Il sistema assistenziale del crimine campano. Analisi degli aspetti sociali che rendono le camorre dei fenomeni largamente tollerati
La questione ambientale: gestione del ciclo dei rifiuti e smaltimento illecito
Dall’entrata in vigore del cosiddetto Decreto Ronchi sono ormai trascorsi piu di dieci anni e la Regione Campania ha disatteso tutte le disposizioni contenute nella normativa nazionale. Volendo sintetizzare la “riforma del ciclo dei rifiuti” introdotta dalla citata legge, il principale compito degli Enti Locali sarebbe stato quello di adottare iniziative volte a favorire la prevenzione e la riduzione della produzione di rifiuti pericolosi, per esempio mediante: lo sviluppo di tecnologie che consentano maggiore risparmio di risorse naturali, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere smaltiti o recuperati. Venivano a questo scopo classificate diverse tipologie di rifiuto (solido urbano, speciale, pericoloso) che dovevano essere trattate in maniera diversa e veniva introdotto l’obbligo di ridurre il conferimento in discarica dei rifiuti tal quali, soprattutto promuovendo la raccolta differenziata e quindi il riciclo dei materiali di scarto. Secondo la competente Commissione Parlamentare d’Inchiesta, il perdurare per un decennio della situazione di inerzia vissuta in Campania nei confronti dello smaltimento dei rifiuti sarebbe da attribuire alla mancata razionalità nell’utilizzo delle risorse da parte degli Enti Locali, alla sovrapposizione di competenze tra enti centrali e periferici (Commissari governativi, Protezione civile, Regione) e nella confusione gestionale creata dai consorzi e dai Comuni.
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Sorvolando le responsabilità politico-istituzionali che hanno in gran parte prodotto lo scempio ambientale in Campania, oggi (per fortuna) sotto gli occhi di tutti, non c’è dubbio che l’inerzia istituzionale e, a volte, l’incapacita, l’omerta e la corruzione di molti dirigenti e amministratori locali hanno favorito le organizzazioni criminali nella gestione ordinaria dei rifiuti da un lato e nello sversamento illegale di milioni di tonnellate di rifiuti tossico-nocivi dall’altro. Quest’ultimo riguarda principalmente il settore dei rifiuti industriali, dove le organizzazioni camorristiche hanno messo in campo la propria capacita d’impresa, intuendo la notevole redditività di un mercato in cui, ad una domanda proveniente da imprenditori senza scrupoli preoccupati unicamente di ridurre al minimo i costi di tutela ambientale, si associa un’offerta, riconducibile soprattutto ai clan della provincia di Caserta, in grado di neutralizzare il sistema dei controlli e di disporre di aree da destinare a discarica, di fornire un servizio “chiavi in mano”.
Spesso le imprese riconducibili alle organizzazioni camorristiche riescono a gestire anche la bonifica dei siti da esse stesse inquinati. Non è un caso, pertanto, se il mercato illecito dei rifiuti, oggi, si collochi per volume d’affari, al secondo posto dell’economia dei clan, superato solo dal traffico degli stupefacenti.
Ci sono state diverse inchieste, sfociate in provvedimenti cautelari personali, in ordine all’unico delitto previsto dalla disciplina sui rifiuti (art. 53 bis Decreto Legislativo n°22/97) con la scoperta di traffici illeciti di enorme portata. Tali risultati, certamente conseguiti grazie all’impegno delle forze di polizia e dell’autorita giudiziaria, sono stati raggiunti anche grazie alla possibilita di utilizzare mezzi di ricerca delle prove, come le intercettazioni, che non sono consentiti per le restanti fattispecie in materia di inquinamento, trattandosi di reati amministrativi. E’ in Campania che è stato sequestrato il maggior numero di siti utilizzati per lo smaltimento illecito di rifiuti, in prevalenza tra Napoli e Caserta. In particolare la provincia di Caserta - secondo la relazione di Vincenzo Galgano, Procuratore Generale della Corte d’Appello di Napoli, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005 - è interessata da anni «(...) dall’attività criminale di organizzazioni stabilmente dedite alla perpetrazione di crimini ai danni dell’ambiente con distruzione, in qualche caso irreversibile, di intere fette di territorio». In particolare lungo il litorale domitio e nell’agro-aversano la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha proceduto a migliaia di sequestri di discariche abusive contenenti rifiuti di ogni genere, di cave abusive e di costruzioni abusive. Nell’ambito di tale quadro emergenziale è stato rilevato un traffico riguardante rifiuti tossico-nocivi provenienti dal nord Italia che, attraverso sofisticati meccanismi di falsificazione di documenti di viaggio, venivano depositati presso le numerose discariche illegali.
