Autoanalisi e cura di sé. Brevi riflessioni pedagogiche
La pedagogia introspettiva
Ponendosi come obiettivo la conoscenza e il miglioramento di sé, l'autoanalisi è a tutti gli effetti una pratica pedagogica, o meglio autopedagogica: del resto, la formazione non è, e forse non è mai stata, intesa solo come apprendimento di nozioni o capacità, e attiene sempre più – anche nelle formulazioni teoriche - alla cura di sé, alla «coltivazione dell'Io» e alla dimensione dell'autenticità, cioè della ricerca della propria identità.
Nell'Educazione interiore, Duccio Demetrio traccia la strada che riguarda in generale l'autoformazione e i suoi obiettivi. Qualunque sia il metodo usato per prenderci cura del nostro io, è possibile individuare dei punti in comune attraverso i quali progredire verso una maggiore serenità e consapevolezza:
• Le ore. Autoanalisi significa anche riuscire a meditare e concentrarsi sul presente, sulla quotidianità, sulla situazione attuale che ci circonda e sulle emozioni che ci animano. «Le ore ci insegnano ad osservare l'animato e l'inanimato, ad avvolgerlo di pietas e compassione».
• Le soglie. Oltre al tempo, è importante sviluppare una sensibilità verso lo spazio. La soglia intesa come spazio di confine, secondo Demetrio è un concetto utile per riuscire a capire il mondo interiore ed esteriore delineandone gli oggetti, i pensieri.
• Le lentezze. Riflettere sul tempo ha come scopo anche quello di maturare una capacità di agire senza fretta, bensì «con cautela e pazienza». È impossibile e contraddittorio prendersi cura di se stessi con l'ansia di arrivare subito all'obiettivo.
• Gli intermezzi. Duccio Demetrio definisce intermezzi «le pause esistenziali, rubate alle norme domestiche e professionali della quotidianità». Non si tratta di vacanze, ma del tempo che rimane in sospeso tra una necessità pratica e l'altra (lavorare, andare a fare la spesa, incontrare qualcuno, ecc.). Educarsi agli intermezzi è imparare non riempirli con distrazioni, ma usarli per prenderci cura di noi.
• I ricordi. Nell'educazione interiore, i frammenti del passato di cui manteniamo la memoria sono da un lato un fatto naturale, spontaneo, che è proprio di tutti gli uomini, dall'altro qualcosa da esplorare alla ricerca della nostra identità. Conoscere sé stessi è anche conoscere la somma delle esperienze che ci hanno portati fino al presente.
• Le penombre. Duccio Demetrio sottolinea l'importanza di riflettere su ciò che per sua natura è poco chiaro, che ha contorni mutevoli o indefiniti. Può trattarsi di un nostro pensiero o di un volto indefinito che ci compare nella memoria, di un obiettivo incerto per il nostro futuro, ecc.
• La coscienza tragica. La meditazione non dovrebbe essere una fuga dalla realtà, che è anche – per noi che siamo esseri mortali – inevitabilmente tragica. È necessario imparare per così dire a guardare la morte in faccia.
• Le sospensioni. Educarci alle impennate e alle discese del nostro umore, agli scossoni e ai periodi di calma piatta che costituiscono la vita di ognuno. In fondo, questi movimenti interiori sono ciò che ci fa sentire più vivi.
• Le simpatie. Duccio Demetrio si dichiara nemico della meditazione e dell'autoanalisi di gruppo: nella scrittura come nel cammino, l'uomo conosce meglio sé stesso se si trova in solitudine. Eppure capita che nascano delle simpatie, delle amicizie, e queste non vanno perdute ma coltivate, nella speranza che anche il punto di vista dell'altro possa aiutarci a comprendere e migliorare noi stessi, e viceversa. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Autoanalisi e cura di sé. Brevi riflessioni pedagogiche
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Informazioni tesi
Autore: | Jessica Osteri |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Rossella Certini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 52 |
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