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Vercors: le diverse forme della Resistenza attraverso una lettura dei romanzi

La resistenza umanitaria

Les hommes […] virent le corps crucifié. Il était nu et on l’avait cloué sur la porte de la grange avec quatre gros clous de charpentier ; le visage et tout le corps étaient couverts de plaies et d’atroces mutilations. Les hommes restèrent longtemps à regarder. Ils étaient silencieux, comme l’on est toujours en présence du mystère. Leur cœur débordait d’amour, de colère, de terreur et de résolution.

É questa la misera fine di numerosi resistenti che, pur di salvare la vita ad altri connazionali, hanno perso la loro. A titolo di esempio, Vercors narra la vicenda di Arnaud, protagonista di Le démenti, che ammette, anche se mai esplicitamente, di essere entrato a fare parte della Resistenza solo "à cause d’un mouvement du coeur". Egli non è interessato a vincere la guerra, né al destino della Francia, bensì solamente alla sorte degli altri uomini. Per tale motivo, una volta catturato e fatto prigioniero dai tedeschi, non rivelerà delle informazioni su coloro che lo hanno assoldato: così facendo, salva loro la vita. Proprio per essersi immolato al fine di proteggere gli altri, il protagonista viene paragonato ad un martire o, addirittura, ad un novello Gesù Cristo, come descritto nel brano precedente.

Per Vercors, quindi, la Resistenza umanitaria è il fine più importante dell’intero movimento: esso deve infatti prefiggersi come obiettivo principale, accanto a quello di liberare la Francia, anche quello di salvare le vite di milioni di oppressi perché appartenenti ad un’altra fazione politica o ad un’altra religione. Aiutare il prossimo diventa quindi l’imperativo categorico che Vercors rivendica in tutta la sua opera. Non importa come, né quando, ciò che conta è farlo in tutti i modi possibili e con i mezzi, spesso scarsi, a propria disposizione. Alcune volte si tratta solo di gesti che esprimono vicinanza alle persone colpite da discriminazione razziale, soprattutto gli Ebrei: comportamenti poco più che simbolici, ma che molto hanno significato per quelle popolazioni. In altre situazioni, invece, l’aiuto è più concreto e serve veramente a migliorare la vita di alcune persone.

All’interno del primo gruppo si possono annoverare le scelte di Renaud (L’impuissance) e Thomas Munitz (La marche à l’étoile). Nel primo racconto, infatti, l’immensa compassione che il protagonista nutre nei confronti del prossimo lo spinge a mettere in atto un comportamento decisamente pericoloso per l’epoca, infatti, "[i]l voulut aborder l’étoile jaune, se porter otage volontaire. Il finit par comprendre la vanté de ses révolte. D’autres ont souffert, ont maigri de faim. Lui maigrissait, se consumait de rage rentrée". Lo scopo che si prefigge è quello di avvicinarsi, seppure in maniera simbolica, ai perseguitati dal regime hitleriano, tuttavia, come nota anche il narratore (e amico del protagonista) questa condotta è dannosa per la sua persona perché lo porta ad indebolirsi fisicamente e psicologicamente, oltre che inutile in quanto completamente inefficace. Meglio sarebbe stato, forse, per lui, non digiunare e combattere fisicamente gli avversari.

Apparentemente, quindi, la resistenza umanitaria che assume questa dimensione poco tangibile sembra inutile; ma è da tutti i personaggi di Vercors percepita come vana? "Il ne l’est jamais" risponde, invece, senza esitazione Thomas Munitz, l’ebreo protagonista de La marche à l’étoile, alla domanda, pressoché identica, del narratore: "Mais quand le sacrifice est vain, comme le vôtre? Quand il est stérile?". Thomas è infatti un uomo risoluto, sempre sicuro delle sue azioni e di quelle della Francia. Questo lato del suo carattere lo spinge a "porter avec eux leur croix", la stella di David che tutti gli Ebrei devono indossare per mostrare, con vergogna, a quale infame razza appartengono. Thomas, tuttavia, poiché era stato naturalizzato francese ben prima dell’ascesa di Pétain e non aveva tre nonni ebrei, come lui stesso dice al narratore, secondo la legge di Vichy non è da considerarsi tale. Questo gli potrebbe quindi risparmiare l’infame supplizio di dover portare la stella di David, tuttavia, egli decide di propria spontanea iniziativa di farlo per solidarietà nei confronti di coloro che soffrono questa ingiuria. Contrariamente a Renaud, egli è infatti, troppo vecchio per poter compiere qualsiasi atto che possa rientrare nella Resistenza militare, di conseguenza il suo gesto umanitario si limita ad un comportamento altamente simbolico.

È riduttivo, quindi, il giudizio di Ménager che si limita a sottolineare che "Il [Thomas, ndr] professe les principes de la non-violence": non si tratta, infatti, di una scelta volontaria, bensì dettata e imposta solamente dalla sua incapacità fisica di andare oltre e combattere con le armi, fermo restando che egli è, così come Vercors, pienamente convinto che il suo gesto non sia superfluo, ma utile, seppur in maniera molto rappresentativa, nei confronti dei bisognosi di aiuto. Oltre alla sicurezza nelle sue azioni, Thomas non è sfiorato da nessun dubbio circa Pétain e il suo regime dittatoriale, tanto che crede altrettanto fermamente che "cette mesure discriminatoire est imposée par les Allemands et que rien de ce qui se passe ne remet en question l’aura moral de la France".

Quando parla con il narratore, appare quindi sereno e forse perfino contento, perché la sua patria adottiva non potrà far altro che uscire più potente da questa guerra. Ma qui non si sta parlando di questioni politiche, bensì morali: il collaborazionismo sarà infatti una macchia indelebile nella storia di questo stato con la quale perfino l’ingenuo Thomas che fino all’ultimo momento crederà (o fingerà di credere?) nella sua innocenza dovrà scontrarsi.
Sarà proprio questo inutile sacrificio, che non salva altre persone, a condurlo dritto dritto nelle braccia della morte, che per lui significa anche la fine delle speranze di una Francia pura come il suo cuore.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Vercors: le diverse forme della Resistenza attraverso una lettura dei romanzi

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Rinaldi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e Letterature Straniere
  Relatore: Giovanna Bellati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 153

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