Sul fronte della gestione del ciclo dei rifiuti urbani il perdurare dell’emergenza negli anni ha spesso giustificato fitti e subappalti senza gare: condizioni ideali per la lievitazione dei costi e la diminuzione dei controlli. Cosi finisce che la Campania sommersa dalla spazzatura paghi la tassa sui rifiuti piu cara d’Italia. Non c’è da meravigliarsi visto che, tanto per fare un esempio, nei diciotto consorzi di bacino della regione sono stati assunti 2300 ex Lsu (lavoratori socialmente utili) che avrebbero dovuto lavorare alla differenziata (mai avviata) e che quindi hanno fatto poco e niente, ma sono costati circa 55 milioni di euro all’anno. E molti di loro sono stati assunti perche iscritti in liste di disoccupazione compilate grazie a un accordo trasversale tra forze politiche, come sostengono i giudici che hanno indagato su molti leader dei senza lavoro. L’Asia, la societa mista che raccoglie l’immondizia a Napoli, lavora senza aver mai firmato un contratto di servizi e subappalta la raccolta del centro città ad altre due società. In provincia molti Comuni sono stati sciolti (tra questi Crispano, Casoria, Tufino, Pozzuoli, Melito) per aver affidato il servizio di nettezza urbana a società ritenute vicine ai clan dal Gruppo Interforze Antimafia. Il Commissario di governo a Casoria ha dovuto azzerare i vertici della partecipata del Comune dopo l’informativa della prefettura che parlava di possibili ingerenze della criminalità organizzata. Anche la Pomigliano Ambiente nel giugno 2006 e stata interdetta dal Prefetto perché sospettata di servirsi di una società di servizi accusata di collusioni con associazioni camorristiche, ma successivamente il Tar ha accolto il ricorso della società, il provvedimento di interdizione è stato revocato e l’azienda ha ripreso l’attività come molte altre imprese finite nel mirino della prefettura e riabilitate dalla giustizia amministrativa. Secondo la commissione parlamentare d’indagine la stessa struttura commissariale non è mai stata impermeabile alla Camorra.
«Gli elementi informativi assunti durante le audizioni, soprattutto quelle dei magistrati della procura della Repubblica di Napoli, nonché la documentazione acquisita con riferimento alle indagini che hanno interessato la struttura commissariale, hanno rappresentato un quadro nel quale la criminalità organizzata, soprattutto nella sua articolata dimensione imprenditoriale, ha assunto un ruolo che desta preoccupazione».
Una preoccupazione fondata se si considera che a maggio del 2007 e stato arrestato il sub-commissario Claudio De Biasio, vice dell’ex commissario per l’emergenza rifiuti Guido Bertolaso (attualmente sottosegretario al governo), insieme a Giuseppe Valente presidente del Ce4 che, fino al commissariamento del consorzio, avrebbe favorito imprese legate ai clan. I due, secondo i pm della Dda di Napoli Raffaele Cantone e Alessandro Milita, avrebbero anche favorito le ditte dei fratelli Sergio e Michele Orsi finiti in manette nei primi mesi del 2007 e indicati da numerosi pentiti come vicini al clan dei Casalesi. Il consorzio di bacino costituì una società mista (pubblico/privato, con maggioranza azionaria del primo), la Eco4, incaricata della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. I giudici hanno ricostruito la vicenda a cominciare dal bando di gara, che privilegiava le società formate da giovani e da donne. Una clausola che ha permesso agli Orsi di spiazzare l’altra impresa che aspirava all’appalto. Poco prima del bando, infatti, fu creata una società, la Flora ambiente, amministrata dall’allora ventunenne Elisa Flora, figlia di Sergio Orsi. L’impresa, che non era attrezzata per la gestione e la raccolta dei rifiuti, creò un’associazione temporanea con aziende che avevano, invece, i mezzi per operare e riuscì a vincere la gara e ad aggiudicarsi il servizio guadagnando (illecitamente secondo i giudici) piu di dieci milioni di euro, nove dei quali ricavati dalla vendita al commissario governativo di un pacchetto azionario a un prezzo enormemente superiore al valore reale. Nell’inchiesta è coinvolto anche l’affiliato Augusto La Torre dell’omonimo clan. E’ lui a raccontare ai giudici di aver imposto ai fratelli Orsi una tangente di 15 mila euro al mese e di aver concordato la cifra grazie al comune amico Francesco Bidognetti (capo dell’omonimo clan, appartenente ai Casalesi, condannato all’ergastolo), che richiedeva la stessa cifra ai fratelli Orsi. Ma i fratelli non si dimostrano solo amici dei clan. Nella loro agenda figurano anche esponenti politici, tra cui Angelo Brancaccio, che era stato a lungo sindaco del Comune di Orta di Atella prima di diventare consigliere regionale e segretario della presidenza del governatore Bassolino ed essere infine accusato di estorsione, peculato e corruzione. E non finisce qui: 37 milioni di euro sono passati dal commissariato di governo direttamente nelle tasche di Cipriano Chianese, avvocato, imprenditore candidato di Forza Italia alle elezioni nel 1994 e non eletto, proprietario della Resit, la societa che ha venduto al commissariato due cave/discariche abusive nei dintorni di Giugliano, durante l’emergenza del 2003. Tre anni dopo, nel gennaio del 2006, Chianese finisce in galera. Pesantissima l’accusa: estorsione aggravata e continuata, concorso esterno in associazione mafiosa. L’affare rifiuti per i clan ha fruttato negli ultimi anni qualcosa come 23 miliardi di euro l’anno: il metodo sperimentato dai clan nell’intrecciare la rete d’interessi tra amministratori, politici e imprenditori ha assunto la sua perfezione con il caso della Eco4dei fratelli Orsi.
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Il congegno è perfetto come un orologio: i clan costruiscono la loro rete d’interesse attraverso imprenditori controllabili, politici e amministratori consenzienti; proteggono i primi dalla concorrenza economica e dalla minaccia militare degli altri clan ricevendo in cambio un reddito fisso (la tangente), favoriscono i secondi attraverso la distribuzione di incarichi pubblici e l’assunzione di personale che risulta utile ai politici nell’acquisire potere elettorale. Il complesso di conoscenze, favori e scambi risulta costruito su una logica imperniata sull’organizzazione di rete e sulla rete di organizzazioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro Colletti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Managment del Servizio Sociale ad indirizzo formativo europeo |
Relatore: | Isabella Mastropasqua |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 150 |
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