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La libertà religiosa nella Costituzione

La prospettiva statunitense del fenomeno della libertà religiosa e della libertà di coscienza

Ai fini della ricostruzione del diritto in esame appare utile la ricostruzione unitaria del fenomeno della libertà religiosa e della libertà di coscienza effettuata da Martha Nussbaum alla luce dell’esperienza statunitense.
Nel saggio si segnala che i pericoli maggiori della libertà di religione e di coscienza, insiti in dettami normativi e indirizzi giurisprudenziali, possono sintetizzarsi nei grandi nemici dell’ortodossia e dell’anti-religiosità.
L’ortodossia muove dal presupposto che una sola religione o, in ipotesi, solo un determinato gruppo di religioni (quali ad esempio le religioni monoteiste) o, nelle forme più benevole, tutte le religioni, meritino tutela ed attenzione. Gli effetti della posizione ortodossa sono quelli di determinare discriminazioni fra gli appartenenti all’altro gruppo (le minoranze religiose o, nell’ipotesi più lata, gli atei).

L’anti-religiosità muove dal rilievo astratto che la religione non richiede alcuna forma di interesse o tutela da parte dello Stato, salvo il riconoscimento del diritto di essere esercitata dai fedeli. Anche questa posizione, apparentemente egalitaria, non consente di escludere forme di favor per l’ideologia o la religione dominante, i cui adepti finiscono per ritrovare nelle leggi, nelle prassi e nei comportamenti legalmente dovuti l’esplicazione dei precetti della propria religione. Ad esempio, con riferimento alla situazione statunitense più risalente, una serie di pratiche imposte dalla legge (riposo domenicale, lettura della Bibbia a scuola) incorporavano e facevano proprie delle pratiche protestanti, sicché nessun adepto aveva interesse a dolersene. Di qui il rilievo che l’emersione del diritto di libertà religiosa, storicamente, si ebbe sulla base delle rimostranze mosse dalle minoranze religiose.

In questa prospettiva, il formale disinteresse dello Stato per le diverse confessioni religiose ha l’effetto, in concreto, di favorire le religioni dominanti (sotto il profilo dell’élite al potere oppure della maggiore consistenza numerica) e di discriminare le minoranze. In quest’ottica, una disciplina come quella francese sul divieto di ‘ostentazione’ dei simboli religiosi nelle scuole pubbliche, benché apparentemente applicabile senza differenze a tutte le fedi, in concreto è in grado di influire solo su musulmani ed ebrei (la cui religione può obbligare all’uso di un determinato abbigliamento o copricapo) e non sui cattolici (che non vedono tra i loro obblighi quello di portare un segno distintivo).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La libertà religiosa nella Costituzione

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Informazioni tesi

  Autore: Lucia Devigili
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Maurizio Pedrazza Gorlero
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 137

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Parole chiave

religione
diritto costituzionale
ateismo
obiezione di coscienza
libertà religiosa
costituzione italiana
rapporti tra stato e chiesa
diritto ecclesiastico
libertà di coscienza
culti acattolici
articolo 19 della costituzione
formazione delle coscienze

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