La disciplina della società cooperativa europea e questioni in materia di concorrenza

Il Trattato istitutivo della Comunità europea parla di “società cooperative” all’art. 48, par. 2, ricomprendendole nella definizione generale di “società”. La cooperativa viene quindi considerata come le altre società “di diritto civile e commerciale”.

L’art. 48, par. 2 TCE è espressamente richiamato dall’art. 43 TCE, dedicato alla libertà di stabilimento, per cui le società cooperative possono beneficiare del diritto di stabilimento riconosciuto ai cittadini degli Stati membri. L’art. 48, par. 2 TCE è poi richiamato anche all’art. 44, par. 2, lett. g) TCE, norma alla base dell’armonizzazione del diritto societario. Le cooperative risultano allora destinatarie anche dei benefici derivanti da tale opera di armonizzazione. Tuttavia, le direttive societarie adottate fino a questo momento sono rivolte soprattutto alle società di capitali e non tengono conto delle peculiarità del modello cooperativo.

Anche i modelli sovranazionali creati dagli organi comunitari, vale a dire il GEIE e la SE, non risultano strumenti adeguati alle specificità delle società cooperative.
Fino agli anni Ottanta la normativa comunitaria dedicata alle società cooperative è piuttosto scarsa. Il 15 dicembre 1982 la Commissione economica e monetaria del Parlamento europeo presenta il Document de travail sur le mouvement coopératif dans la Communauté européenne, noto come Rapporto Mihr, dal nome del suo estensore, Karl-Heinz Mihr. Il documento riguarda in modo specifico il fenomeno cooperativo. In particolare, viste le differenze legislative in tema di diritto cooperativo esistenti negli Stati membri, si riconosce l’esigenza di un’opera di armonizzazione a livello comunitario, lasciando però agli organi comunitari il compito di individuare le modalità di armonizzazione più adeguate. Viene solo suggerita la possibile creazione di uno “statuto cooperativo europeo”. [...]