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L'edificazione della ''Città sulla Collina''. Tradizione eccezionalista e neoconservatorismo nella politica estera degli Stati Uniti

La nascita del neoconservatorismo: la critica alla New Left e alla Realpolitik di Kissinger

Gli anni Sessanta e Settanta furono fra i più travagliati della storia americana. Il paese fu scosso da una successione di assassini pubblici e da uno scandalo politico prolungato, malevolo e vergognoso. Una nuova e aggressiva militanza fra i negri e fra altri gruppi di scontenti produsse violenti scontri nelle strade e nei campus universitari. Una guerra costosa, frustrante e alla fine fallimentare fece piombare il paese nel caos, mentre allo stesso tempo mandava in pezzi "l'illusione dell'onnipotenza americana". Il tutto aggravato da una crisi della supremazia economica: crescevano le preoccupazioni a proposito dell'inflazione, della disoccupazione e della minaccia di carenza energetica.325

Era questo lo scenario, descritto attraverso le parole di Maldwyn A. Jones, che conteneva tutte le premesse per l'emergere del neoconservatorismo, una nuova corrente politica promossa da intellettuali liberal disillusi (i neoconservatori di "prima generazione") i quali, accusando le politiche e i programmi democratici degli anni Sessanta di aver indebolito gli Stati Uniti, sia a livello culturale che internazionale, ambivano alla fine della "divinizzazione del governo" e alla rinascita dell'America economicamente libera e sicura della propria forza.326

Secondo lo stesso Irving Kristol327, considerato il padre del movimento politico neoconservatore, esso era inteso come una corrente sotterranea, "una persuasione che si manifesta di tanto in tanto ma in modo discontinuo, il cui significato profondo viene compreso solo in retrospettiva."328 E sono tanti gli appellattivi che sono stati attribuiti ai neoconservatori: trotzkisti fuggiti a destra, transfughi, visionary, idealisti, liberali disincantati, guerrafondai, imperialisti, falchi, ebrei americani al soldo di Gerusalemme, nevrotici liberali di sinistra, cospiratori, neowilsoniani.329

Come sostiene James Q. Wilson, il reale significato della visione dei neocon si dedurrebbe meglio "dalle posizioni che essi assumono nei dibattiti e nelle pubbliche dispute, piuttosto che dalle più o meno eleganti teorizzazioni dei suoi presunti aderenti".330 Pertanto, sebbene i programmi e le strategie del neoconservatorismo siano stati osservati con maggiore attenzione soprattutto nel XXI secolo, in virtù dell'influenza esercitata sulla politica estera di George W. Bush, le sue idee, portatrici dei tradizionali valori dell'eccezionalismo americano, emergerebbero in realtà proprio in questi anni, rendendosi indispensabili per comprendere le sue origini, le fondamenta filosofiche e culturali e infine la sua evoluzione.

A tal proposito, lo storico Marvin Meyers definirebbe il neoconservatorismo come una "persuasione", ovvero un orientamento politico non strutturato nelle tradizionali forme partitiche.331 Si potrebbe definire una "sottocorrente" intellettuale, come afferma Irving Kristol. E nella prefazione al suo libro "Neo-Conservatism. The autobriography of an Idea", quest'ultimo si domandava che cosa fosse esattamente il neoconservatorismo e affermava: "Direi che si tratti di un termine descrittivo più che normativo. Descrive l'erosione della fede liberal in un gruppo relativamente ristretto di intellettuali di grande acume e diversi tra di loro (…)"332

I neoconservatori, tra cui spiccano membri intellettuali del calibro di Daniel Bell, Nathan Glazer, Jeane kirkpatrick, Irving Kristol, Seymour martin Lipset, Daniel Patrick Moynihan, Micheal Novak, James Q. Wilson e James Woolsey, erano cioè dei liberal che erano stati "rapinati dalla realtà", una realtà in cui la crisi della politica del contenimento frantumò quei principi che avevano stimolato e ispirato la politica estera statunitense nel primo ventennio della guerra fredda. L'ottimismo del Cold war liberalism, inoltre, aveva ceduto il posto alla totale sfiducia verso una visione dicotomica dell'ordine internazionale. Democrazia, libertà, modernizzazione, sviluppo e anticomunismo non sembravano più in grado di caratterizzare e rendere unica l'esperienza della Great Society.

