Il Sè narrato - Storie di donne migranti
La migrazione delle donne nella prospettiva sociologica
La situazione delle donne nei processi migratori, oggi, è molto cambiata rispetto al passato.
Come ci fa notare Giovanna Campani in Europa il modello migratorio che ha prevalso fin dagli anni ’50-60 è stato quello legato al reclutamento della manodopera, che ha interessato soprattutto uomini ed è stato quasi ovunque regolamentato da accordi bilaterali tra i paesi di partenza e di destinazione. In questa situazione così strutturata la presenza delle donne era limitata; la donna era vista solo ed esclusivamente come compagna del migrante, ed anche sul piano giuridico non godeva di alcun riconoscimento, che non fosse legato a tale specifica condizione e mirato quindi ad avvalersi delle leggi sul ricongiungimento familiare per poter accompagnare l’uomo nel suo progetto migratorio.
Ancora oggi una delle principali motivazioni addotte dalle donne per spiegare la loro decisione di lasciare il proprio paese è quella di aver voluto seguire il proprio marito, o comunque per assecondare un progetto migratorio che, almeno in principio, non era il proprio, così come emerge anche in molte delle storie raccolte nel presente lavoro.
Questo aspetto della migrazione femminile è sottolineato anche da Cristina Mariti, che si sofferma sulla condizione socio-psicologica delle donne che intraprendono un progetto migratorio di questo tipo, secondo gli studi condotti dall’autrice, le donne si trovano spesso nella condizione di dover rielaborare completamente la propria visione del mondo, rimodulando così il rapporto tra resistenza culturale e apertura extrafamiliare. In tal modo, la donna che si trova in questa situazione va incontro, secondo l’autrice, ad un periodo di solitudine dovuta al distacco dal proprio paese d’origine senza un’adeguata maturazione decisionale, ciò la porta necessariamente ad una rielaborazione personale tale da modificare la propria soggettività. Il passaggio dalla solitudine all’integrazione delle donne con famiglia è legato molto spesso alla necessità che esse hanno di prendersi cura dei propri figli; così il bisogno di contattare strutture sanitarie o di occuparsi della istruzione le pone a contatto con la popolazione autoctona; per una volta la famiglia è elemento collante con la dimensione extrafamiliare e non è causa di chiusura ed esclusione. In questo modo, la donna acquisisce una duplice dimensione: da una parte continua ad essere, come in quasi tutte le culture, detentrice delle tradizioni e modello ideale dello stile di vita del paese di provenienza, dall’altra diventa portatrice di innovazione e rottura, portavoce del cambiamento.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il Sè narrato - Storie di donne migranti
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Informazioni tesi
Autore: | Daniela Bianco |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Educatore Professionale |
Relatore: | Paola Bastianoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 98 |
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