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«Go on then, decimate me». Le reazioni della critica al debutto di Blasted di Sarah Kane in Italia e in Inghilterra

La reazione critica alla prima produzione di Blasted

Il 12 gennaio 1995 Blasted debuttò al “Royal Court Theatre Upstairs”: l’accoglienza fu infausta. La mattina dopo il teatro si trovò assediato dai giornalisti dei tabloid londinesi. Kane raccontò: «[…] the next morning, there was just complete chaos. My agent couldn’t get off the phone to call me. There were apparently tabloid journalists running around the Royal Court going: “Where is she?” “She’s at home in bed. It’s ten in the morning.”» Una portavoce del teatro disse che non riusciva a spiegarsi il perché di tutta quella agitazione poiché meno di un mese prima avevano ospitato uno spettacolo altrettanto violento senza alcun particolare turbamento: «I have not seen anyone walk out of Blasted but I have never had so many calls about a play. There have been more inquiries about this than there were when it was announced that the Young Vic [un teatro londinese che all’epoca era proprietà del “Royal Court”] was closing. That shows the inversion of values

Erano state programmate, come di consueto, due press nights, ma una di esse coincideva con un altro spettacolo pertanto tutti i giornalisti si ritrovarono alla stessa replica. Kane ricordava: «I think there were about three other women in the audience. Everyone else was a middle aged, white, middle-class man and most of them had plaid jackets on.» La visione dei critici fu dunque distorta dalla presenza in sala di un pubblico che era composto quasi esclusivamente da spettatori giudicanti.

La Gran Bretagna era stata uno degli ultimi paesi dell’Occidente ad abolire la censura teatrale nel 1968 e Kane, parlando di Cleansed trent’anni dopo, affermava che «Theatre will always be a minority interest, but the lack of a mass audience is compensated for by the lack of direct censorshipKane sosteneva quindi che il teatro, rispetto ad altre forme espressive come il cinema e la televisione, non subisse ingerenze da parte dell’autorità. Secondo Sierz, tuttavia, se lo Stato non aveva più potere censorio sulle rappresentazioni, il ruolo di guardiani della moralità che era sempre stato appannaggio dei gruppi religiosi era diventata prerogativa dei quotidiani come il «Daily Mail» o il «Daily Telegraph»: «Open censorship is replaced by invisible censorship, whose aim is mental closure and the imposition of banal and unquestioned conceptions of justice and morality.» Nonostante l’abolizione della censura teatrale del 1968 voluta dal governo laburista di Harold Wilson fosse emblema di una politica progressista, la ricezione di Blasted nel 1995 era stata condizionata dalla svolta conservatrice avutasi negli anni successivi e in particolare dalle politiche sociali perseguite da Margareth Thatcher, Primo Ministro tra il 1979 e il 1990.

Una delle modalità più comuni per limitare la libertà di contenuti del settore teatrale dopo l’abolizione della censura era stata quella di minare la fiducia dei finanziatori gettando discredito sull’ente teatrale. È chiaro pertanto che la stampa abbia rivestito e rivesta tuttora un ruolo da protagonista nel direzionare le opinioni degli investitori. L’impresa teatrale, per questo motivo, viste le ristrettezze economiche del settore, poteva trovarsi costretta a non mettere in scena certi contenuti per timore di compromettere i rapporti con gli sponsor. Uno dei casi più celebri di tentata censura, come riporta Sierz, fu quello promosso dall’attivista conservatrice Mary Whitehouse, la quale nel 1981 cercò in tutti i modi di ostacolare la produzione del National Theatre di The Romans in Britain di Howard Brenton:

[…] because it contained a scene which showed an attempted homosexual rape, its director, Michael Bogdanov, was charged under Section 13 of the Sexual Offences Act of 1956. Oddly enough, this is a law which is usually used against anyone who’s suspected of pimping or procuring “an act of gross indecency”. It’s usually invoked in cases of sexual encounters in public toilets, so Mrs Whitehouse’s prosecution seemed to suggest that she equated the National Theatre with a public loo. Two things are worth emphasising about this prosecution: first, this use of the law deliberately confused a staged representation of a sexual act with the act itself; and, second, Mrs Whitehouse never actually saw the production — it seems that moral outrage is easier when you’re in total ignorance of the object you disapprove of.

