Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman
La prima ricerca di Ekman tra i Fore della Nuova Guinea
L’argomento principale di cui Ekman si occupò e di cui si occupa tutt’ora sono le espressioni facciali alle quali si dedicò dal 1966. La sua prima ricerca si basava sul mostrare delle fotografie a persone di cinque culture diverse, provenienti da Cile, Argentina, Brasile, Giappone e Stati Uniti e chiedendo loro quale emozione emergesse da ogni espressione facciale. Risultò che in ogni gruppo culturale la maggioranza concordava nell’individuare la medesima emozione, iniziando a suggerire che ci potesse essere una reale universalità.
Nonostante questa prima ricerca portasse alla luce prove concrete sull’universalità delle espressioni facciali, esisteva ancore una falla in grado di confutare questi risultati. Infatti era possibile che i soggetti partecipanti alla ricerca avessero imparato le espressioni facciali all’occidentale a causa dell’influenza del cinema, in cui, soprattutto nei primi decenni del Novecento, a causa dell’assenza del parlato, le espressioni facciali degli attori rivestivano una consistente parte nel film.
Per ovviare questo bias Ekman e collaboratori furono obbligati a trovare culture primitive che non avessero mai avuto contatti con l’uomo bianco occidentale. Essi individuarono nei Fore della Nuova Guinea (Ekman e Friesen, 1971) la popolazione adatta a questo scopo. Ekman, per procedere in questo nuovo studio, dovette modificare anche il metodo di somministrazione poiché i Fore erano una popolazione pre-letterata e quindi non poteva presentare loro una foto e una serie di emozioni scritte tra cui scegliere, come nel caso della ricerca precedente. Si ingegnò presentando tre o quattro fotografie di espressioni facciali alle quali i soggetti dovevano indicare quelle che più si adattavano a un breve episodio emozionale che era raccontato in contemporanea.
A dispetto dal fatto che i Fore fossero una civiltà primitiva e con quasi nessun contatto con l’occidente, la percentuale di associazioni corrette tra espressioni facciali e racconti raggiungeva livelli elevatissimi. Ekman e i sui collaboratori fecero un altro esperimento sempre con i Fore (Ekman, 1972; Ekman, Friesen, 1971) per eliminare qualsiasi dubbio sull’universalità delle espressioni facciali.
Ecco questo esperimento descritto con le parole dello stesso Ekman: “Facemmo un ulteriore esperimento, non semplice per i nostri soggetti: uno dei nostri interpreti pidgin leggeva loro una storia e chiedeva di mostrare che faccia avrebbero fatto nei panni del protagonista. Filmai nove uomini, nessuno dei quali aveva preso parte al primo studio, e la pellicola, senza tagli, venne poi mostrata in America a studenti universitari … Ma gli americani identificarono correttamente le emozioni, tranne paura e sorpresa, proprio come i Guineani”. ( Ekman, 2008, p. 19).
Un ultimo esperimento che placò le residue critiche di chi sosteneva la base culturale delle espressioni emozionali fu quello che Ekman condusse sui Dani, un gruppo etnico isolato situato in una parte dell’Indonesia chiamata oggi West Irian. In realtà non fu lo stesso Ekman a svolgere lo studio, ma Karl Heider, un antropologo sostenitore dell’opposto; così se anche in quel caso fossero stati confermati gli stessi risultati avuti negli studi precedenti, tutti i dubbi sarebbero stati spazzati via. Anche in questo caso i risultati erano concordi con i precedenti.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman
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Informazioni tesi
Autore: | Ivan Ferrero |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Scienze e tecniche psicologiche |
Relatore: | Carla Tinti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 46 |
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