori furono alla base dell'azione politica di Bottai. Essa si suddivide in XXIX proposizioni che si possono sintetizzare, come suggerito da Giorgio Chiosso6, in una premessa generale tre punti principali e una riflessione sull'educazione femminile.
La premessa della carta delineava i parametri che regolavano il sistema educativo fascista. La prima dichiarazione stabiliva che la scuola, completamente integrata nello stato fascista fosse, il fondamento primario per tutte le forze sociali, dalla famiglia alle corporazioni, al partito. La centralità della scuola come luogo privilegiato per la formazione culturale dei giovani era accompagnata dalla seconda dichiarazione, che equiparava la scuola e le organizzazioni del partito (come la Gioventù Italiana del Littorio e il GUF) come attori paritari nell'educazione fascista: l'obbligo di frequentare questi istituti costituiva il servizio scolastico che coinvolgeva i cittadini dalla prima infanzia fino ai 21 anni. Questa concezione di servizio si estendeva anche al settore delle attività extracurriculari, sostituendo il tradizionale principio dell'obbligo di istruzione.

Tra le due correnti del fascismo - quella di derivazione ardita futurista che favoriva un'educazione di stampo politico-militare, ritenendo la scuola inadatta a formare l'animo fascista, e quella gentiliana che sottolineava il valore della scuola e della cultura - Bottai cercò una via di mezzo. Egli tentò di preservare l'indipendenza della scuola dall'egemonia del partito. Pur preferendo unificare tutte le organizzazioni giovanili sotto la sua direzione, l'opposizione del partito rese inevitabile una soluzione diarchica.
Pur concedendo alle organizzazioni giovanili un ruolo nel processo educativo, la gestione della vita scolastica rimaneva saldamente sotto il controllo dello stato, in linea con le posizioni espresse più volte da Bottai in precedenza.
Il primo punto della carta della scuola riguardava i principi fondamentali. Si sottolineava l'importanza della cultura classica letteraria, come dimostrato dalla volontà di ridare al liceo classico la sua dignità di istituto aristocratico (XIV^ Dichiarazione). Questa decisione portò sollievo a Gentile, che vedeva preservati gli elementi elitari della scuola e dell'esame di stato, anche se in una forma meno egemonica rispetto al 1923. La carta riconosceva ampio spazio anche alle discipline scientifiche e tecniche, tutte inserite nell'orizzonte dell'Umanesimo fascista.
Questo approccio, che manifestava il totalitarismo culturale in cui la scuola doveva operare, contemplava molteplici aspetti: l'accento sull'azione piuttosto che sulla pura riflessione accademica, la critica all'umanesimo inteso principalmente come fenomeno letterario, considerato un lusso della vita moderna, e infine la concezione della cultura al servizio della politica.
Il secondo punto della carta affrontava il rapporto tra scuola e società. Si riconosceva la necessità di regolare il rapporto tra istruzione e vita sociale, un tema che durante il ventennio fascista assunse un ruolo sempre più significativo.
Il principio selettivo che aveva guidato Gentile nella sua riforma appariva sempre meno adatto a una società che stava vivendo i primi segni di mobilità sociale e che richiedeva una forza lavoro più qualificata. L'aumento del numero di studenti in tutte le scuole, dal livello elementare a quello medio, era dovuto sia alla lotta contro l'analfabetismo sia alla crescente tendenza delle famiglie a basso e medio reddito di far proseguire gli studi ai propri figli. Tra il 1923 e il 1936, il numero di studenti delle scuole elementari aumentò di oltre un milione, mentre gli iscritti ai corsi medi raddoppiarono, con un incremento particolarmente significativo nella fascia d'età compresa tra gli 11 e i 14 anni.
L'espansione rapida delle scuole ha creato la necessità di allontanare il sovraffollamento senza diminuire l'accesso, con i ceti popolari che richiedevano che gli sforzi per istruire i figli fossero accompagnati da opportunità lavorative adeguate ai diplomi conseguiti. Nonostante le modifiche apportate nel corso del tempo, come l'introduzione della scuola di avviamento al lavoro, la scuola di Gentile, con la sua natura elitaria, non era in grado di gestire questa espansione. La terza dichiarazione cercò di affrontare questi limiti, sottolineando che l'accesso agli studi e la loro prosecuzione dovevano essere basati non solo sulla capacità, ma anche sulle attitudini individuali.
Il tema delle attitudini e dell'orientamento rappresentava una continuità con la critica antiborghese che caratterizzò il fascismo, soprattutto dalla seconda metà degli anni '30. Questo principio era chiaramente espresso da Bottai nella sua relazione al Duce al Gran Consiglio del 19 gennaio 1939, dove indicava che l'obiettivo della riforma era sostituire una scuola borghese con una scuola popolare, che rispondesse alle necessità dello Stato e non alle ambizioni sterili della borghesia.
