L'animazione digitale: storia, linguaggi, tecniche
La produzione dal 2D al 3D
Il passaggio dall'analogico al digitale, e in particolare dal 2D al 3D, comporta dei cambiamenti soprattutto dal punto di vista della pipeline, quindi dell'organizzazione delle fasi di lavorazione e delle figure professionali coinvolte.
Come abbiamo già accennato, però, non cambiano i principi base del cartone animato, come le modalità in cui i personaggi si esprimono e si muovono sullo schermo, riuscendo ad arrivare al pubblico, oppure la ricerca di unicità e di originalità in tutti gli aspetti della produzione, o ancora le regole della ripresa.
Anche la struttura del racconto, quindi il modo in cui si costruisce la narrazione, non subisce modifiche e continua a risentire delle influenze del cinema classico. L'obiettivo è, sempre, realizzare un tipo di prodotto che si possa facilmente adattare alle diverse aspettative del pubblico. Dal punto di vista della narrazione, il cambiamento più evidente è la tendenza alla serialità, per cui si realizzano diversi film collegati tra loro sia dalla storia, sia dai personaggi.
Il digitale porta cambiamenti soprattutto per il lavoro dell'animatore, una delle figure presenti anche nell'animazione tradizionale, mentre sparisce, ad esempio, l'intercalatore, cioè colui che si occupava di disegnare i vari passaggi tra le posizioni chiave individuate dall'animatore, che viene sostituito in parte dal computer.
Nei cartoni animati creati con le tecniche tradizionali, un animatore riceve i layout su carta, e uno storyboard come indicazione primaria della scena. Dopodiché disegna le pose principali, andando poi a completare i movimenti con le intercalazioni, che possono essere realizzate da lui stesso oppure, come accade molto più spesso, dal suo assistente intercalatore.
Quindi si passa alla colorazione dei disegni e dei background, che, infine, sono montati in sequenza, dando l'aspetto definitivo al film.
Questo tipo di lavoro richiede estrema competenza artistica e pura manualità, proprio perché gli unici strumenti a disposizione sono matite, carta, pennelli e inchiostro, nonché una precisione ed una meticolosità assolute. Sbagliare irrimediabilmente anche un piccolo dettaglio può causare molti problemi, tra cui il rifacimento della tavola, con evidente perdita di tempo.
Grazie alle tecnologie digitali, non è più necessaria un'attenzione così scrupolosa, perché gli oggetti possono essere modificati separatamente e, con il compositing, è possibile intervenire e ritoccare il filmato finale per correggere eventuali errori.
La difficoltà principale, per l'animatore tradizionale, risiede nel tenere il personaggio “a modello”, ossia di non incorrere nell'errore di disegnarlo “troppo diversamente” nel passaggio da un disegno all'altro, per mantenere l'uniformità del tratto e la riconoscibilità del personaggio.
Spesso, questo problema si presenta quando la figura é disegnata da un supervisore con uno stile molto differente da quello dell'animatore. È necessaria, allora, tutta la perizia di quest'ultimo per rendere invisibile la differenza, anche a discapito del proprio stile.
L'eccezione alla regola dell'uniformità viene giustificata solo da una precisa cifra stilistica, che vuole dare piena libertà alla creatività del-l'artista mantenendone inalterato lo stile, anche a discapito della verosimiglianza.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'animazione digitale: storia, linguaggi, tecniche
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Informazioni tesi
Autore: | Linda Barsotti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale |
Relatore: | Vito Zagarrio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 193 |
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