Il caso fu abbandonato dopo quattro giorni di processo poiché l’avvocato dell’accusa non aveva più fiducia nelle possibilità di vittoria, tuttavia rappresenta un chiaro attentato alla libera espressione nella forma teatrale.
In questo clima non stupisce il fatto che un’opera estrema come Blasted possa essere stata fraintesa e giudicata negativamente in un primo momento. Furono molti i critici che, anni dopo aver assistito all’opera prima di Kane, ritrattarono le dichiarazioni della prima ora. Tra questi il caso più eclatante fu quello del giornalista del «Guardian» Michael Billington che fu tra quelli che, nei giorni successivi la pubblicazione della propria recensione, ricevettero una lettera da Kane nella quale l’autrice difendeva il proprio testo e rispondeva paragrafo per paragrafo alla critica ricevuta. Proprio Kane, nell’intervista rilasciata a Dan Rebellato, asserisce: «If they don’t know what to say about the work, they go for the writer. Or the director, or the actors. What happened with Blasted… The press response to my other plays is inevitably so clouded by what happened to Blasted so that everyone is constantly re-reviewing Blasted. Michael Billington must have reviewed Blasted more than any other play he’s ever seen.» Billington aveva maturato infatti per Kane una sorta di ossessione; basti pensare che, da una semplice ricerca limitata all’anno 1995 nell’archivio digitale del «Guardian» e dell’«Observer», si ricava che il termine “Sarah Kane” è nominato 27 volte, di cui buona parte in articoli del critico londinese. Billington nelle sue critiche aveva difatti cominciato a prendere Blasted come termine di paragone negativo con spettacoli di altri autori. Già nel tradizionale articolo di fine anno in cui riepilogava i successi del 1995, però diceva: «I still think Kane’s play failed to establish the vital connection between private and public violence. But, looking back, I regret the patronising tone of my own shell-shocked review. Her images have taken root and her moral rage is undeniable.» Dopo la morte della scrittrice affermò: «There was a hysteria about the first night, and it was difficult to judge the play coolly and calmly. So I got it wrong, as I keep saying. She was a major talent

Ma non fu il solo Billington a doversi ricredere. Charles Spencer sul «Times» aveva criticato ampiamente Blasted, ma qualche anno dopo dovette ammettere che Kane aveva «genuine artistic vision and great dramatic talent»: «Well, I was wrong […] Blasted was like a modern version of Titus Andronicus». Dopo il suicidio di Kane tutti riconobbero il merito del suo lavoro: «Miraculously, her writing had become “exciting and noble”, “urgently expressed and persuasively argued” with an “arresting poetic power and a potent theme of yearning”, full of dramatic and verbal flare and dense in references.» David Benedict, giornalista dell’«Independent», uno dei pochi che sin dall’inizio aveva apprezzato Blasted, non fu sorpreso di trovare su certi quotidiani critiche così aspre: «We were in the bar before we saw it and we all knew which critics wouldn't like it. It is horrifying but I thought it was wonderful. It is astonishingly controlled, meticulous and brave. You could have heard a pin drop.» Tra coloro che non apprezzarono l’opera ci fu Carole Woddis, del giornale «The Herald», che rappresenta un caso limite:

[…] Kane's story of a tabloid journalist in the terminal stages of physical and spiritual decay, his relationship with his former young girlfriend (slightly backward and probably epileptic), and a soldier who breaks into their hotel room with bestial consequences does have a disturbing kind of seedy reality about it -- such that this critic for the first time in a theatre-going career of some 25 years queasily left before the real mayhem started.

Woddis fu l’unica spettatrice della serata ad abbandonare la sala prima della fine dello spettacolo e ciononostante pubblicò la sua recensione. Anch’ella cambiò parere qualche anno dopo e definì Kane «a true poet of the theatre».

Uno dei termini più usati all’interno delle critiche per descrivere la reazione a Blasted fu quello di “shock”. Kate Kellawey, sull’«Observer» scrisse che Blasted «[…] does not deserve attention, but it demands it. It made me feel sick, and giggly with shock.» Jack Tinker commentò: «Until last night I thought I was immune from shock in any theatre. I am not. Finally I have been driven into the arms of Disgusted of Tonbridge Wells. For utterly and entirely disgusted I was by a play which appears to know no bounds of decency, yet has no message to convey by way of excuse.» L’articolo di Tinker divenne celebre e ancor di più lo diventò il suo titolo The disgusting feast of filth che venne citato innumerevoli volte per fare riferimento a Blasted. Kane, per rivalersi di questo articolo chiamò “Tinker” il torturatore protagonista del suo successivo testo Cleansed.

Paul Taylor, sull’«Independent», scrisse che «Sitting through Blasted is a little like having your face rammed into an overflowing ash tray, just for starters, and then having your whole head held down in a bucket of offal.». Nick Curtis sentenziò: «I do not think I’ve yet seen a play which can beat Sarah Kane’s sustained onslaught on the sensibilities for sheer, unadulterated brutalism. Heaping shock upon shock, Blasted is a powerful experience in the same way that being mugged is a powerful experience.» Secondo Mary Luckhurst, «Charles Spencer observed that “hardened theatre critics looked in danger of parting company with their suppers” and was so revolted that he wrote reviews on consecutive days to allow himself sufficient space to castigate what he called “this nauseating dog’s breakfast of a play”.» poiché Blasted «started being “a work entirely devoid of intellectual or artistic merit” but ended up not “just disgusting” but “pathetic”

Questo brano è tratto dalla tesi:

«Go on then, decimate me». Le reazioni della critica al debutto di Blasted di Sarah Kane in Italia e in Inghilterra

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Alberti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Progettazione e Gestione di Eventi e Imprese dell'Arte e dello Spettacolo
  Corso: Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Francesca Simoncini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 140

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