In sintesi, la scuola prevista dalla carta doveva essere una scuola popolare che soddisfacesse le esigenze generali, convergenti con gli obiettivi dello Stato corporativo. All'interno di questo quadro, Bottai ammetteva la possibilità di una minima mobilità sociale per coloro che venivano considerati capaci e meritevoli, prevedendo per loro una rete separata di collegi statali.
Il terzo punto fondamentale della carta della scuola riguardava la struttura interna dell'istituzione educativa. Nonostante l'accento posto sull'accessibilità della scuola al popolo e sul principio dell'istruzione antiborghese, il sistema scolastico delineato da Bottai prevedeva una precisa corrispondenza tra istituti e ceti sociali: le scuole liceali e tecniche superiori erano destinate alle famiglie benestanti, quelle professionali al ceto impiegatizio e alle fasce dell'alto proletariato, le scuole rurali per coloro destinati alla vita nei campi, e infine le scuole artigiane, diffuse e meno esigenti culturalmente, rivolte genericamente ai ceti subalterni e in cui venivano integrati corsi post-elementari già esistenti ma poco frequentati.
Tra le varie innovazioni introdotte dalla carta della scuola, insieme all'unificazione dei corsi inferiori della scuola secondaria e alla creazione della scuola materna, la vera novità era rappresentata proprio da quest'ultima. Si trattava di una scuola affidata ai maestri, senza sbocchi specifici, che avrebbe dovuto fornire agli allievi delle famiglie popolari una preparazione idonea a integrarsi con maggiore flessibilità e competenza nella vita sociale e produttiva.
Le scuole artigiane e rurali avevano il compito, come affermava Bottai, di radicare negli alunni l'attaccamento alle tradizioni di onestà e lavoro della famiglia italiana, trasformandoli così in operosi e devoti sostenitori del fascismo, soprattutto nelle regioni periferiche in cui la propaganda del regime faticava ad arrivare.
Inoltre, veniva dedicata una certa attenzione al mondo femminile, poiché la scuola doveva contribuire a trasmettere virtù virili e spirito guerriero, adattando la formazione delle ragazze alle loro attitudini e ai loro doveri di madri e membri attivi della società.
Questo concetto era riflesso nella XXI^ dichiarazione, che stabiliva che la scolarizzazione delle ragazze dopo i 14 anni doveva orientarsi verso istituti diversi da quelli dei coetanei maschi, concentrati sulla preparazione spirituale alla gestione domestica e all'insegnamento nelle scuole materne. Si prevedeva, inoltre, la graduale soppressione delle sezioni miste e la trasformazione in classi separate per i livelli inferiori.
Il processo di fascistizzazione del sistema educativo, partendo da una trasformazione normativa e organizzativa, coinvolse anche aspetti apparentemente minuti della vita scolastica e dell'esperienza quotidiana degli studenti: dalle pagelle alle copertine dei quaderni; dai libri di testo agli strumenti didattici; tutti divennero veicoli per la diffusione delle ideologie e dei valori fascisti. Ci si trovò di fronte a una comunicazione totalitaria articolata, che occupava e sfruttava ogni spazio e ambito possibile, permeando la scuola, per instillare un senso di appartenenza integralmente fascista. Tra i temi ricorrenti nella cultura materiale e nei contenuti didattico-formativi si trovavano il culto e l'immagine del Duce, le battaglie ideologiche del regime (come la politica coloniale dal 1935, le bonifiche, l'autarchia) e il militarismo.
L'attenzione e le risorse dedicate dal regime al campo educativo, dalla riforma Gentile alla Carta della Scuola di Bottai - che purtroppo non fu mai pienamente realizzata a causa del secondo conflitto mondiale, come precedentemente evidenziato - si riflettevano in un costante flusso di normative. Nove ministri della Pubblica Istruzione (dal 1929 dell'Educazione Nazionale) promulgarono ben 3500 leggi e decreti sulla scuola, di cui quasi 2500 nel periodo compreso tra il 1922 e il 1930. Questo impressionante numero di provvedimenti, oltre ai numerosi atti amministrativi, testimonia un controllo serrato e invadente che lasciava poco spazio all'improvvisazione.



5 Il mandato ministeriale di Bottai va dal 15 novembre 1937 al 6 settembre 1943, due giorni prima del noto armistizio del 8 settembre 1943 che sancì l’uscita dal II° conflitto mondiale dell’Italia, la caduta del fascismo e l’inizio dell’occupazione tedesca e della guerra civile nel paese.
6 G. Chiosso, 2023, Il fascismo e i maestri, Mondadori, pp. 254-260.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Pedagogia Totalitaria. Sistemi educativi e scolastici nell'Italia fascista e nella Germania nazista

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Caponigro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2023-24
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Pedagogia
  Corso: Scienze pedagogiche
  Relatore: Antonino Teramo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

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Parole chiave

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nazismo
pedagogia
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bottai
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