La condizione giuridica dello schiavo
La possibile confusione tra liberi e servi e i relativi rimedi
La proliferazione degli schiavi nel mondo romano, determinò la possibilità di confusione tra liberi e schiavi, come il caso dei liberi venduti e trattati come schiavi.
Il rischio, ovviamente, toccava non le classi potenti ma il popolo minuto.
Si cercò di porre rimedio a questi inconvenienti con la lex Fabia de Plagiaris, di età incerta, che puniva colui che avesse tenuto in schiavitù un uomo libero, nonché chi avesse sequestrato o istigato alla fuga uno schiavo altrui.
La pena era costituita da una multa di cinquantamila assi.
Alle stesse preoccupazioni era informato il processo di libertà dove le parti in giudizio sono il presunto dominus, che afferma la schiavitù dell’individuo sul cui stato si dibatte nonché la sua proprietà sullo stesso e l’adsertor libertatis, persona diversa dal presunto schiavo, il quale ultimo è oggetto e non soggetto della lite.
La riforma di Giustiniano del 528 d.C. abolì la figura dell’adsertor libertatis e ammise il presunto schiavo a stare in giudizio di persona.
Questa procedura presenta regole diverse da quelle dell’ordinario processo reale, tutte ispirate alla salvaguardia del singolo di fronte ad attentati che potevano essere mossi alla sua condizione di uomo libero.
Prima delle riforme giudiziarie di Augusto i processi di libertà venivano decisi dal collegio dei decemviri stiliti bus iudicandis.
In età imperiale i decemviri perdono le loro attribuzioni, e sono chiamate a presiedere le sezioni del tribunale centumvirale.
Dopo queste riforme le decisioni delle liti sullo status degli individui sembrano attribuite a collegi recuperatores.
Nel sistema formulare si distinguono nettamente una vindicatio in libertatem e una vindicatio in servitutem a seconda che si tenda a far dichiarare la libertà di un uomo tenuto come schiavo o lo status servitutis di un uomo vissuto fino ad allora in libertà.
Questa distinzione era inesistente nel più antico sistema delle legis actiones, in cui la vindicatio e la controvindicatio non rappresentavano due azioni autonome ma solo i due momenti della dialettica dell’actio sacramenti in rem, nel cui schema il processo di libertà si inquadrava con le due pretese contrapposte.
Il processo di libertà presenta due regole fondamentali, ispirate al favor libertatis.
La prima è quella relativa alle vindicie sucundum libertatem. Nell’ordinario processo reale, le vindiciae vengono assegnate all’uno a all’altro dei contendenti in base all’apprezzamento del giudice: nel processo di libertà il possesso è assegnato in modo provvisorio a chi si batte per la libertà dell’individuo.
La seconda regola riguarda la possibilità di reiterare la vindicatio in libertatem anche più volte.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La condizione giuridica dello schiavo
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Informazioni tesi
Autore: | Lucia Mattiello |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Seconda Università degli Studi di Napoli |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze giuridiche |
Relatore: | Lucia Monaco |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 62 |
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