Il declino della società americana, in altre parole, era ufficialmente iniziato. Ecco perchè, il neoconservatorismo emergeva proprio in quegli anni opponendosi alle idee del Partito democratico o meglio, di quel movimento radical chic all'interno di esso, ritenuto responsabile di aver sovvertito i valori fondamentali della nazione americana, e ancor prima, come sostiene Alia K. Nardini, di aver distrutto "l'impianto statalista e assistenzialista che dai tempi del New Deal si era esteso a dismisura in ogni ambito della vita dei cittadini".333 In tal senso, come scrivono Alan Wooldridge e John Micklethwait

…i neoconservatori sbocciarono dal cuore stesso dell'America democratica. Quasi tutti residenti a New York o a Boston e con un impiego all'università, non erano però i tradizionali uomini di Harvard, con il mento sporgente e il sangue blu. Erano in gran parte ebrei, tutti figli di immigrati e alcuni cresciuti in famiglie dove si parlava indifferente l'inglese e lo yiddish. (…) Quasi tutti erano stati in qualche modo marxisti in gioventù, ma con il passare degli anni avevano abbracciato il liberalismo vecchio stampo: quello dei valori meritocratici, del rispetto per l'altra cultura e per un'economia fortemente mista. Fu il tradimento di questo liberalismo a opera della sinistra che li trasformò in neocon.
334

Il liberalismo infatti, nel suo tradizionale significato, come ha sottolineato il sociologo politico Seymour M. Lipset, traeva forza e significato dalla filosofia antistatalista, dall'opposizione al mercantilismo, dall'uguaglianza di opportunità, senza fare alcuna differenza di razza, genere o censo.335

Gli intellettuali della New Left, invece, che si erano appropriati indebitamente del termine, furono proprio criticati dai neocon per il loro tradimento dei valori universali e atemporali del liberalismo statunitense. Essi, cioè, esaltavano l'antiamericanismo perché, come sostiene Kristol, "erano disgustati dall'idea di quel che l'America dovrebbe essere" più che dall'impotenza di raggiungere tale traguardo. "Per essi come per Oscar Wilde non è l'antiamericano normale a essere rivoltante ma l'americano ideale".336

E il disprezzo per l'America, per i suoi valori e le sue pratiche democratiche si univa poi anche a quel sentimento di terzomondismo che turbava fortemente i neocon, preoccupati, come scrive Nardini, per le impetuose manifestazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam, nonché del diffondersi dell'ideologia della controcultura fondata sul radicalismo.337 Gli stessi giovani che glorificavano Ho Chi Minh o indossavano il basco di Che Guevara venivano infatti raffigurati dai "veri" liberal come espressione di una malattia estesa. [...]


325 Maldwyn A. Jones, op. cit., p. 495.
326 G. Borgognone, op. cit., Edizione del Kindle.
327 Irving Kristol è editore di "The National Interest", uno dei giornali dei neoconservtaori, da lui fondato nel 1985. Ex trotzkista, Kristol è stato uno dei più forti sostenitori di un ruolo "imperiale" degli Stati Uniti durante la Guerra in Vietnam.
328 Irving Kristol cit. in A. Simoni, G. W. Bush e i falchi della democrazia. Viaggio nel mondo dei neoconservatori, Reggio Calabria, Falzea Editore, 2004, p. 46.
329 A. Simoni, G. W. Bush e i falchi della democrazia., p. 46.
330 J. Q. Wilson cit. in F. Felice, Prospettiva "neocon". Capitalismo, democrazia, valori nel mondo unipolare, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005, Edizione Google play.
331 Irving Kristol, The Neoconservative Persuasion, The Weekly Standard, 25 agosto 2003. https://www.weeklystandard.com/irving-kristol/the-neoconservative-persuasion
332 I. Kristol, Neo-Conservativism. The Autobiography of an Idea, New York, Free Press, 1995, p. 10.
333 A. K. Nardini, Neoconservatorismo americano. Ascesa e sviluppi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009,
p. 11.
334 J. Micklethwait, A. Wooldridge, La Destra giusta. Storia e geografia dell'America che si sente giusta perché è di destra, trad. it di Aldo Piccato, Milano, Mondadori, 2005, p. 78.
335 A. K. Nardini, op. cit., p. 13.
336 I. Kristol cit. in M. Del Pero, Henry Kissinger e l'ascesa dei neoconservatori. Alle origini della politica estera americana, Roma-Bari, Editori Laterza, 2006, p. 112.
337 A. K. Nardini, op. cit., p. 13.

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L'edificazione della ''Città sulla Collina''. Tradizione eccezionalista e neoconservatorismo nella politica estera degli Stati Uniti

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Pitzalis
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Cagliari
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni internazionali
  Relatore: Gianluca Borzoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 133

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