Stanze in lode della donna brutta, stampate a Firenze da Anton Francesco Doni, 1547. Edizione commentata
La parodia: la deformazione della descriptio mulieris
La letteratura comico-burlesca del Cinquecento è soprattutto una letteratura misogina: la donna è il bersaglio prediletto di sonetti, canzoni, ottave, trattati che hanno come obiettivo principale quello di capovolgere i dettami del codice bembesco-petrarchesco. Gli autori di questo genere sono portati a parodiare del petrarchismo l’irreale e stilizzata immagine femminile, la marea soffocante ed inutile dei giochetti lessicali e delle immagini rifritte; reazione a precisi componimenti petrarcheggianti di altri autori, il cui stampo è gustosamente, anche se un po’ semplicisticamente, rovesciato. La parodia della poesia d’amore potrebbe essere la dissacrazione del modello petrarchesco, però occorre subito precisare che l’antipetrarchismo è principalmente una reazione, in chiave parodica, al petrarchismo bembistico e, in genere, al crescere di modelli stereotipati in qualsiasi ambito, sociale e culturale. Sappiamo bene, infatti, come il Cinquecento sia stato un secolo proteso verso la creazione di modelli ideali, filosofici, artistici, di condotta sociale; è sufficiente ricordare il Cortegiano di Castiglione, il Galateo di Della Casa, o gli Asolani di Bembo, dialogo in tre libri dedicati alla natura di Amore, su cui si fonderà il canone ufficiale della bellezza femminile.
La descriptio mulieris si innesta, dunque, sulla tradizione di una rappresentazione volta al negativo, «essenziale risorsa argomentativa della poesia del ridere», che si serve degli stessi schemi dei trattati neoplatonici alterandone tuttavia i connotati semantici.
Alla donna leggiadra e angelicata della tradizione, si contrappone la bruttezza, l’assenza di eleganza, l’avidità: tutte componenti insite nella natura della donna celebrata dai poeti antibembeschi. Come qualsiasi trattato o poesia d’amore che si rispetti, anche la descriptio feminae dei poeti burleschi segue la catalogazione ordinata delle varie parti della figura femminile; ciò che differisce è il lessico che fa riferimento alla sfera del poco nobile, del non-poetabile, di sicuro effetto straniante e comico. Si assiste dunque all’«impietosa demistificazione della sublimazione femminile operata in pieno Rinascimento»: la deformità fisica è evidenziata grottescamente, la degradazione triviale del corporeo diviene l’ingrediente principale della ricetta realistico-satirica.
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Stanze in lode della donna brutta, stampate a Firenze da Anton Francesco Doni, 1547. Edizione commentata
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Informazioni tesi
Autore: | Eleonora Marcuccio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Silvana Olga Casale |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 55 |
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