Stampa e politica italiana davanti alla Guerra dei Sei Giorni
La questione israelo-palestinese tra prospettive attuali e future
È forse superfluo sottolineare quanto la Guerra dei Sei Giorni abbia condizionato l’evoluzione storica e geopolitica dell’intero Medio Oriente, con cambiamenti veramente radicali, tali da aver influenzato processi politici, sociali, economici e culturali, che tuttora hanno risvolti non ancora risolti e che anzi stanno determinando, in maniera spesso negativa, lo sviluppo dei vari paesi che compongono il complesso scacchiere mediorientale.
Conseguentemente alle annessioni territoriali israeliane, il conflitto del 1967 ha anche provocato grandi mutamenti sia in ambito internazionale, sia in quello regionale ed interno, particolarmente nello Stato ebraico e nell’area a maggioranza palestinese.
Si pensi alla reale influenza della guerra nella formazione e nella crescita dello Stato d’Israele, oltre alle varie dinamiche diplomatiche che coinvolsero Stati Uniti, CEE e i diversi stati nazionali, alcuni dei quali ex potenze coloniali (Francia e Regno Unito).
Oltre a questo, fu notevole anche l’influenza che ebbe nella costruzione dei rapporti tra i vari paesi coinvolti nel conflitto.
Un esempio per tutti fu il fatto che la Guerra dei Sei giorni pose fine alla politica di Nasser, modellata sul “panarabismo”, che invece di realizzare il sogno di un unico organismo politico arabo, ebbe come risultato quello di frammentare ancor più il panorama politico mediorientale.
Inoltre, l’onda lunga dello scontro provocò la nascita e l’affermazione di diversi movimenti islamisti che, tuttora, rappresentano la forza ideologico-politica in Medio Oriente a Gaza (Hamas) e in Libano (Hezbollah), senza dimenticare il successo riscosso dai Fratelli Musulmani in Egitto, Siria e Giordania.
Inoltre, la guerra del 1967 ha prodotto l’attuale situazione nel rapporto sempre più conflittuale tra la israeliani e palestinesi: un contrasto che ha finito per determinare profondi mutamenti e divaricazioni anche all’interno delle rispettive società, ancora visibili e non risolti.
Nel corso dei decenni questo si è acuito, interessando di riflesso anche i paesi occidentali, come in Italia, dove il dibattito in seno alle forze politiche e nell’opinione pubblica è sempre stato vivo e caratterizzato da profonde contrapposizioni, certamente esplose durante il conflitto arabo-israeliano, ma mai sopite nel corso del tempo.
La stampa, che è stata per decenni lo strumento mediatico per eccellenza delle varie formazioni politiche, ha rappresentato il luogo favorito di questo dibattito.
I decenni finali del XX secolo sono stati contraddistinti da allontanamenti e riavvicinamenti diplomatici, oltre ad essere stati caratterizzati da gravi episodi di terrorismo e periodici scontri militari (le varie Intifade) tra le due popolazioni, che hanno ovviamente stimolato le discussioni fra le formazioni politiche.
Inoltre, l’Italia continuò a individuare nel Mediterraneo il teatro principale delle schermaglie diplomatiche più funzionali agli interessi nazionali, pur trovandosi di fronte ad un campo d’azione costretto nella morsa di un bipolarismo ferreo, dettato dall’esistenza dei blocchi governati dalle due superpotenze.
Il ruolo italiano nei territori occupati si mantenne su una posizione di prudenza tra i contendenti, dimostrando, ancora una volta, quanto si ritenesse sconveniente abbandonare la tradizionale “equidistanza” diplomatica: un occhio di riguardo per il mondo mediorientale, senza per questo prendere una vera presa di posizione nei confronti del piccolo stato ebraico.
Gli anni a cavallo tra secondo e terzo millennio furono caratterizzati da profondi cambiamenti nel panorama politico italiano, che hanno provocato un sostanziale allontanamento della carta stampata dalle logiche di partito, per approdare, con una certa autonomia nelle scelte editoriali, alle meno influenzabili nuove tecnologie di comunicazione, le quali hanno cambiato anche l’approccio e la narrazione della dolorosa vicenda del conflitto israelo-palestinese.
La Guerra dei Sei Giorni resta comunque il punto di partenza e di riferimento di tale percorso di analisi del problema mediorientale, sia del mondo politico, sia del suo principale strumento di comunicazione, ormai definitivamente cambiato nel suo assetto.
La caduta del Muro di Berlino (1989) e la conseguente dissoluzione del blocco sovietico, rappresentò il cambiamento di paradigma politico-ideologico mondiale, il quale non poteva non avere ripercussioni anche nel litigioso mondo politico italiano che, insieme alla successiva vicenda giudiziaria di Mani Pulite (1992) cambiò completamente volto, unitamente a quello dell’informazione.
Nel mentre il dramma della “Terra Santa” continuò a rappresentare la punta dell’iceberg dell’instabilità mediorientale.
L’entrata in gioco di nuovi attori, ostili ad Israele, come la Repubblica islamica iraniana, l’allargamento in Libano delle tensioni, l’accentuarsi dell’espansione coloniale israeliana a discapito dei territori rivendicati dai palestinesi, la recrudescenza del fenomeno terroristico, che prese una dimensione globale, l’intervento militare occidentale in quell’area strategicamente importante: tutto ciò ha reso il Medio Oriente il nervo scoperto delle tensioni internazionali, ancora oggi non risolte.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Stampa e politica italiana davanti alla Guerra dei Sei Giorni
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Informazioni tesi
Autore: | Massimiliano Cruccas |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Facoltà Studi Umanistici |
Corso: | Storia e Società |
Relatore: | Luca Lecis |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 91 |
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